sabato 2 gennaio 2016

Passata la festa, gabbata la sinistra di Alessandro Gilioli


Schermata 2015-01-02 alle 12.15.47


Calpesta e derisa, ma soprattutto malmessa e divisa, la cosiddetta "sinistra radicale" italiana si trova all'alba del 2016 nella paradossale condizione di essere decisiva nelle prossime elezioni amministrative di molte città.
Non tanto i suoi leader (oddio, leader...) il cui prestigio già scarsino da tempo si è ulteriormente assottigliato con il penoso spettacolo del "tavolo costituente" del nuovo partito (una prece). Quanto i suoi elettori: che a dispetto delle pessime rappresentanze esistono - per valori, ideali, interessi - e tutti insieme valgono una cosa che sta almeno tra il 5 e il 10 per cento. E non sto parlando degli elettori potenziali di sinistra che poi si frantumano tra astensionismo, M5S e abbrivo piddino (quelli sono molti di più): sto parlando proprio di quelli che si ostinano a votare e a votare qualcosa di dichiaratamente di sinistra e a sinistra di Renzi. Per capirci, sto parlando di quelli che all'ultimo giro hanno scelto Luca Pastorino in Liguria o Tommaso Fattori in Toscana, rispettivamente il 9,4 e il 6,2 per cento.
Ecco, questa fetta di pervicaci che Renzi percula da un anno adesso viene riscoperta: e da settimane il Pd sta mandando il poliziotto buono Matteo Orfini a cercare di riportarla all'ovile.
Ultima puntata, l'intervista del presidente del Pd a "il Manifesto" di oggi. Nella quale ci spiega che «alle amministrative si possono avere maggioranze tra forze che nazionalmente hanno posizioni diverse», «le condizioni per tenere vivo il centrosinistra ci sono», «spero che la sinistra resti più unita possibile» etc etc.
La ragione di questo prodigarsi del Pd alla sua sinistra è semplice e si chiama Movimento 5 Stelle.
Il caso più eclatante è Torino: dove la candidatura di Giorgio Airaudo potrebbe bastare per impedire a Piero Fassino la vittoria al primo turno; e se l'ex segretario Ds sarà costretto al ballottaggio, la probabilità di essere superato al secondo turno da Chiara Appendino è tutt'altro che remota.
Qualcosa di simile potrebbe succedere a Roma: dove la popolarità del fu centrosinistra, dopo la cacciata di Marino, è ai minimi storici; e il M5S avrebbe buone probabilità di arrivare al ballottaggio anche candidando il gatto di Casaleggio.
In questi casi si sa come fa Renzi, di volta in volta: strizza l'occhio a chi gli è più utile. Del resto è l'uomo che ha fatto il patto del Nazareno per cambiare la Costituzione e poche settimane dopo ha messo Forza Italia fuori dai giochi per il Quirinale, illudendo così tutta la sua minoranza interna. Invece, ovviamente, non c'era niente da illudersi: c'era solo da prendere atto che il premier è uno spregiudicato giocatore su più tavoli, a seconda della convenienza del momento.
E la convenienza del momento ora è riportare quel 5-10 per cento nell'alveo del centrosinistra - pur essendo questo stato seppellito dal partito della nazione, dal Jobs Act e da tutto il resto.
Sebbene questa dinamica d'opportunismo sia evidente anche a un bambino di cinque anni, c'è una parte della sinistra cosiddetta radicale che ci crede o finge di crederci: nel primo caso per un misto di ingenuità e nostalgia del 2011, nel secondo sperando probabilmente in qualche strapuntino - assessorati, Asl, consigli di zona e altre briciole.
Per carità, ciascuno faccia come crede, a sinistra: e capisco anche che in alcune realtà locali (tipo Milano) possa prevalere negli animi l'onda lunga del tempo che fu (il 2011, appunto) e la speranza che non ci sia risacca a destra.
Ma almeno cerchiamo di non nasconderci dietro un dito e di averne piena contezza, nel decidere: passate le amministrative, le sirene piddine verso sinistra cesseranno magicamente di cantare.
Anche perché poco dopo ci sarà il referendum costituzionale, sul quale Renzi punta invece di fare il pieno di consensi al centro e destra.
E qui a sinistra saremo ricacciati tutti nel girone mediatico dei gufi, dei frenatori e dei professoroni.

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua