domenica 5 settembre 2010

L'INIZIO DELLA FINE

È una manovra da mago Houdini e non da Sun Tzu, evidentemente nel cilindro non ha altro. Silvio Berlusconi adesso promette di nominare la settimana prossima il nuovo ministro per lo Sviluppo economico, dopo quattro mesi di inutile interim. Ma è una manovra disperata. E' come se Berlusconi difendesse il suo fortino in pianura e tutti gli sparassero dalle colline intorno. Dal Quirinale il presidente Napolitano, da Seul il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, da Cernobbio l'amministratore delegato di IntesaSanpolo Corrado Passera e il numero due di Confindustria Alberto Bombassei, dal Pdl il «fuoco amico» del senatore Giuseppe Pisanu. Le munizioni cambiano ogni giorno, tanto non mancano: l'assenza di una politica industriale, la vacanza lunga al ministero al posto del defenestrato Cladio Scajola, oggi il «modello tedesco» riproposto da Draghi. Che non è il solito modello renano, ma il modello di crescita della Germania che lascia indietro l'Italia quattro a zero per produttività. Nessuna scoperta, solo che la Germania di Angela Merkel dentro un cannone fa piuttosto rumore. E anche perché è facile sparare sul capo del governo, con la crisi che c'è e con il ministro alla Sviluppo economico che non c'è. Ma appare ancora più facile se Giulio Tremonti, l'ufficiale addetto ai rinforzi, continua a non far nulla. O a obbedir tacendo, benché sul suo nome insistano da destra e da sinistra voci di alto tradimento.E' un fatto la saldatura avvenuta fra il Quirinale e una vasta area centrista e moderata su ciò che tutti chiamano il problema del paese reale, cioè l'economia, mentre Berlusconi insiste sul processo breve, cioè sui suoi problemi personali di immunità. Il ministero senza titolare che si sarebbe dovuto occupare di politica industriale è ora diventato un portone lasciato aperto nel fortino del governo. Il nome del «nominando» a questo punto è quasi ininfluente, considerando che dopo il no pubblico di Emma Marcegaglia in corsa ci potrebbe essere ancora Paolo Romani, un fedelissimo da cui tutto si può ottenere, tranne che sia in grado di fare della politica industriale. E se il il Colle ha già storto il naso al suo nome, sulla prossimo round ieri dentro al Pdl c'era qualcuno pronto a buttarla nuovamente in rissa istituzionale con Napolitano.Draghi, parlando a Seul, ha sottolineato il concetto di competitività perduta dell'Italia rispetto alla Germania, un modo per far cucù a Tremonti (oltre che a Berlusconi). Il governatore e il ministro fanno scintille da almeno due anni, e il coperchio messo una volta dal presidente del consiglio a una sparata di Tremonti («un momento di dialettica») fa ben sperare per l'intervento che il ministro farà domenica a Cernobbio. Dove, per altro, i partecipanti sembrano avere poche idee chiare sulle prospettive dell'economia, preferendo abbracciare al volo la ciambella del modello tedesco fatto di ricerca e innovazione e di Pil in salita, per ricordare al governo che così non va. Per gli industriali e per le banche, innanzitutto, poi per il resto del paese.Un passo più in là lo ha fatto Passera, pure salvatore dell'Alitalia berlusconiana in funzione anti-francese, che da Ferragosto non smette di picchiar duro sul governo. Esaltando il modello tedesco di Draghi, il banchiere ha insistito su quel che in Italia a suo parere non c'è: «Il paese cresce quando funzionano le imprese, quando funzionano il sistema-paese, la giustizia, l'istruzione, quando c'è coesione sociale, dinamismo». E con Draghi si è schierata quasi tutta la platea di Cernobbio, con in cima Bombassei e il presidente della Telecom Galateri.Aspettando Tremonti, la risposta di Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, è stata piuttosto fiacca: ««La Germania è certamente un modello di riferimento, ma l'Italia non si è discostata da essa in alcune politiche riguardanti la ricerca del massimo possibile di coesione sociale». Peggio di lui poteva dire solo il ministro del welfare Maurizio Sacconi, che fa il verso alla nota di Palazzo Chigi con cui nel pomeriggio - dopo l'annuncio della nomina a breve del ministro per lo Sviluppo economico - si rivendicavano le cose fatte in economia, nonostante l'interim: «L'Italia ha fatto molto contro la crisi - sillaba Sacconi - ed è stato il paese più prossimo alla Germania dal punto di vista della disciplina di bilancio».«Temo che con Tremonti si navighi a vista», replica dalla stessa area governativa Pisanu. Che nel fortino è però un altro già sospettato di collusione con il nemico.
Francesco Paternò, Il Manifesto

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