martedì 16 giugno 2015

Stai serenissimo di Norma Rangeri

Se dopo le ele­zioni regio­nali erano suo­nati i cam­pa­nelli d’allarme, dopo il voto comu­nale si sono messe all’opera pro­prio tutte le cam­pane. Innan­zi­tutto per Renzi e per il suo par­tito, che adesso non prova nep­pure a mini­miz­zare e parla aper­ta­mente di «una sconfitta».
La dop­pia bato­sta di Vene­zia e Arezzo, ven­ten­nali roc­ca­forti del cen­tro­si­ni­stra, col­pi­sce il premier-segretario sia come pre­si­dente del con­si­glio che come lea­der di par­tito. Né Cas­son, un can­di­dato che avrebbe dovuto fare il pieno dei voti di sini­stra, né il ren­zia­nis­simo Brac­cialli che avrebbe dovuto sfon­dare nel campo avverso, hanno avuto il con­senso degli elet­tori. Al con­tra­rio, in Laguna come nella pro­vin­cia toscana, sono stati pre­miati un impren­di­tore e un inge­gnere, due por­ta­ban­diera delle forze di cen­tro­de­stra, espo­nenti della società utili a nascon­dere i par­titi sotto il tap­peto. Ha poco di che ral­le­grarsi il vivace Bru­netta con Forza Ita­lia che a Vene­zia non arriva nem­meno al 4%, e hanno poco da recri­mi­nare sulle divi­sioni quelli del Pd se pro­prio il par­tito è stato abbon­dan­te­mente supe­rato dalla lista di Casson.
L’altro ele­mento rile­vante del voto è l’errore di sot­to­va­lu­tare l’avversario dan­dolo per scon­fitto in par­tenza o con­si­de­ran­dolo facil­mente bat­ti­bile. Come sem­pre, come fin dall’esordio del ber­lu­sco­ni­smo, a destra non trova casa il virus del tafaz­zi­smo, tipica pato­lo­gia della sini­stra, e quando è il momento le divi­sioni si annul­lano e il car­tello si mostra compatto.
Il tafaz­zi­smo, invece, ha con­ta­giato il Movi­mento dei 5Stelle, con­qui­stato dal tanto peg­gio tanto meglio. Nella spe­ranza di rac­co­gliere i frutti che gli avver­sari (tutto il Par­la­mento) non sono in grado di ripren­dere. Ma que­sto riguarda il futuro. Qui e ora va detto che se il M5S strappa qual­che impor­tante comune segnando un’altra tappa del suo radi­ca­mento, resta che il Movi­mento soprat­tutto si distin­gue per fare da spalla al centro-destra. Come dimo­stra in pieno il caso Venezia.
Non votare Cas­son signi­fica non soste­nere un per­so­nag­gio — un magi­strato — e una poli­tica — one­stà e mani pulite — che rien­tra per­fet­ta­mente nella cul­tura pen­ta­stel­lata. Se le scelte avve­nute alle regio­nali erano oltre­modo legit­time — un’organizzazione che rac­co­glie un con­senso ampio, deve essere ambi­ziosa — quella di non par­te­ci­pare al bal­lot­tag­gio vene­ziano è distrut­tiva e autodistruttiva.
Ma chi deve pre­oc­cu­parsi più di tutti è il premier/segretario. Dopo que­sto impor­tante voto ammi­ni­stra­tivo Renzi dovrebbe pre­stare meno atten­zione alla gran­cassa media­tica che gli suona la sere­nata e avere mag­gior cura alla realtà del paese per quella che è. Se il Pd perde sia con un can­di­dato di sini­stra che con uno di destra, vuol dire che lo sfon­da­mento al cen­tro è una chi­mera e la ricon­qui­sta di un con­senso a sini­stra un’illusione. Anche per­ché l’unico dato nazio­nale incon­tro­ver­ti­bile, indi­scu­ti­bile e appa­ren­te­mente anche invin­ci­bile resta l’astensionismo. Che col­pi­sce tutti, poli­tica e anti­po­li­tica, destra e sinistra.
La fuga dalle urne e l’emorragia di voti del Pd smen­ti­scono le magni­fi­che sorti delle fur­bi­zie costi­tu­zio­nali (l’Italicum) e delle scor­cia­toie libe­ri­ste (jobs act). Del resto la tra­ge­dia delle migra­zioni, che attra­versa i nostri ter­ri­tori met­tendo in forse per­sino la fron­tiera dell’umana soli­da­rietà, è testi­mo­nianza suf­fi­ciente per con­si­gliare di tor­nare con i piedi per terra.

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