
Non mi stupiscono tanto gli errori grossolani del premio nobel per la
pace che ha trascinato la Ue nell’organizzazione di un colpo di stato
attuato grazie a milizie nazifasciste, al solo scopo di estendere il
proprio sistema militare, mi stupisce che si dichiari illegale un
referendum popolare, quando la Crimea è formalmente una repubblica
autonoma, ha rifiutato fin dal 1954 la sua aggregazione all’Ucraina
voluta da Kruscev ( vedi nota*) dando vita alle prime manifestazioni
antigovernative dal tempo si Stalin, quando il governo golpista come suo
primo atto ha cancellato i diritti delle minoranze compresa la russa
che è vicinna al 30%,e maggioranza in molte regioni, quando, tanto per
dirne una, l’eurodeputato Charalambos Angurakis, si è fatto portavoce
della volontà della comunità greca in Ucraina, concentrata attorno alla
città di Mariupol di trasferirsi in Crimea per paura dei fascisti di
Kiev. La posizione occidentale è così chiaramente strumentale che di per
sé costituisce un danno e mostra come la parola democrazia sia ormai
niente più che un pretesto, una panacea per qualsiasi avventura, una
abracadabra imperiale.
Il problema però non è constatare come ancora una volta ci troviamo
di fronte a un gioco americano, condotto in questo caso con incredibile
superficialità, sicumera e dilettantismo di intelligence, ma come sia
potuto accadere che la Ue abbia tenuto bordone a questo disegno,
fornendone il pretesto, l’appoggio morale (si fa per dire) e per certi
versi anche la logistica. Chi, quando, dove, con quale mandato ha deciso
che la Ue dovesse cacciarsi in un confronto geopolitico con la Russia
cosa che è intrinsecamente contraria ai propri interessi sia di lungo
che di breve periodo? Per giunta dentro modalità e fini che sono
l’esatto contrario dei presunti valori fondativi dell’Unione? Non mi si
venga a dire che sia stata la baronessa Ashton, commissario agli esteri,
tra una corsa di cavalli e un pic nic. Non è una questione da poco,
perché anche in vista del prossimo trattato transatlantico, destinato a
scardinare definitivamente il modello sociale europeo, occorrerebbe
capire se esiste una differenza apprezzabile tra Ue e Nato o se
Bruxelles, dentro la sua farraginosa governance di cartapesta, adatta
semmai al vecchio Mec, non si sia trasformata in una sorta di appendice
americana destinata a fare non i propri interessi, ma quelli di
Washington.
Quanto sia sensato spingere Russia e Cina ad un’alleanza di necessità
o fare in modo da favorire una maggiore concertazione dei Brics, forse
ce lo potranno spiegare la Ashton o Barroso o il bilderghino Van Rompuy
così appassionato di ornitologia da guardarsi continuamente allo
specchio o uno qualunque di quei cazzi buffi e tristi rimasugli di
politica che costituiscono ufficialmente la governance europea. Ma certo
poi non ci si può lamentare se Ipsos Europa registra che il 68% dei
cittadini è ormai fortemente contrario alle politiche continentali (il
77% in Italia e Olanda, il 75 in Spagna e Francia, il 61 in Germania,
l’80 in Austria). O se in Ucraina la maggior parte della popolazione non
ne può più del filo europeismo con annesso annuncio di massacri sociali
e dei nazi che lo difendono, tanto che le stesse forze di polizia ormai
non fanno più eccessiva resistenza alle manifestazioni anti Kiev.
Parliamo di Ucraina e di Crimea, ma sotto sotto, in altre forme stiamo
parlando di noi.
*L’oblast di Crimea venne trasferito nel 1954 dalla repubblica russa a
quella ucraina per celebrare il 300° anniversario del trattato di
Perejaslav tra i cosacchi ucraini e i russi.
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