Mentre il governo sprofonda nel suo verminaio e precipita il Paese in una crisi politica e morale senza precedenti; mentre i palazzi del potere trasudano malversazione, corruzione e ruberie; mentre lì si pratica la guerra per bande nel più totale, cinico disinteresse per la vita grama in cui si dibatte gran parte del popolo italiano; mentre i ricchi possono impunemente confiscare risorse che appartengono a tutti i cittadini, accade che il tribunale di Bergamo condanni ad un anno di carcere un marocchino di 52 anni colpevole di avere asportato, senza pagare, quattro mele dal banco di un supermercato.C'è, in questo allucinante affresco dell'Italia contemporanea, tutta l'abnormità dell'ingiustizia, della protervia classista, dell'ottusa cattiveria che prorompe dalle implacabili sanzioni comminate ai poveri diavoli e, per converso, dell'indulgenza generosamente riservata ai prepotenti.Viviamo da tempo, con colpevole assuefazione, rapporti umani e sociali avvelenati dall'individualismo, dalla chiusura nel proprio "particulare", dalla rottura dei legami solidaristici e di prossimità. Si tende così a chiudere gli occhi di fronte a comportamenti che umiliano l'altrui dignità, quando non è in gioco la propria. Senza capire che la campana suona per tutti.Non ci sono né artifizi, né imbrogli, né cortine fumogene che possano nascondere questa tristissima realtà. Di fronte alla quale non basta indignarsi. Ma che occorre voler rovesciare. Come un guanto. Prima di affogarci dentro.
L’Italia è un paese alla rovescia,
quello in cui le spade stanno appese e i foderi combattono
perché l’ignoranza siede sul trono d’oro e gode della schiavitù.
Il paese degli stronzi nel quale
chi fa davvero ricerca viene umiliato dai baroni/massoni
e chi striscia è premiato con avanzamenti di carriera.
Il paese retrogrado in cui i disabili sono considerati
nazisticamente un problema collettivo.
Il paese di Pulcinella, di Pinocchio, di Apicella e di Fisichella.
Il paese che amo (ma anche no), come direbbe qualcuno.
E’ tempo di ribaltare il gioco delle parti, mi sa.
Se non ora, quando? diceva Primo Levi.
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