La Confindustria, e la Fiat, ne introducono una nuova: chiedono i danni ai lavoratori per uno sciopero che giudicano «pretestuoso». L'incredibile vicenda avviene a Chieti, dove il gruppo torinese ha lo stabilimento Sevel. Per domani la Fiom ha proclamato 9 ore di sciopero, per diversi motivi: perché sono stati chiesti 4 sabati di straordinario senza erogare un euro di premio, e intanto 1500 precari venivano messi alla porta dopo contratti fino a 36 mesi; e poi per la questione, più generale, della disdetta del contratto nazionale del 2008 (l'ultimo unitario) da parte della Federmeccanica.Motivazioni che sembrano abbastanza pesanti, ma che in una lettera recapitata alla Fiom la Confindustria di Chieti definisce «con tutta evidenza pretestuose e comunque tali da dimostrare che non si è in presenza di un corretto esercizio dei diritti sindacali». E così la minaccia, fatta anche a nome di Sevel (e dunque di Fiat): «Qualora lo sciopero non venga revocato - scrive Confindustria - la Sevel si riserva di agire nei vostri confronti per ottenere l'accertamento dell'illegittimità del vostro operato e la condanna dei responsabili al risarcimento danni». Si sia d'accordo o meno con la Confindustria se le ragioni Fiom siano pretestuose o meno - la cosa è ovviamente del tutto opinabile - bisogna notare l'assoluta novità dell'evento: il datore di lavoro giudica se il tuo sciopero sia pretestuoso o meno. E qui quella lettera diventa «dirompente» e in qualche modo inedita nel panorama del lavoro italiano.Tanto che la Fiom vi legge un nuovo attacco alla Costituzione: «Il diritto di sciopero è costituzionalmente riconosciuto, e le motivazioni addotte dalla Fiom a suo fondamento traggono origine da problematiche contrattuali, retributive e occupazionali, e quindi non si comprende ove risieda l'illegittimità dello sciopero proclamato», rispondono a Confindustria i segretari Fiom Marco Di Rocco e Davide Labbrozzi. Intanto il segretario Fiom Maurizio Landini, ieri intervenuto alle assemblee di Melfi, ha ribadito a Fim e Uilm la richiesta di non andare al tavolo con Federmeccanica il 15 settembre, per discutere delle deroghe al contratto nazionale: «Prima di qualsiasi incontro, bisogna chiedere un mandato ai lavoratori, e dunque va fatto un referendum». Ieri gli ha risposto il segretario Fim Cisl Giuseppe Farina, a Radio anch'io: la Fim farà il referendum se prima voi firmate il testo di Pomigliano. Insomma tra Fim, Fiom e Uilm è sempre più guerra, e la disdetta del contratto nazionale del 2008 da parte di Federmeccanica, oltre al licenziamento dei tre lavoratori di Melfi, hanno accresciuto la simpatia per la Fiom, sottraendo consensi alle due «consorelle»: «Alla Sevel, dopo le assemblee - spiega Landini - ci sono state decine di disdette di tessere Fim e Uilm, e molti operai si sono iscritti alla Fiom. Lo stesso sta accadendo a Melfi, mentre a Cassino, dove la Fiom è terzo o quarto sindacato con circa il 15% degli iscritti, è stato bloccato lo stabilimento con uno sciopero. E se la Fiat dichiarava un'adesione al 27%, vuol dire che in realtà siamo almeno al 60-70%». A Melfi ieri la Fiat non si è presentata davanti alla commissione di conciliazione per i tre licenziamenti: «Accade così ormai da 10 anni, non ci stupisce e andiamo avanti», dice il segretario Fiom Emanuele De Nicola. E uno degli avvocati che difende i tre operai, Lina Grosso, annuncia che oltre alla causa per articolo 28 - vinta in prima battuta dalla Fiom e che vedrà la prossima udienza il 6 ottobre - i tre lavoratori faranno ricorso anche individuale, in base all'articolo 18. Inoltre, il 21 settembre si attende l'ordinanza sul decreto di reintegra, dato che la Fiat paga lo stipendio ai tre ma nega l'ingresso nello stabilimento: il sindacato sta tentando in tutti i modi di farli rientrare.
di Antonio Sciotto
su il manifesto del 11/09/2010
su il manifesto del 11/09/2010
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