Che il governo sia un governo di zombi, non c'è dubbio. Il centro-destra, come anche i Referendum hanno mostrato, è oramai minoranza nel paese. Non gode più nemmeno dell'appoggio maggioritario della classe dei capitalisti. Ce lo ricorda Ilvo Diamanti nel suo intervento Chi rappresenta il movimento invisibile, su La Repubblica di oggi, 11 luglio. Esso non cade perché non c'è nessuno che sia in grado o che voglia farlo davvero cadere. Il tandem oramai improbabile Berlusconi-Tremonti si regge soltanto per la forza coesiva della paura, della paura del crollo finanziario dello Stato.
Il Diamanti sottolinea che nel marasma non c'è solo la compagine governativa, ci sono pure le opposizioni, Pd in primo luogo. Opposizioni, come segnala il nostro, che non riescono ad esprimere una politica alternativa al governo, né ad entrare in sintonia coi movimenti sociali e le loro dinamiche.
Ma delle due cose, questo Diamanti non vede, una la causa, e l'altro è l'effetto. Ovvero: Il Pd non solo non riesce ma non può, causa la sua natura di partito che si pone come direzione politica della grande borghesia, interpretare il flusso di cambiamento che si è manifestato sia nelle amministrative che coi referendum. Questo flusso, la multiforme mobilitazione dal basso venuti avanti negli ultimi anni, per quanto non eversivi, vanno a sbattere non solo contro le compatibilità politiche della cosiddetta seconda repubblica, ma contro quelle economiche dettate dalla crisi sistemica. La paralisi del Pd, il "tatticismo ondivago" secondo Diamanti, sono la conseguenza di dovere tenere i piedi su due staffe, uno nella stanza dei bottoni, l'altro nello spazio dei movimenti sociali. Alla fine si può dire che la crisi del Pd e del centro sinistra (compresi Sel e Idv) dipende dal fatto che "non si può ubbidire a due padroni", non c'è possibilità di potere rappresentare in un medesimo programma politico le istanze dei movimenti sociali e quelle della classe dominante.
Insomma: il collante dell'antiberlusconismo non è più sufficiente per tirare a campare, tantomeno per costruire un'alleanza che mandi a casa Berlusconi e salga al governo.
Fatta questa premessa, che Diamanti tuttavia non svolge, si può essere d'accordo con le sue conclusioni:
«Così, il cambiamento in atto nella società stenta a trovare sbocco politico. Le parole e i valori che, in questi tempi, hanno reso obsoleto il linguaggio del centrodestra faticano a trovare un dizionario etico nuovo. Interpreti in grado di dar loro voce . rappresentazione. Così navighiamo in una nave senza ammiraglio e senza equipaggio. Perché quelli "vecchi" stanno fuggendo. Mentre quelli "nuovi" non sanno mettersi d'accordo. Sulla guida e sulla rotta. Eppure, per attingere al dizionario delle donne che si sono incontrate a Siena nei giorni scorsi: "Se non ora, quando"?».
Il Diamanti sottolinea che nel marasma non c'è solo la compagine governativa, ci sono pure le opposizioni, Pd in primo luogo. Opposizioni, come segnala il nostro, che non riescono ad esprimere una politica alternativa al governo, né ad entrare in sintonia coi movimenti sociali e le loro dinamiche.
Ma delle due cose, questo Diamanti non vede, una la causa, e l'altro è l'effetto. Ovvero: Il Pd non solo non riesce ma non può, causa la sua natura di partito che si pone come direzione politica della grande borghesia, interpretare il flusso di cambiamento che si è manifestato sia nelle amministrative che coi referendum. Questo flusso, la multiforme mobilitazione dal basso venuti avanti negli ultimi anni, per quanto non eversivi, vanno a sbattere non solo contro le compatibilità politiche della cosiddetta seconda repubblica, ma contro quelle economiche dettate dalla crisi sistemica. La paralisi del Pd, il "tatticismo ondivago" secondo Diamanti, sono la conseguenza di dovere tenere i piedi su due staffe, uno nella stanza dei bottoni, l'altro nello spazio dei movimenti sociali. Alla fine si può dire che la crisi del Pd e del centro sinistra (compresi Sel e Idv) dipende dal fatto che "non si può ubbidire a due padroni", non c'è possibilità di potere rappresentare in un medesimo programma politico le istanze dei movimenti sociali e quelle della classe dominante.
Insomma: il collante dell'antiberlusconismo non è più sufficiente per tirare a campare, tantomeno per costruire un'alleanza che mandi a casa Berlusconi e salga al governo.
Fatta questa premessa, che Diamanti tuttavia non svolge, si può essere d'accordo con le sue conclusioni:
«Così, il cambiamento in atto nella società stenta a trovare sbocco politico. Le parole e i valori che, in questi tempi, hanno reso obsoleto il linguaggio del centrodestra faticano a trovare un dizionario etico nuovo. Interpreti in grado di dar loro voce . rappresentazione. Così navighiamo in una nave senza ammiraglio e senza equipaggio. Perché quelli "vecchi" stanno fuggendo. Mentre quelli "nuovi" non sanno mettersi d'accordo. Sulla guida e sulla rotta. Eppure, per attingere al dizionario delle donne che si sono incontrate a Siena nei giorni scorsi: "Se non ora, quando"?».
Il paese è dunque, mentre si sentono i primi inquietanti segnali di uno scoppio della "bolla" del debito sovrano, in un'impasse. Il marasma regna sia nella maggioranza che nel variopinto fronte delle opposizioni istituzionali.
In verità la situazione è più grave. Non c'è solo un doppio, ma un triplo marasma. Se il casino regnasse solo in alto, si potrebbe davvero dire con Mao. "C'è disordine sotto il cielo, la situazione è eccellente". Il casino regna invece anche in basso, il marasma riguarda anche i movimenti sociali, da quelli sulla difesa dei beni comuni o pubblici, a quelli sindacali, a quelli giovanili e contro le guerre imperialiste. Essi hanno trovato un terreno unificante nel referendum, ma appena chiuse le urne tutto è tornato come prima: i movimenti sono divisi, atomizzati, incapaci di fare fronte e, quel che più conta, privi di una piattaforma comune.
In questo modo le proteste sociali non solo non riescono a spazzare via il governo, non riescono neanche a mettere Bersani, Vendola o Di Pietro con le spalle al muro. Passata la buriana referendaria questi signori hanno ricominciato a fare la solita melina.
I gruppi politici anticapitalisti, invece di masturbarsi mentalmente, invece di fare i codisti di questi movimenti, dovrebbero darsi una mossa e vedere di trovare una piattaforma che indichi come uscire dalla crisi sistemica, e su questa base fare fronte comune.
Invece continuano con le loro infatuazioni, esagerano a dismisura, per consolarsi, l'impatto effettivo del Referendum (come se depositare schede nell'urna fosse una sollevazione popolare), si illudono che questi movimenti troveranno da soli la via programmatica alternativa per uscire da questa crisi stistemica e poi l'unità. Così il marasma continuerà, e quello che potrà accadere in futuro non è dato sapere a nessuno.
Piemme, http://sollevazione.blogspot.com
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