Leggo che Benigni, quello che anni fa in tivù recitava i suoi sermoni laici sulla sacralità della Costituzione, voterà sì al referendum che vuol sancire lo sfascio della Costituzione di cui sopra: quando si dice la coerenza.
Caro Roberto, ti ho voluto bene, e tutto sommato sempre te ne vorrò, perché certe tue cose resteranno: dal Cioni Mario a tutti gli Ottanta, fino al tuo ultimo apice La vita è bella. Siamo pure concittadini, e fino a un certo punto ce l’hai avuto eccome quell’approccio da guastatore toscano,
da provocatore sboccato: da pazzo tanto esilarante quanto (in realtà)
lucidissimo. Per carità: non potevi fare sempre la stessa cosa, e
mettersi a toccare la “patonza” della Carrà a sessant’anni sarebbe stato
un po’ ridicolo. Lo so. E pazienza – voglio essere buono – se un tempo
prendevi in braccio Enrico e poi Mastella. Pazienza.
Qui però non siamo più all’incendiario che si fa pompiere: siamo al satirico che si fa mesto turibolo del Potere.
Siamo al guitto che rinuncia totalmente al suo ruolo: e questa, per un
artista, è la colpa più grave. Perdonami, ma vederti passare da
“Berlinguer ti voglio bene” a “Renzi mi piaci tanto”, o dal
“Woytilaccio” che fu all’attuale “Volevo fare il Papa da grande”, mette
una tristezza che non hai idea. Lo scrivo con dolore, senza dimenticare
l’affetto e la gratitudine, ma in tutta onestà era difficile per te invecchiare peggio di così. Peccato.
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