È l’occasione per legare temi sociali e istituzionali, decisiva la raccolta di firme contro l’Italicum, il lavoro, la scuola e l’ambiente. Il nuovo soggetto politico ha bisogno di un profilo politico e programmatico riconoscibile. Senza mettere l’ostacolo delle pregiudiziali
La
rottura intervenuta all’ormai famoso tavolo promosso da L’Altra Europa
con Tsipras per un processo costituente di un soggetto politico della
sinistra – avvenuta per ben distribuite e differenziate responsabilità –
non può e non deve significare l’abbandono di quel progetto. Diversi
sono gli appelli unitari che vengono dai territori in questi giorni che
ne reclamano giustamente il perseguimento. Certamente quel tavolo non
può essere rimesso in piedi così come era. Probabilmente la sua stessa
ristretta composizione non ha aiutato. Logiche identitarie
e conservative hanno prevalso. Né si può accettare il paradosso che
l’allargamento della sua composizione a chi nel frattempo ha abbandonato
il Pd sia stato di per sé fattore di crisi anziché di arricchimento. Il
percorso si fa quindi più articolato, complesso e forse più lungo. Ma
non va abbandonato.
Tanto più che l’anno che comincia ci
offre una occasione difficilmente ripetibile di fare rivivere alla
politica una dimensione di massa. Mi riferisco in primo luogo alla
stagione referendaria che sta per aprirsi, senza trascurare le elezioni
amministrative in importanti città. Renzi scommette tutto sul referendum
costituzionale. Ha posto una sorta di fiducia sul suo esito. Vuole
ingaggiare il guru della campagna per l’elezione di Obama, per una
campagna martellante e non solo televisiva. Battaglia soda, avrebbe
detto il Machiavelli. Da un lato dimostra tutta la pochezza di questa
classe dirigente. Mai i costituenti di un tempo avrebbero pensato di
schiacciare sulla contingenza politica il tema della Costituzione che
dovrebbe avere ben altro respiro. Dall’altro lato è vero che se dovesse
perdere, neppure l’Italicum starebbe in piedi e crollerebbe l’intero
impianto neoautoritario su cui Renzi fonda il suo governo e il suo
potere. E questo Pd senza il governo non è nulla. Anche perché nella sua
foga di distruggere i corpi intermedi della società, tra cui
i sindacati e i partiti, Renzi ha in primo luogo macinato il proprio.
Il referendum costituzionale è senza
quorum, uno scontro diretto fra il No e il Sì senza l’ausilio
dell’astensione.. Se lo si vuole vincere – e non è impossibile –bisogna
mettere in campo tutta la passione, l’intelligenza e le forze di cui
disponiamo e che dobbiamo accrescere e affinare nella campagna stessa.
Non solo, ma è fondamentale legare i temi sociali con quelli
istituzionali. Per questo sarà decisiva la raccolta delle firme nella
primavera per l’abolizione dell’Italicum, delle cattive leggi sul
lavoro, la scuola e l’ambiente che hanno caratterizzato il neoliberismo
renziano. Non c’è nulla di automatico in questo, anzi ci vorrà molto
pensiero e buona comunicazione: ma l’occasione per legare assieme
battaglia politica e sociale, per fornire nuova linfa alla coalizione
sociale e ad un necessario nuovo soggetto politico della sinistra
è troppo ghiotta. L’idea che si possa fare a meno di una rappresentanza
politica della sinistra bastando in sua vece l’autorappresentazione
sociale è smentita dalla storia e anche dai recenti successi di una
rinata sinistra in più punti d’Europa.
Un contributo alle prove di una sinistra
autonoma dal Pd e da un centrosinistra –morto nell’anima e di cui si
vorrebbero fare sopravvivere solo le vuote spoglie – potrà venire anche
dalle prossime elezioni amministrative. A condizione che si separi
concettualmente prima ancora che fattualmente, la politica delle
alleanze dalla logica del vincolo coalizionale. La prima è un classico
sempre rideclinabile della politica del movimento operaio, a livello
politico e sociale. Ma parte dalla condizione imprescindibile
dell’autonomia politica e organizzativa del soggetto di sinistra. La
seconda costituisce una prigione che condanna forze minori a essere
satelliti attorno al pianeta Pd. E’ curioso che di fronte a una legge
elettorale che conferisce il premio di maggioranza alla lista e non alla
coalizione, ci sia ancora chi indulge al tema delle primarie e della
coalizione preventiva con il Pd. Tema che solleverei anche
all’attenzione di Aldo Bonomi, pur nel rispetto delle specificità
sociali e culturali del quadro milanese, che non mi sono ignote.
In alcune città, ricordo per difetto
Torino, Bologna, Roma, si stanno costruendo percorsi che dimostrano non
solo la necessità, ma la possibilità di liste unitarie di sinistra
alternative al Pd capaci di affrontare nella sua complessità la
problematica del vivere urbano.
Nel frattempo non vanno perdute
occasioni di incontro unitario. Non è l’inizio del processo immaginato
dal tavolo, ma l’appuntamento previsto per febbraio da Act può
diventarne una tappa se si apre alla codecisione di temi, modalità
e finalità. Se così non avverrà, sarà una sconfitta per tutti.
Ma che caratteristiche deve avere questo
nuovo soggetto politico della sinistra? In molti giustamente se lo
domandano e tutti invocano innovazione. Più facile dire cosa non deve
essere – viste le esperienze fallimentari in questo campo – cioè non un
semplice soggetto elettorale, non una federazione di sigle, certamente
non un partito “monolitico”. Alcuni si ispirano ai modelli esistenti —
da Syriza a Podemos passando per la Linke, spingendosi fino alle
formazioni latinoamericane — che però sono uno diverso dall’altro e ogni
processo se è reale deve anche essere originale. Se pensiamo che si
tratti di organizzare politicamente una parte della società, ora
depredata delle sue rappresentanze e delle sue “casematte”, la parola
partito non dovrebbe costituire uno scandalo per alcuno, pur non
esaurendo l’opera di ricostruzione dei corpi intermedi, cioè delle vene
della democrazia.
Ma non nasce come Minerva dalla testa di
Giove. Deve essere frutto di un processo costituente, immerso nel
dibattito culturale e teorico – senza la costruzione di un profilo
politico e programmatico riconoscibile non si va da nessuna parte —
quanto nella più concreta lotta sociale e politica. Ma questo comporta
che non si pongano pregiudiziali tanto all’inizio del processo – come lo
scioglimento immediato delle forze esistenti, perdendosi così nel
bicchiere d’acqua dei veti e delle pretese – quanto e soprattutto al suo
esito che, per avere successo, dovrà andare ben oltre il quadro
peraltro assai gracile e incerto che oggi ci offre la sinistra.
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