Dalla Sicilia a Roma, da Milano a Napoli passando per Pordenone e Benevento. Tutto il Paese è scosso dalla veemente protesta dei precari della scuola - circa 200.000 - che la ministra Maria Stella Gelmini vorrebbe espellere dalle aule scolastiche come se niente fosse, ignorando il destino delle singole persone, il sicuro decadimento qualitativo della scuola pubblica e l'inevitabile ricaduta sugli studenti e sulle loro famiglie. Ieri Caterina Altamore e Giacomo Russo, i due insegnanti in sciopero della fame davanti Montecitorio, hanno smesso il digiuno, rilanciando la lotta nel corso di una conferenza stampa con la proposta di una grande iniziativa nazionale la cui data verrà presto comunicata. Per Federica D'Alessandro, del coordinamento precari romani, «tutte le affermazioni della Gelmini sono contestabili per l'assoluta mancanza di competenza che la caratterizza, a partire dal fatto che secondo lei 200.000 precari non sono assorbibili dalla scuola e che sostanzialmente non costituiscono un problema. Noi invece siamo un problema e proprio per questo abbiamo annunciato un appuntamento nazionale che prevede il coinvolgimento di tutti i movimenti e i sindacati». Questo scenario conflittuale si va configurando proprio alla vigilia dell'apertura dell'anno scolastico: «Noi ci auspichiamo un inizio caldo - dice Federica - per una maggiore presa di coscienza di chi nella scuola ci lavora e dunque non solo i docenti, sia precari che di ruolo, ma anche gli studenti e i genitori stessi che subiscono, sia pure indirettamente, le conseguenze della riforma e dei tagli che ci sono stati». Come dicevamo la mobilitazione si è estesa lungo tutto lo Stivale e se a Roma il digiuno dei due insegnanti è finito non si può dire lo stesso di Milano, dove in quattro sono in sciopero della fame da tre giorni davanti l'Ufficio scolastico regionale e decideranno oggi se continuare o meno, anche se la tendenza va verso la direzione dell'interruzione del digiuno, in consonanza con quanto successo a Roma e a Palermo. Per gli insegnanti precari del Movimento Scuola Precaria e del Presidio permanente precari di Milano «ancora una volta la ministra dimostra di ignorare la realtà della scuola pubblica italiana». I precari milanesi hanno ricordato che «10 mila assunzioni di quest'anno sono immissioni in ruolo di chi lavora da decenni nella scuola» e, soprattutto, che «a fronte di quasi 30 mila pensionamenti i posti di lavoro tagliati sono stati 43 mila». Senza dimenticare che in rapporto al Pil le spese per l'istruzione in Italia sono le più basse in Europa. Come dicevamo stop all'astensione dal cibo anche nel capoluogo siciliano dove i due protagonisti di questa scelta estrema si sono visti rifiutare dalla Gelmini un incontro con la scusa che non sarebbe il momento. Hanno invece dormito in tenda davanti la sede della direzione scolastica regionale della Campania a Napoli una quarantina tra docenti e personale amministrativo. La loro denuncia riguarda soprattutto il personale di sostegno che rischia di essere ridotto di circa 1200 unità. Sul fronte politico e sindacale le reazioni sono varie. La Flc Cgil denuncia lo stato dei precari e invita la ministra al dialogo: «Siamo di fronte al licenziamento di migliaia di precari, a 10.000 insegnanti dichiarati in soprannumero, a scuole elementari che non possono più garantire i tempi scuola richiesti dalle famiglie, a classi più affollate e più insicure, all'impossibilità di assicurare risposte adeguate d'integrazione per gli alunni disabili, a tagli di ore e di materie nelle secondarie superiori e al blocco dei salari per quattro anni per tutto i pubblici dipendenti. Ci sono scuole - stigmatizza il massimo sindacato italiano - nelle quali mancano perfino i collaboratori scolastici per aprirle e chiuderle». Verdi e Rifondazione comunista hanno espresso la solidarietà ai precari. Per Angelo Bonelli, portavoce nazionale della forza ambientalista «la scure del ministro Gelmini sui precari della scuola è un vero e proprio atto di violenza. Il ministro sa perfettamente che senza i precari il mondo della scuola pubblica avrebbe subito il collasso e la paralisi». Vito Meloni, responsabile nazionale scuola del Prc pone il problema su due piani: «Da un lato c'è un evidente disprezzo del destino di decine e decine di migliaia di persone che non sono lì a pietire un posto ma al contrario spesso lavorano nella scuola da decenni. Sono stati spremuti come limoni e ora rischiano di essere buttati via. In più - sostiene l'ex insegnante - questa operazione viene fatta per ridisegnare una scuola che non ha nulla a che vedere con quella che abbiamo sempre pensato debba essere una scuola di qualità che risponda al mandato costituzionale, accogliente e in cui bambini e bambine, ragazzi e ragazze possano trovare un modo per imparare a costruire il proprio futuro». Ma, come si sa, a questo governo e ai suoi ministri il futuro dell'Italia interessa poco, e le loro priorità, impronunciabili, sono ben altre.
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