Secondo una prassi che ci propina ad ogni alzata dal letto qualche modifica imprevista sulle tariffe o sui risparmi bancari o sull’entrata in vigore della pensione, dal primo gennaio sono state varate le nuove tariffe per l’energia elettrica. Come sempre, strombazzate la sera prima come un colpo di fortuna per i consumatori. Esaminiamone qui la ratio e gli effetti per 30 milioni di utenti e, infine, traiamone le conclusioni. (Per un’analisi dettagliata e i grafici illustrativi, Roberto Meregalli su energiafelice).
Come nei riti migliori, è stata introdotta una nuova veste grafica della bolletta: potremo così fare il confronto con quella dei nostri amici e non sfuggirà certo la “rivoluzione” che la denota: l’abbandono del sistema progressivo (ossia un sistema per cui il costo per kWh aumenta all’aumentare dei kWh prelevati dalla rete elettrica) in vigore sino ad oggi. Fino al 2015 il costo dell’energia di un kWh consumato da un cliente che in un anno ne consuma in totale 1.500 è diverso da quello di un cliente che ne consuma 2.700: in base ad un sistema di tariffazione che favoriva chi consumava poco, facendo pagare di più oneri e trasporto a chi consumava di più. Possiamo dire che quell’impianto tendeva a stimolare consumi ridotti. Con la riforma, per i clienti residenti (la maggioranza), la struttura degli oneri di sistema rimane fissa per kWh, qualsiasi sia il livello di consumo.
Tutti (tranne le seconde case) pagheranno un eguale contributo fisso per coprire gli oneri del sistema, indipendentemente dal possesso di impianti in proprio e dalla fascia di consumo. Viene cioè penalizzato chi ha installato un piccolo impianto fotovoltaico, mentre viene premiato chi consuma di più invece di risparmiare energia. Per essere chiari, chi ha sostituito le lampadine a incandescenza con quelle a led, o chi ha investito negli ultimi anni in un impianto solare rischia di non aver fatto un buon affare.
L’abolizione della progressività viene giustificata dall’Authority “per favorire l’elettricità rispetto ai fossili e liberarla da vincoli ereditati dal passato”. Tutto bene, se l’elettricità non provenisse a sua volta per la gran parte dalla combustione in centrale di gas carbone o olio. Al solito, nonostante le indicazioni fornite dall’Ue e dalla Cop21 – miranti a favorire anche attraverso le tariffe la decarbonizzazione e la produzione elettrica decentrata da rinnovabili – ministero e governo hanno partorito il compromesso più vantaggioso per il sistema energetico in auge. Difensori ad oltranza di un modello arcaico che penalizza il mercato della generazione distribuita e dell’efficienza energetica, favorendo la generazione centralizzata di energia.
Alla fine, per il consumatore tipo ci dovrebbe essere un aumento di circa 20 euro l’anno: per chi consuma meno un aumento maggiore e per chi consuma di più un risparmio. Ricordando che oltre l’81% degli attuali utenti (circa 24 milioni) ha consumi inferiori a 2.640 kWh/anno, in effetti per la maggioranza la riforma si tradurrà in una bolletta più cara.
Per chi ha installato negli anni scorsi un impianto fotovoltaico, questa riforma avrà effetti negativi perché la nuova tariffa sarà meno conveniente rispetto a quella attuale. Questo “effetto collaterale” è rilevante perché ufficialmente la riforma dovrebbe favorire le fonti rinnovabili. Stimolare l’aumento dei consumi elettrici ha senso solo aumentando la generazione di elettricità da FER, solare in primis, essendo la principale risorsa nazionale. Altrimenti, come sta accadendo quest’anno, l’aumento della domanda si traduce in un aumento dell’uso delle fonti fossili e delle relative emissioni. La riforma in definitiva sfavorisce il risparmio energetico e le rinnovabili elettriche, mentre risulta chiaro che si stabilizzano i ricavi dei distributori perché i loro costi saranno fissi, non più dipendenti dalla variabilità dei consumi.
Contestualmente, è stata approvata anche la legge (539/2015) che regolamenta la realizzazione e l’uso di reti private di distribuzione. Anche per questa via si penalizza lo sviluppo di reti intelligenti e i sistemi di stoccaggio e si assesta un duro colpo per le rinnovabili, che richiedono reti intelligenti, capaci di dosare e compensare gli input di energia. Sulla gestione delle reti, si gioca una grande partita per la transizione energetica, ma non è certo un governo intrecciato alle lobby del passato che può affrontare le sfide del futuro.
Nessun commento:
Posta un commento
Di la tua