venerdì 26 giugno 2015

Occupy Troika


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di Francesca Coin,
A prendere l’iniziativa è stato un gruppo di attivisti, accademici e sindacalisti irlandesi chiamato Greek Solidarity Committee che, complice la centralità del negoziato greco nel dibattito irlandese, qualche ora fa ha occupato gli uffici dell’Unione Europea a Dublino per dare un segnale chiaro di solidarietà europea dal basso alla Grecia. L’azione arriva in un momento cruciale dei negoziati e per una volta la stampa nazionale e internazionale ne sta dando notizia.
Quello che sta avvenendo in queste ore a Bruxelles non è un normale negoziato.
Paul Krugman ha fugato ogni dubbio con un articolo di qualche ora fa sul New York Times nel quale poneva una domanda secca alle istituzioni europee: “ma cosa si credono di fare”? Krugman si riferisce alla giornata di negoziati di ieri nella quale la proposta greca alle istituzioni è stata rifiutata. A causare l’indignazione del Nobel dell’Economia sono state in particolare le cause di tale rifiuto in netto antagonismo con le priorità espresse dalle stesse istituzioni nel corso degli scorsi cinque mesi. La proposta presentata ieri dal Governo greco alle istituzioni, da molti definita una sorta di programma d’austerità di sinistra, descriveva, infatti, un compromesso che con difficoltà andava incontro alle richieste dei creditori senza gravare troppo sui redditi bassi e medi. Un compromesso lontano, dunque, dal programma iniziale di Syriza, che tuttavia si faceva carico di ridurre la distanza con le richieste dei creditori nel tentativo di uscire da un’impasse durata diversi mesi e di consentire alla Grecia di fare ciò che il Governo greco ha sin dall’inizio tentato di fare: liquidare i creditori e proteggere le fasce deboli della popolazione senza esacerbare una situazione di agonia sociale già esasperata. Ed è qui che l’articolo di Krugman si fa impietoso. “Non siamo al liceo”, scrive il Nobel. “E ora sono i creditori, ben più che i greci, a cambiare le regole del gioco. Che cosa stanno facendo? Intendono spaccare Syriza? Intendono forzare la Grecia verso un disastroso default?”
Le domande di Krugman non sono isolate.
Durante l’intera giornata di ieri sulla stampa internazionale si vociferava di prassi inconsuete a Bruxelles. Una tra tutte, il fatto che mentre Tsipras incontrava Draghi, Lagarde e Junker, il Commissario per gli affari economici Moscovici incontrava i partiti di opposizione del governo greco a pochi metri di distanza. Ieri il Segretario di To Potami Stavros Theodorakis in un comunicato faceva proprie le richieste dei creditori esortando Tsipras a seguirle, mentre addirittura il Financial Times oggi riportava in copertina il volto di Theodorakis, quasi a mettere in primo piano l’insidia che punta al cuore di Syriza. È più chiaro ora il senso della domanda di Krugman: “cosa si credono di fare i creditori”? La risposta la dava già Tsipras ieri in due tweet, nei quali evidenziava come la decisione dei creditori di rifiutare la proposta greca potesse derivare solo da due possibilità: “o non vogliono trovare un accordo o stanno servendo interessi specifici”. Quasi a rievocare il fantasma di George Papandreou, rimosso dalle istituzioni europee quando ha richiesto un referendum, o altri casi storici anch’essi ripresi oggi dalla stampa internazionale come il Presidente Cileno Salvador Allende rimosso dal colpo di stato di Pinochet, ciò di cui si vocifera in queste ore è, infatti, un tentativo di regime change in Grecia. La Repubblica stessa oggi ne dava notizia, sottolineando come queste voci così insistenti ieri nei corridoi di Bruxelles, sebbene si tratti solo di indiscrezioni, rimandino a un piano preciso: sostituire Syriza con un governo più conciliante e obbediente. Per essere ancora più precisi, scrive Repubblica, il tentativo sarebbe di procastinare, esasperare e rinviare le negoziazioni sino al 30 giugno, data in cui la Bce potrebbe sospendere l’Ela, il Programma di Liquidità di Emergenza che tiene in vita le banche greche, forzando la Grecia non solo al default ma al Grexit. Non a caso Krugman chiudeva il suo articolo con la constatazione che non si può più, oramai, parlare di “Graccident”: se il Grexit avverrà con buona probabilità avverrà per volontà dei creditori.
È evidente che la questione è seria perché il problema del negoziato greco è molteplice. Da un lato si tratta di una questione politica: sino a che punto è accettabile l’intrusione dei creditori nelle decisioni democratiche greche? A quanto riportato da Reuters la Merkel stessa ha dichiarato oggi che la risoluzione della crisi non spetta ai governi europei bensì ai Ministeri delle Finanze, a ribadire il primato della scienza economica sulla volontà dei processi elettorali. Il problema è che, a guardare l’affare greco nella sua interezza, la posta in gioco non è nemmeno “solo” la democrazia ma questioni più complesse sul piano finanziario e geopolitico. Il timore di contagio nei mercati finanziari nel caso di un default e l’inevitabile balcanizzazione d’Europa che seguirebbe alla Grexit consentono, infatti, di riformulare quanto sta avvenendo in un modo ancor più radicale. Dovessimo prendere sul serio l’analisi di Krugman e l’avvertimento di Tsipras, i creditori starebbero facendo un gioco ancora più pericoloso, intimando al debitore di obbedire alle proprie condizioni perché il collaterale che verrà a saltare nel caso di insolvenza sono l’Europa e la tenuta stessa dei mercati finanziari. Una posta in palio altissima, dunque, quasi folle, che giustifica l’apprensione di quanti, negli ultimi giorni non riescono a staccare l’attenzione dai negoziati greci. Siamo certi, infatti, che possiamo noi stessi accettare di essere scambiati come posta in palio in una negoziazione che ha già portato un popolo all’agonia e all’umiliazione?
È forse questa la domanda che ha spinto attivisti di Vienna e Dublino ad occupare gli uffici dell’Unione Europea a Dublino in solidarietà con la Grecia. Nel loro comunicato stampa delle ore 16 di oggi scrivevano:
rifiutiamo le azioni dei nostri governi e dei creditori e il disinteresse da loro dimostrato nei confronti della volontà espressa nelle elezioni di Gennaio dalla popolazione greca di porre fine all’austerità. Forzare il Governo greco a firmare un accordo inaccettabile per il Parlamento e per la popolazione è un atto anti-democratico come lo è invitare i leader dell’opposizione a Bruxelles per sovvertire un governo democraticamente eletto. Come è chiaro a tutti coloro che seguono il negoziato, Syriza sta difendendo gli interessi della popolazione in Grecia e le fondamenta della democrazia in Europa. Chiediamo a tutta la popolazione europea di respingere il comportamento delle élite e di mobilitarsi per difendere la democrazia e supportare la popolazione greca”.
È forse tempo di occupare gli uffici dell’Unione Europea anche in Italia.

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