giovedì 13 marzo 2014

E ora al posto della scheda il gratta e vinci


gratta-e-vinci-ti-piace-vincereIl patto Berlusconi-Renzi sulla legge elet­to­rale resi­ste, anche se ci sono stati 101 fran­chi tira­tori (Sta­volta non tutti del Pd. Nean­che l’altra). Ma resi­ste, senza altret­tanto cla­more, anche il patto Berlusconi-Alfano (Nuovo Cen­tro­de­stra e Forza Ita­lia si sono divisi solo per­ché così pren­dono più voti. Tanto che anche nel Pd c’è chi vor­rebbe divi­dersi in un par­tito di cen­tro e uno di destra), gra­zie al quale tor­nano le con­te­state «can­di­da­ture mul­ti­ple» che con­sen­tono ai diver­sa­mente ber­lu­sco­niani di can­di­darsi in otto col­legi diversi per essere sicuri della rielezione.
Boc­ciate le pri­ma­rie obbli­ga­to­rie per legge, anche dai Cin­que­stelle (Grillo si era già espresso ai tempi delle pri­ma­rie Pd: «Non capi­sco per­ché spen­dere due euro per farsi pren­dere per il culo». Quando ci sono qui io che lo fac­cio gratis).
Boc­ciate le pre­fe­renze per­ché «favo­ri­scono la cor­ru­zione», pure se non è stato eletto con le pre­fe­renze il sena­tore De Gre­go­rio, che ha con­fes­sato ai magi­strati di essere stato pagato da Ber­lu­sconi per silu­rare Prodi (il che dovrebbe bastare a ren­dere Ber­lu­sconi incom­pa­ti­bile con il Pd, che Prodi lo ha silu­rato gratis).
Boc­ciata — con grande scan­dalo del Pd — la parità di genere: anche dai Cin­que­stelle (per loro «Uno vale Una»). Appro­vata la soglia del 37 per cento dei voti per otte­nere il 55 per cento dei seggi (ancora incerti se sosti­tuire diret­ta­mente la scheda elet­to­rale con un gratta e vinci, che secondo il parere dell’ufficio legi­sla­tivo di Forza Ita­lia potrebbe essere meno inco­sti­tu­zio­nale), e quelle per lasciare fuori dal par­la­mento i «pic­coli par­titi» sotto all’8 per cento e le coa­li­zioni sotto al 12 per cento, ossia lasciare fuori dal par­la­mento i pic­coli milioni di elet­tori — tipo il dop­pio di quelli che hanno votato Renzi alle pri­ma­rie — senza che la cosa scan­da­lizzi il Pd, favore alla parità di genere «per garan­tire la rap­pre­sen­tanza» delle donne. Incap­pando in un’altra, vistosa, con­trad­di­zione: giu­sto volere le quote rosa in un paese all’80esimo posto su 135 nella clas­si­fica delle nazioni con meno discri­mi­na­zioni di genere e al 101esimo posto per par­te­ci­pa­zione delle donne alla vita lavo­ra­tiva (ci avvi­ci­niamo allo Yemen: un altro po’ e vin­ciamo il Burqa di legno), ma non ci si può nascon­dere die­tro alla parità al governo (dove le donne sono meno di un terzo, se conti i sot­to­se­gre­tari) se tra que­ste c’è alla Sanità una donna favo­re­vole alla Legge 40 (che poi, se sei con­tra­ria alla fecon­da­zione ete­ro­loga, come puoi essere favo­re­vole alla nascita del governo Pd-Ncd?).
Non bastano le quote rosa in un paese dove — con voto favo­re­vole del Pd — viene appro­vato il con­gedo paren­tale obbli­ga­to­rio come in Sve­zia, solo che lì viene richie­sto ai neo-papà di accu­dire il neo­nato per due mesi, qui per un giorno (di più, pensò Monti, un neo­nato non può restare con lo stesso pan­no­lino). O dove le donne sono costrette agli aborti clan­de­stini per­ché l’80 per cento dei medici, in osse­quio al Vati­cano, sono obiet­tori di coscienza.
For­tuna che que­sto Papa è un rivo­lu­zio­na­rio: il suo con­si­gliere, car­di­nale Wal­ter Kasper, vuole dare l’ostia ai divor­ziati. Già pronto lo slo­gan: «Comu­nione e Liberazione».
FRANCESCA FORNARIO
da il manifesto

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