Il lancio di un nuovo movimento pan-europeo Diem 2025
(acronimo di The Democracy in Europe Movement 2025 da parte nostra),
arriva in un momento critico per l'Europa. Senza scomodare scenari di
implosione, è chiaro il rischio di una caduta dell'Unione europea verso
l'irrilevanza.
La retorica euro-critica di questi ultimi anni, che
combinava un'aspirazione agli "Stati Uniti d'Europa" con una forte
richiesta di cambiamento dei trattati, non regge più. Anche i tanti
appelli per una maggiore integrazione dell'Eurozona sono oramai da
guardare con sospetto. Rischiano di essere nient'altro che la
realizzazione del piano Schauble - non democrazia federale, ma
democrazia commissaria e letterine della Bce per tutti.
Allo
stesso tempo appare velleitario qualunque piano B nazionale. Le sirene
del nazionalismo, di destra o di sinistra, cantano una canzone di
destituzione e continua perdita di sovranità. Siamo tra l'incudine e il
martello. Schiacciati tra un'Unione fallimentare e priva di democrazia e
stati nazionali ugualmente fallimentari e privi di democrazia. Ma che
fare per cambiare realmente le cose?
Questi anni stanno segnando
uno spartiacque. La scommessa, tanto a livello europeo che nazionale, è
quella di ricostruire un immaginario per un mondo che così com'è non
funziona più. Lo vediamo nella retorica di Jeremy Corbyn in Gran Bretagna, di Bernie Sanders
negli Stati Uniti, delle nuove forze spagnole. Ma anche, altro lato
della medaglia, dalla nuova estrema destra polacca, ungherese o
francese.
La vera dinamica vecchio-contro-nuovo è la capacità di
tornare a essere ambiziosi. E immaginare l'Europa come il luogo dove
recuperare sovranità su tutto ciò che a livello nazionale non è
possibile fare. Non perché ci sia l'UE, ma perché nel sistema globale
uno staterello su certi argomenti non ha voce in capitolo.
Un
nuovo discorso sull'Europa deve divenire un discorso sul futuro.
L'Europa è lo spazio in cui si torna a governare la finanza globale e si
attacca di petto lo scandalo di 62 uomini al controllo di metà della
ricchezza mondiale. L'Europa è lo spazio in cui si liberano Julian
Assange ed Edward Snowden e si immagina una nuova infrastruttura
tecnologica che resista la messa a profitto e la messa sotto
sorveglianza di ogni interazione digitale. L'Europa è lo spazio in cui
si costruisce un modello di sviluppo ecologico e da una posizione di
forza lo si impone sul resto del mondo attraverso trattati commerciali
basati sulla giustizia climatica e non sulla gara al ribasso dei
diritti. L'Europa è lo spazio in cui si immagina un nuovo
multilateralismo portatore di pace da contrapporre al militarismo
americano e ai nuovi nazionalismi, spesso con base etnica, dei Paesi
emergenti.
La sovranità, questa volta ci sta, dovrebbe essere
precisamente la capacità di incidere sulla definizione di sfide storiche
come queste.
In Italia, ambizione significa anche ammettere che
tanto può ancora essere cambiato a livello nazionale. Per essere chiari:
non è vero che la politica economica la detta Bruxelles. La lotta di
Matteo Renzi per avere qualche zero-virgola di spesa in più è la lotta
per ottenere qualche miliardo da gettare in campagna elettorale, non per
ricostruire un orizzonte di giustizia economica.
La scelta di
disattendere il referendum sull'acqua e continuare sulla strada delle
privatizzazioni è una scelta nazionale. La scelta di vivere in un Paese
con una ricchezza accumulata pari a quattro volte il Pil ma un tasso di
ineguaglianza e di povertà fra i maggiori d'Europa è una scelta
nazionale. La corruzione e la criminalità organizzata, che valgono un
decennio di manovre correttive, sono mali nazionali e avere paura di
curarli è una scelta nazionale.
Oltre gli stabili dibattiti fra
più europa o più stato nazionale, oltre la semplice declinazione
elettorale dello scontro con Bruxelles, ciò di cui abbiamo bisogno è di
recuperare la forza di pensare e volare alto. Ed è anche questa la sfida
che portiamo oggi con il lancio di un nuovo movimento politico a scala
europea e con la folle ambizione di cambiare questo maledetto
continente.
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