Mentre Renzi fa proclami di autosufficienza, a piazza Santi Apostoli
a Roma si sente Pier Luigi Bersani invocare un centrosinistra largo: ma
con chi? Mistero. Oppure Giuliano Pisapia dire che è stato un errore
cancellare l'articolo 18. Ma perché allora i suoi adepti hanno
recentemente votato a favore della legge che conteneva la riproposizione
truffaldina dei voucher (un concentrato della precarietà), mentre i
seguaci del Mdp hanno abbandonato l'aula per non correre il rischio con
un voto (fosse stato anche solo di astensione, visto che al Senato
equivale al voto contrario) di fare cadere il provvedimento e, forse, il
governo? Chi vuole fare politica avrebbe il dovere di rispondere a
domande come queste e di sciogliere certe evidenti contraddizioni.
Nessuno pretende pedigree immacolati. Ma almeno la coerenza nel
presente, tra ciò che si afferma e quello che si fa, questa sì è
indispensabile. Altrimenti qualunque progetto perde di credibilità e le
parole restano gusci vuoti. Se Corbyn ha sfondato tra i giovani, alla
faccia di tutti i rottamatori, al punto che anche Prodi non ha potuto
fare a meno di menzionarlo come esempio positivo di vitalità politica, è
perché si era pazientemente e ostinatamente costruito una credibilità
fondata sulla coerenza. Questa non impedisce affatto di fare politica,
né di muoversi con abilità nelle curve della tattica, al contrario è il
fondamento dell'una e dell'altra. Ma è proprio quella che manca nella
"casa comune del centrosinistra" che Pisapia dice di volere costruire.
Una casa senza fondamenta.
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