giovedì 17 giugno 2010

ANNIVERSARI

82 anni fa,a Rosario in Argentina, nasceva uno dei più grandi rivoluzionari di tutti i tempi. Ernesto Guevara! Di seguito pubblichiamo due lettere del Che.

Lettera alla figlia Hilda (15 Febbraio 1966)
Ti scrivo oggi anche se la lettera ti arriverà parecchio tempo dopo la tua festa; però voglio che tu sappia che mi ricordo di te e spero che tu stia passando molto felicemente il tuo compleanno.
Ormai sei quasi una donna e non ti si può scrivere come ad un bambino raccontandogli sciocchezze o piccole bugie.
Devi sapere che sono ancora lontano e che starò molto tempo separato da te, a fare quel che potrò contro i nostri nemici. Non è che sia una gran cosa però qualcosa faccio, e credo che potrai essere sempre orgogliosa di tuo padre così come io lo sono di te.
Ricordati che ci vorranno ancora molti anni di lotta e anche tu, quando sarai una donna, dovrai fare la tua parte in questa lotta. Nel frattempo bisogna prepararsi, bisogna essere una vera rivoluzionaria, il che alla tua età vuol dire imparare molto, il più possibile, ed essere sempre pronta ad appoggiare le cause giuste. Inoltre obbedisci a tua madre e non credere di aver capito tutto prima del tempo. Verrà il momento per questo.
Devi lottare per essere fra i migliori a scuola. Migliore in ogni senso, e lo sai cosa vuol dire: studio e atteggiamento rivoluzionario e cioè buona condotta, serietà, amore alla rivoluzione, cameratismo, ecc. Io non ero c osì quando avevo la tua età, ma vivevo in una società diversa dove l'uomo era nemico all'uomo.
Ora tu hai il privilegio di vivere in un'altra epoca, un'epoca di cui bisogna esser degni.
Non ti dimenticare di girare ogni tanto per casa per dare un occhio ai fratellini e consigliarli a studiare e a comportarsi bene. Bada soprattutto ad Aleidita che ti sta molto a sentire perché sei la sorella maggiore.
Be', vecchia mia, ti ripeto: spero che tu faccia un bel compleanno. Dai un abbraccio a tua madre e a Gina, e ricevine tu uno grande grande e fortissimo che valga per tutto il tempo che non ci vedremo, dal tuo
Papà


L'ultima lettera del Che a Fidel
Fidel,
in questa ora mi ricordo di molte cose, di quando ti ho conosciuto in casa di Maria Antonia, di quando mi hai proposto di venire, di tutta la tensione dei preparativi.
Un giorno passarono a domandare chi si doveva avvisare in caso di morte, e la possibilità reale del fatto ci colpì tutti. Poi sapemmo che era proprio così, che in una rivoluzione, se è vera, si vince o si muore, e molti compagni sono rimasti lungo il cammino verso la vittoria.
Oggi tutto ha un tono meno drammatico, perché siamo più maturi, ma il fatto si ripete. Sento che ho compiuto la parte del mio dovere che mi legava alla rivoluzione cubana nel suo territorio e mi congedo da te, dai compagni, dal tuo popolo, che ormai è il mio.
Faccio formale rinuncia ai miei incarichi nella direzione del partito, al mio posto di ministro, al mio grado di comandante, alla mia condizione di cubano. Niente di giuridico mi lega a Cuba; solo rapporti di altro tipo che non si possono spezzare come le nomine. Se faccio un bilancio della mia vita, credo di poter dire che ho lavorato con sufficiente rettitudine e abnegazione a consolidare la vittoria della rivoluzione.
Il mio unico errore di una certa gravità è stato quello di non aver avuto fiducia in te fin dai primi momenti della Sierra Maestra e di non aver compreso con sufficiente rapidità le tue qualità di dirigente e di rivoluzionario.
Ho vissuto giorni magnifici e al tuo fianco ho sentito l'orgoglio di appartenere al nostro popolo nei giorni luminosi e tristi della crisi dei Caraibi.
Poche volte uno statista ha brillato di una luce più alta che in quei giorni; mi inorgoglisce anche il pensiero di averti seguito senza esitazioni, identificandomi con la tua maniera di pensare e di vedere e di valutare i pericoli e i princìpi.
Altre sierras nel mondo reclamano il contributo delle mie modeste forze. Io posso fare quello che a te è negato per le responsabilità che hai alla testa di Cuba, ed è arrivata l'ora di separarci.
Lo faccio con un misto di allegria e di dolore; lascio qui gli esseri che amo, e lascio un popolo che mi ha accettato come figlio; tutto ciò rinascerà nel mio spirito; sui nuovi campi di battaglia porterò la fede che mi hai inculcato, lo spirito rivoluzionario del mio popolo, la sensazione di compiere il più sacro dei doveri: lottare contro l'imperialismo dovunque esso sia; questo riconforta e guarisce in abbondanza di qualunque lacerazione.
Ripeto ancora una volta che libero Cuba da qualsiasi responsabilità tranne da quella che emanerà dal suo esempio; se l'ora definitiva arriverà per me sotto un altro cielo, il mio ultimo pensiero sarà per questo popolo e in modo speciale per te; ti ringrazio per i tuoi insegnamenti e per il tuo esempio a cui cercherò di essere fedele fino alle ultime conseguenze delle mie azioni; mi sono sempre identificato con la politica estera della nostra rivoluzione e continuo a farlo; dovunque andrò sentirò la responsabilità di essere un rivoluzionario cubano e come tale agirò; non lascio a mia moglie e ai miei figli niente di materiale, ma questo non è per me ragione di pena: mi rallegro che sia così; non chiedo niente per loro perché lo stato gli darà il necessario per vivere e per educarsi.
Avrei molte cose da dire a te e al nostro popolo, ma sento che le parole non sono necessarie e che non possono esprimere quello che io vorrei dire; non vale la pena di consumare altri fogli.
Fino alla vittoria sempre. Patria o Morte!
Ti abbraccio con grande fervore rivoluzionario

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