mercoledì 20 luglio 2011

¡No pasarán! : 75 anni fa iniziava la Guerra di Spagna

Nel 1931 il Re di Spagna Alfonso XIII abbandona il trono e viene proclamata la Repubblica. Le elezioni vedono la vittoria della sinistra, che cerca di far uscire il Paese dalla sua profonda arretratezza tramite una riforma agraria, una laicizzazione dello Stato e una moderna legislazione sociale.

Due anni dopo però le elezioni vengono vinte dalla destra che cancella le riforme del precedente governo. Si verificano molte sollevazioni dei lavoratori, la più importante delle quali quella dei minatori delle Asturie, repressa nel sangue nel 1934.

La sinistra unita (Frente Popular) torna al governo dopo le elezioni del 16 febbraio 1936.

Ma tra il 17 e il 18 luglio del 1936 un gruppo di militari guidati da Francisco Franco ed Emilio Mola si solleva contro la Repubblica. La ribellione, partita dai territori spagnoli nel Nordafrica, si estende rapidamente a tutto il territorio nazionale. I sindacati CNT (libertario) e UGT (socialista) proclamano lo sciopero generale e vengono distribuite le armi alla popolazione. Il tentativo di colpo di Stato fallisce, ma il Paese si divide in zone controllate dai repubblicani (tra cui Madrid e Barcellona) e altre controllate dai nazionalisti (Siviglia, Pamplona, La Coruña ecc.). È l’inizio della Guerra Civile spagnola, che si concluderà il 1° aprile 1939 con la vittoria di Franco.

Il blocco nazionalista aggrega la grande borghesia -imprenditori e latifondisti- la Chiesa cattolica, i monarchici e la destra fascista.

In difesa della Repubblica si schierano le forze liberal-democratiche, i sindacati e le varie correnti della sinistra (socialisti, comunisti, trotskisti e anarchici). Tra queste il POUM, Partito Operaio di Unificazione Marxista, formazione rivoluzionaria e libertaria (da molti impropriamente etichettata come trotskista) nelle cui file milita lo scrittore George Orwell.

Allo scoppio della guerra civile accorrono in Spagna volontari di ben 55 nazioni, operai, studenti, intellettuali, organizzati nelle Brigate Internazionali. Circa 40mila uomini e donne di cui un terzo morirà in battaglia. Tra i 3.500 italiani, Pietro Nenni, Palmiro Togliatti, Giuseppe Di Vittorio, Giovanni Pesce, Camillo Berneri e Carlo Rosselli.

Molti sono gli episodi di eroismo, come la Battaglia di Guadalajara (marzo 1937) e quella dell’Ebro (luglio-novembre 1938).

I nazionalisti possono contare sul deciso sostegno delle potenze dell’Asse: l’Italia invia 60mila uomini, la Germania un numero più ridotto (16mila) ma l’aviazione tedesca giocherà un ruolo decisivo nel conflitto. Il 26 aprile 1937 viene bombardata e rasa al suolo la cittadina basca di Guernica, episodio a cui Pablo Picasso dedicherà uno dei suoi dipinti più famosi. In appoggio ai franchisti sono inoltre presenti anche 8mila soldati portoghesi inviati dal dittatore Salazar.

Le potenze imperialistiche occidentali (Francia e Gran Bretagna) si impegnano con poca convinzione in difesa della Repubblica, temendo un “contagio” della Rivoluzione bolscevica.

Quanto all’Unione Sovietica, vengono inviati circa 3mila uomini e numerosi aerei e carri armati. Ma l’impressione è che a Mosca non si comprese appieno l’importanza di fermare l’avanzata del fascismo in Spagna, cosa che probabilmente avrebbe evitato la carneficina della Seconda Guerra Mondiale di cui proprio il popolo sovietico pagò le conseguenze più dure.

Nelle zone sotto il controllo della Repubblica, laddove sono maggioritarie le forze anarchiche e della sinistra rivoluzionaria, come in Catalogna e Aragona, vengono attuati significativi esperimenti di collettivizzazione delle terre e dei mezzi di produzione e di autogestione di industrie e servizi. Viene abolita la moneta, sostituita da buoni locali.

Il movimento delle collettivizzazioni coinvolge da un milione e mezzo a due milioni di lavoratori. Anche nei reparti militari espressione di queste forze al posto della tradizionale disciplina gerarchica degli eserciti c'è un'organizzazione di tipo democratico.

Il tentativo di trasformare la guerra antifascista in rivoluzione sociale non è condiviso dal Partito Comunista, che teme di alienarsi il consenso della piccola borghesia, considera le collettivizzazioni una forma di avventurismo e l'organizzazione democratica dei combattenti un elemento di debolezza. Le divergenze non sono solo tattiche ma relative soprattutto al modello di società a cui le varie forze di sinistra aspirano: da una parte l'autogestione e la democrazia diretta, dall'altra la pianificazione centralizzata e l'egemonia del partito sulla società.

Questi attriti si inaspriscono progressivamente finché nel maggio del 1937 sfociano in scontri armati, in cui perdono la vita circa cinquecento combattenti.

Il 15 giugno 1937 viene messo fuorilegge il POUM e il 21 viene assassinato il leader del partito Andreu Nin.

Queste divisioni indeboliscono e demoralizzano il fronte repubblicano, già in posizione di svantaggio in termini di forza militare, favorendo la vittoria del fascismo.

Alla fine del 1938 le Brigate Internazionali si ritirano, e i volontari lasciano la Spagna.

La repressione scatenata dai franchisti alla fine della Guerra civile è tremenda. Perfino Himmler consiglierà una maggiore moderazione osservando che si stavano massacrando intere generazioni.

La dittatura franchista rimane poi ai margini della Seconda Guerra Mondiale, secondo alcuni storici a causa del rifiuto dei Tedeschi di riconoscerle, in cambio dell’intervento al loro fianco, diritti sulle colonie africane della Francia.

Comunque sia, la neutralità garantisce la prosecuzione del regime fino alla morte di Franco, avvenuta nel 1975, anche perché dopo la Guerra le potenze occidentali vedono nella Spagna del “generalissimo” -e nell'altra dittuatura iberica, il Portogallo- un importante bastione contro il comunismo.

Va sottolineata la posizione della Chiesa, che come si accennava si schiera nettamente a favore del franchismo. Il 16 aprile 1939 il papa Pio XII invia il radiomessaggio Con inmenso gozo, nel quale esprime la massima soddisfazione per la vittoria di Franco.

Ma anche di recente, soprattutto a partire dal pontificato di Karol Wojtyla, numerose sono state le beatificazioni e santificazioni di esponenti del clero reazionario spagnolo, soprattutto dell’Opus Dei, deceduti durante la guerra e definiti come “martiri”.

Neanche la guerra di Spagna è stata risparmiata dall’ondata del revisionismo. Spesso si sente parlare di “episodi di crudeltà su entrambi i fronti” o addirittura di violenze bolsceviche contro i cattolici e i democratici o di tentativo sovietico di esportare la rivoluzione.

Ma il revisionismo non potrà mai cancellare l’eroismo dei combattenti internazionalisti e dei lavoratori spagnoli in difesa della libertà e della giustizia sociale, che può essere considerato il primo episodio della Resistenza armata antifascista in Europa.

Nello Gradirà, www.senzasoste.it

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