Prima la Banca popolare
di Spoleto. Era controllata dalla Credito e servizi di cui era patron
Giovanni Antonini. Commissariata dalla Banca d’Italia, aperto un
procedimento nei confronti di Antonini, l’istituto centrale impone
la cessione all’altrettanto chiacchierata Banca popolare di Desio.
Gli azionisti penalizzati (ma in realtà Antonini) ricorrono alla
Procura della Repubblica che apre un procedimento a carico dei
vertici della Banca d’Italia. Conclusione: due processi in corso di
cui si attende la conclusione che non sarà rapida. Ora le quattro
popolari in causa di cui due, Banca Etruria e Banca delle Marche, con
una corposa presenza in Umbria soprattutto nelle aree di confine, ma
non solo. Non si riesce naturalmente a sapere quanti risparmiatori
siano stati truffati - molti, vedendo i partecipanti alle assemblee
convocate dalle associazioni dei consumatori - né si conosce
l’entità delle perdite. La congiura del silenzio messa in atto da
amministratori e mezzi di comunicazione è stata interrotta solo
quando il clamore del caso ha conquistato le prime pagine dei
giornali nazionali. Fatto sta che le aree che hanno subito le perdite
maggiori sono quelle della fascia appenninica (Sigillo, Nocera,
Gualdo), già provate dalla crisi e dove il risparmio rappresentava,
spesso, la valvola di sfogo alle difficoltà delle economie locali.
In alcuni casi agricoltori e piccoli artigiani avevano bloccato in
banca piccoli capitali in attesa di usarli come cofinanziamento per i
prossimi piani rurali e delle aree interne. Insomma sono stati
colpiti non solo i risparmi, ma anche potenziali mezzi
d’investimento.
Di fronte a ciò la
Regione tace con cura. La presidente Marini in visita a Gualdo Tadino
si è ben guardata da fare accenno all’affaire, il Consiglio
regionale se l’è cavata votando all’unanimità un ordine del
giorno che raccomanda di trovare qualche sollievo o “ristoro” per
i risparmiatori. Niente di più: non ha competenze. I sindaci non
vanno alle assemblee e quando ci vanno sono naturalmente silenti.
Tranne le associazioni dei consumatori nessuno organizza e mobilita i
truffati. Intanto lo scandalo monta, il governo balbetta, le
istituzioni di garanzia (Banca Italia e Consob) sono sotto accusa.
Insomma siamo di fronte a bombe a grappolo che esplodono una dopo
l’altra, tra le gambe di chi decide, anche degli amministratori
umbri a cui non passa neppure per l’anticamera del cervello di
mettere in moto azioni di contrasto nei confronti dei poteri bancari
e delle scelte governative, a garanzia di risparmiatori e piccole
imprese. La paura non confessata è dare qualche dispiacere al
governo e allo statista di Rignano. Meglio tacere, sperando che passi
la tempesta. Tanto “non abbiamo poteri d’intervento e
responsabilità”.
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