Sono
assolutamente certo che la maggioranza degli italiani è strafelice per
l’approvazione della legge che abolisce i vitalizi pregressi dei
parlamentari e dei consiglieri regionali: finalmente anche per i
privilegiati della politica è arrivato il momento di assaggiare almeno
in parte le delizie della Fornero e di farsi una pensione con i criteri a
cui sono inchiodati i poveracci. Ora non c’è dubbio che questo
risultato porti a una forma di elementare giustizia perequativa, allo
sfoltimento di situazioni di privilegio, ma nel complesso si tratta di
una sconfitta della quale pochissimi si accorgono perché ci si compiace
di un’adeguamento al peggio e non si fa assolutamente nulla per cercare
di migliorare quel peggio, di intervenire quanto meno su alcuni aspetti
della mannaia neo liberista che si è abbatuta sulle pensioni.
Le cosiddette opposizioni che cercano visibilità sul piano della
consolatoria quanto impotente schadenfreude degli italiani, dovrebbero
cercare di tirare su i cittadini invece di ricacciare in giù i
parlamentari e avrebbero anche buon gioco perché tutte le chiacchiere
che vengono fatte sulle presunte voragini del sistema pensionistico sono
in gran parte antica propaganda delle elites e di fatto delle bugie
talmente riupetute che ormai vengono prese per verità anche dagli stessi
spacciattori di balle: grazie a una lettura strumentale e bruta
dei
dati si indica la spesa pensionistica Italiana attorno al 18,8 % del Pil
contro il 16,5 della Francia e il 13,5 della Germania o il 15,1
della media Ue. Tuttavia si tratta di calcoli del tutto disomogenei
perché nella spesa pensionistica italiana figura anche la liquidazione
che non è affatto una prestazione pensionistica, ma un prestito forzoso
dei lavoratori e questo incide per l’ 1,7% del pil. C’è
poi il fatto che la spesa pensionistica italiana viene considerata al
lordo delle ritenute fiscali che in altri Paesi come la Germania nemmeno
esistono e in altri sono molto basse, mentre da noi le aliquote
fiscali sono le stesse di quelle applicate ai redditi da lavoro. Questo
“aggiunge” un altro 2,5% sul pil. Allora vediamo un
po’: 18,8 meno 4,2 (ossia la somma delle due sovrastime principali) fa
14,6 ovvero un incidenza della spesa pensionistica inferiore alla
media europea.
Oltretutto fin dal 1998 il saldo fra le entrate dei
contributi e le uscite delle prestazioni previdenziali al netto delle
imposte è sempre stato attivo e l’ultimo dato certo che risale 2011
parla di 24 miliardi di attivo. Che poi l’Inps sia in
difficoltà perché si deve accollare spese assistenziali che niente hanno
a che vedere con le pensioni da lavoro è un altro discorso.
E tuttavia tutto questo sembra ben lontano da ogni accenno di
discussione mentre ci si limita alla soddisfazione di una piccola
vendetta e alla raccolta di spiccioli che corrispondono allo 0,0002%
della spesa pubblica. Probabilmente i parlamentari ed ex parlamentari su
cui cade questa ghigliottina verrano “compensati”dal sistema di casta
con qualche concessione di posti, consulenze e quant’altro, ma intanto
l’operazione vitalizi è stata portata aventi creando un pericoloso
precedente per il ricalcolo di tutte le pensioni con il metodo
contributivo, anche prima del fatidico 1° gennaio del 2012 da quando
cioè è scattata la riforma Fornero. Guarda caso è proprio ciò che è
stato auspicato dal presidente dell’Inps Boeri e dal report Fmi dello
scorso giugno. Allora, al netto delle baruffe tra Pd e Ms5 per la
paternità del provvedimento, si capisce forse meglio per quale motivo si
sia trovato un accordo che in molti avrebbero giurato impossibile: del
resto che questo possa essere lo scopo occulto della stangata ai vecchi
parlamentari è già stato messo in rilevo esplicitamente dal relatore
della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, Maino Marchi (Pd)
che ha detto testualmente: “laddove provvedimento fosse il
grimaldello per procedere in futuro al ricalcolo delle pensioni con il
metodo contributivo per tutte le categorie di lavoratori, come peraltro
vorrebbe una proposta di legge costituzionale presentata, tra l’altro,
dal presidente della prima Commissione della Camera, verrebbe a
determinarsi una vera e propria macelleria sociale, poiché ciò
comporterebbe praticamente il dimezzamento dei trattamenti pensionistici
calcolati con il metodo retributivo.”
Ora è pur vero che è stato votato un emendamento con il quale si dice che il ricalcolo pregresso non possa essere “in nessun caso applicato alle pensioni in essere e future dei lavoratori dipendenti ed autonomi” ma
bisogna essere ingenui fino alle lacrime per pensare che una volta
sancita la validità costituzionale degli interventi economici
retroattivi e la nullità dei diritti acquisiti, l’emendamento di un
provvedimento ad hoc possa fare da argine al dilagare di provvedimenti
simili, specie se essi sono negli obiettivi della finanza internazionale
e dell’elite locale. La cosa poteva essere evitata se si fosse
intervenuti come pure sarebbe stato possibile con una semplice decisione
degli uffici di presidenza di Camera e Senato che avrebbero potuto
mettere un tetto ai cosidetti vitalizi, senza bisogno di una legge che
oggi costituisce un precedente.
Una cosa è certa se l’attenzione si concentra su temi del tutto
marginali, in vista di consenso immediato e senza nemmeno tenere in
conto le conseguenze future o magari anche l’ipotesi di cadere in una
trappola, si va poco avanti, anzi si va proprio indietro. E’ certamente
giusto sfoltire i privilegi, specie quelli più assurdi, ma quando lo si
fa reclamando l’eguaglianza nella perdita di tutele e diritti e non
nella crescita di questi ultimi, si è già degli sconfitti.
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