Domani fanno 4 mesi dalle dimissioni di Claudio Scajola - travolto dello scandalo Anemone - da ministro dello sviluppo economico. Da quel 4 maggio il dicastero è passato a interim sotto la guida di Berlusconi. Oddio: «guida» è una parola eccessiva, visto che il presidente del consiglio non fa nulla, anche se da fare ce ne sarebbe tanto, visto che di sviluppo non c'è ombra. E neppure di crescita: perfino l'idolatrato Pil va a rilento (la metà della media europea) e l'Italia - se va bene - tornerà ai livelli pre crisi (e pre Berlusconi) fra 3 o 4 anni. Lo specchio della mancanza di sviluppo è l'incremento della disoccupazione e la discesa dell'occupazione che colpisce soprattutto donne e giovani. Ma Berlusconi è molto impegnato diviso com'è nel cercare di rilanciare il Milan prima di cederlo; discutere con i suoi avvocati e ministri i termini economici del divorzio e i condoni per non essere processato; come far fuori definitivamente Fini, utilizzando «l'olio di ricino e manganelli» della Brambilla.«Serve un ministro? Va bene, allora passo la voce», ha risposto ieri a Mestre, con una battuta, Giorgio Napolitano alla domanda di un giornalista che chiedeva al presidente della repubblica come sia possibile rilanciare lo sviluppo economico (punto centrale dell'intervento ufficiale) senza un vero ministro. In realtà i candidati alla carica non mancano. Berlusconi ne ha uno in mente: un suo ex dipendente che sicuramente non farà torti al cavaliere «favorendo» la concorrenza con la banda larga. Fedele al capo che condottiero di una sua banda. E la concorrenza non gli piace. Ma la mancata nomina di un nuovo ministro è anche una conseguenza della crisi politica del governo; delle pressioni della Lega che, sapendosi essenziale per gli equilibri del Popolo delle libertà, vorrebbe aggiungere una ulteriore pedina alla ragnatela di potere che si sta creando come una talpa. Nasce di qui la richiesta di maggior peso nelle banche; la rivendicazione del vice sindaco (ora) e poi del sindaco di Milano. Risultato: tutto è ingessato in attesa che Berlusconi capisca da che parte soffia il vento. Ovvero, se la rottura con Fini sarà definitiva e se si andrà alle elezioni anticipate che il cavaliere (nonostante la pochezza della sinistra) non è assolutamente sicuro di vincere. Senza contare che Napolitano potrebbe fargli lo «sgambetto» rinviando al parlamento (attuale) la ricerca di una nuova maggioranza.Ieri Eurostat, l'Ufficio statistico della Ue, ha confermato per l'ennesima volta che l'Italia non sta messa meglio degli altri paesi, come Berlusconi, e non solo lui, sostiene. Insomma, Napolitano ha ragione: serve una politica industriale per rilanciare lo sviluppo. Anche se non può essere un ministro da solo a farla. Come dimostrano le storie di capitani d'industria imbarcati nei precedenti governi. La verità è che il «governo del fare» non fa e non sa cosa fare. Salvo una cosa: ripristinare gli incentivi per la rottamazione delle auto perché la famiglia e Marchionne è meglio averli non belligeranti che alleati di Montezemolo, Marcegaglia, Casini e Fini.
Galapagops, Il Manifesto
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