mercoledì 14 aprile 2010

Noi stiamo con Emergency

La cifra morale dei governanti di questo nostro sfortunato Paese è ben rappresentata dal ministro degli esteri, tale Franco Frattini, il quale, di fronte al sequestro dei tre operatori di Emergency da parte dei servizi afghani in combutta con l’Isaf, con l’accusa di terrorismo, non ha trovato altre parole che queste: «Se fosse vero sarebbe una vergogna». Sarebbe, appunto. Dove quel condizionale, che sfiora la presunzione di colpevolezza, così imprudentemente ostentato, tradisce l’ostilità per l’organizzazione che ha scelto per se stessa, come missione incondizionata, l’assistenza sanitaria, per salvare vite nei luoghi più disgraziati e per le persone più povere. Ma secondo l’ineffabile ministro degli esteri italiano, c’è una macchia indelebile - confermata dalle parole del sottosegretario Alfredo Mantica - sull’organizzazione di Gino Strada: «Fanno troppa politica», dice. Dove per “fare politica” si intende la professione pacifista, la condanna senza appello della guerra, dell’inutile ferocia, della disumanità e dei danni irreparabili di cui essa si rende responsabile. Più in là di tutti si spinge Maurizio Gasparri, per il quale è la “linea” di Emergency a costituire «un grave danno per l’Italia». La convinzione di Emergency che l’occupazione militare e il sempre più attivo coinvolgimento italiano nelle operazioni militari rappresentino un errore gravissimo è motivo più che sufficiente per innescare l’odio di chi invece - abbandonati ogni remora e paravento umanitario - nel conflitto ha immerso il nostro Paese sino al collo. E si sa che quando ci sono due parti in conflitto, anche la più disinteressata iniziativa, proprio perché orientata, come nel caso di Emergency, ad offrire cure e assistenza a 360 gradi, senza esclusione alcuna, viene vissuta e spacciata per collusione con il nemico. Dove la disumanità e la violenza più efferata regnano sovrane, dove è bandito ogni sentimento di pietà, dove il gesto solidale, che richiama ad una fratellanza dimenticata, quotidianamente presa a cannonate, è considerato un pericolo. Come pericolosi, per la cattiva coscienza di chi nasconde i propri crimini dietro la propaganda di guerra, sono gli occhi di quanti, in quel teatro, sono in grado non soltanto di curare, ma anche di vedere, di capire, di testimoniare. Perché, come è noto, la prima vittima della guerra è la verità, sottoposta alla contraffazione, piegata artatamente nel suo opposto per offrire uno straccio di giustificazione a ciò che giustificazione non può avere. Abbiamo iniziato da qui perché, con tutta evidenza, il pregiudizio politico dei titolari dei dicasteri degli Interni e della Difesa, il loro sentirsi, sopra e prima di tutto, parte politica in gioco, prevale su ogni altra considerazione e giunge sino a travolgere i loro primari doveri istituzionali di ministri della Repubblica. Prendono per buone informazioni di fonte giornalistica e si preoccupano unicamente di commentarne il contenuto per dichiarare che «Emergency non fa parte della rete di organizzazioni umanitarie patrocinate dalla cooperazione italiana»; non protestano per non essere stati direttamente messi a conoscenza di un’operazione svoltasi con il palese coinvolgimento dell’Alleanza; trascurano di intervenire (o lo fanno tiepidamente e con grave intempestività) al fine di pretendere il rispetto dei diritti delle persone tuttora (illegalmente) fermate e di cui nulla è dato più sapere. Dovrebbero dimettersi, se fossero provvisti di un brandello di dignità. E qualcuno, dalla cloroformizzata opposizione parlamentare, dovrebbe chiederlo.
Dunque, il Times di Londra ha accreditato la notizia, rivelatasi falsa, di una mai avvenuta confessione dei tre uomini di Emergency prelevati dall’ospedale di Lashkar Gah: la confessione di essere terroristi impegnati in un complotto per uccidere il governatore della provincia afghana di Helmand. Ebbene, Il Giornale, nella edizione di ieri mostra di conoscere l’una e l’altra notizia: la falsa ammissione di colpevolezza e la totale infondatezza della circostanza. Dell’una e dell’altra il quotidiano di Feltri dà conto nell’articolo, ma in prima, il titolo di testa continua a recitare: «Gli amici di Strada: confessione shock». E il sottotitolo: «Preparavano agguati kamikaze». Libero batte tutti e si aggiudica lo sproloquio più clamoroso, suggerendo un sillogismo il cui senso è questo: Strada è amico dei Talebani, i Talebani sono terroristi, quindi... Piuttosto indecente. Ma perché lo fanno? Diceva un saggio che raccontare un diluvio di menzogne è come vuotare un sacco di piume: per quanto tu ti sforzi di raccoglierle, qualcuna resta sempre in giro. Vale forse la pena di aggiungere che un estremo per quanto residuo soprassalto morale dovrebbe impedire di gettare fango su persone integre. Di varcare quella soglia. Ma temo che questo limite sia stato ormai ampiamente superato e che chiedere ascolto, almeno in questo, sia una passione inutile.Noi stiamo con Emergency.

Dino Greco, Liberazione

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