sabato 1 luglio 2017

I MILIONARI AUMENTANO MA I POVERI DI PIÙ

Il Sole 24 Ore del  14 giugno ci informava sui risultati di una ricerca dell'autorevole The Boston Consulting Group sulla concentrazione di ricchezza nel mondo e la crescita del divario tra classi sociale ricche e povere—vedi più sotto.
Agghiacciante. Così, d'istinto, ti vengono in mente gli SPARI SOPRA di Vasco Rossi
Nell'articolo, di un cinismo disarmante (istruisce i milionari a diventare ancor più ricchi)  la Lucilla Incorvati ci informa che negli ultimi decenni e malgrado la crisi (anzi, grazie ad essa) molti ricchi sono diventati ricchissimi, tant'è che in Italia ci sono ben 307mila famiglie con patrimoni finanziari milionari. Ci dice anche che  queste famiglie, nel 2021, saranno 433mila.

Per contraltare l'Istat ci informa oltre 4 milioni e mezzo di italiani vivono oggi in condizioni di povertà assoluta. I dati raccolti riguardano l’anno compreso tra il 2014 e il 2015, e attestano la soglia di povertà assoluta al 6,1% delle famiglie italiane, per un totale di 4 milioni 598 mila individui.
Ene passant: il Pil procapite italiano fa -24% rispetto a quello della Germania. 
Un bel cadeau dell'Unione europea!


In Italia 307mila famiglie con patrimoni milionari

La crescita della ricchezza finanziaria privata nel mondo non si arresta: nel 2016 la corsa di Wall Street e degli altri principali mercati ha portato il valore totale di azioni, obbligazioni e depositi alla cifra record di 166.500 miliardi di dollari. Rispetto al 2015 si tratta di un incremento del 5,3%. Nel 2021 dovrebbe raggiungere i 223.100 miliardi di dollari, con una crescita media annua del 6%, derivante in parti uguali dalla creazione di nuova ricchezza e dalla valorizzazione degli asset. Sono queste le principali evidenze del 17° rapporto sulla ricchezza di The Boston Consulting Group.
L ’aumento della ricchezza è avvenuto a tutte le latitudini, ma ancora una volta è stata l’area Asia-Pacifico a segnare lo sviluppo più rapido: nel 2016 l’incremento è stato del 9,5% (è strato del 12% nel periodo 2011-2015) in grado di prospettare a breve uno storico sorpasso ai danni dell’Europa occidentale come secondo mercato più ricco. L’area con Stati Uniti, Canada e Messico ha segnato un incremento robusto, +4,5%, superiore a quello dell’Europa occidentale (+3,2%). Per queste due regioni, così come per America Latina e Medio Oriente e Africa, l’andamento nel 2016 è stato migliore del 2015. A livello globale il numero di famiglie milionarie (chi ha ricchezze finanziarie superiori al milione di dollari) è cresciuto in un anno del 7%, arrivando a quota circa 18 milioni. Ovvero l’1% delle famiglie, che detengono il 45% della ricchezza totale. 

L’Italia, che mantiene da anni la 10° posizione al mondo, conta 307mila famiglie milionarie nelle cui mani c’è il 20,9% della ricchezza finanziaria italiana.
Nel 2021 saranno 433mila, l’1,6% del totale mondiale e con uno stock pari al 23,9%. «Se la ricchezza finanziaria globale è cresciuta del 5,3% e, in Europa del 3,2%, l’Italia ha registrato una leggera battuta d’arresto dovuta principalmente alla riduzione di valore delle partecipazioni azionarie dirette e degli investimenti obbligazionari che avevano come controparte istituzioni finanziarie» – ricorda Edoardo Palmisani, principal di BCG. 

Le dinamiche della ricchezza finanziaria sono sempre legate a due fattori: la nuova ricchezza generata e la performance del portafoglio. Il report evidenzia come la creazione di nuova ricchezza sia rimasta pressoché costante, mentre sono stati gli investimenti diretti azionari ed obbligazionari a generare una performance negativa, seppur parzialmente controbilanciati da fondi comuni e gestioni patrimoniali. Nei prossimi 5 anni ci aspettiamo che la ricchezza italiana riprenda a crescere, superando i 5 trilioni di dollari dagli attuali 4,5 trilioni. A trainare saranno nuovamente i soggetti che hanno più di un milione di ricchezza e che cresceranno a tassi del 5/6%. Il portafoglio delle famiglie continuerà a ribilanciarsi verso le azionari a scapito di obbligazioni, cash e depositi per raggiungere un’allocazione più efficiente, in linea a quanto già accade in Europa o in America». 

Per chi si occupa di wealth management lo studio evidenzia la necessità di adottare un nuovo approccio al digitale per recuperare in competitività e focalizzarsi sui momenti chiave per il cliente, offrendo i servizi giusti al momento giusto.

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