“Maxi yacht con la bandiera italiana? Se ne vede uno, ci faccia la foto”, scherza l’esperto dello studio tributario Alfani & Borchi di Empoli. Ma non è lontano dal vero: basta andare nei porticcioli della Liguria per rendersene conto. A Rapallo circa il 30% dei giganti oltre i 24 metri di lunghezza batte bandiera di un paradiso fiscale (soprattutto Cayman, Virgin Island, Guernesey). Nella Marina dell’aeroporto di Genova, attracco nuovo di zecca dedicato ai maxi yacht, siamo all’80%. Fino a dieci anni fa qui si respirava un’aria popolare: la Lega Navale con il bar che vendeva focacce, barche con famiglie vocianti, gli operai che a fine turno pescavano dalla diga del porto. Oggi invece ecco gallerie d’arte e negozi che vendono moschettoni lucidi come gioielli. E a sventolare sui ponti sono le bandiere dei paradisi fiscali. Il motivo è semplice: le tasse spariscono come d’incanto. Addio Iva, tanto per dire. Spremendo il fisco fino all’osso, i “virtuosi” arrivano a scaricare perfino champagne e caviale. Soldi che andrebbero in tasse e che invece finiscono in crociere: secondo le stime mezzo miliardo all’anno.Tutto legale, almeno sulla carta. Basta costituire alle Cayman una società specializzata nell’affitto delle imbarcazioni e poi intestarle lo yacht. Così fanno centinaia di Paperoni italiani. “Se vuole solo la bandiera delle Cayman, bastano 2.000 euro, ma non serve a niente. Meglio costituire una società e poi intestarle la barca. Con 10.000 euro si può fare”, spiegano dallo studio tributario, esperto in pratiche di questo tipo. Il cronista lo ha contattato: “Devo comprare uno yacht di trenta metri e intestarlo a una società delle Cayman”.Niente di illegale, i tributaristi lo chiariscono subito: “Noi ci teniamo a muoverci nella legge”. È responsabilità dell’armatore se poi la barca viene davvero utilizzata per il noleggio o se invece si tratta di un trucco per evadere. È scritto nero su bianco nel codice della Nautica da diporto: le imbarcazioni proprietà di un società di noleggio hanno agevolazioni fiscali su tutto. L’essenziale è creare una società. In Italia o, meglio, in un paradiso fiscale, perché nel nostro Paese la Finanza può andare a rovistare nei conti, mentre quello che succede alle Cayman è un mistero inespugnabile . Fuga alle Cayman, quindi: “Riparo maxi yacht da anni. Sono tutti intestati a società, ne avrò visto al massimo un paio di proprietà di persone fisiche”, sussurra Attilio che passa le giornate sugli yacht.Ormai esiste un prezzario ufficioso per quantificare i vantaggi: “All’acquisto si risparmia l’Iva, 2 milioni ogni 12 (e le navi più grandi arrivano a cento milioni, ndr)”, garantisce Alfani & Borchi. È solo l’inizio: “Ogni anno il risparmio è di almeno 150-200 mila euro”. Che possono salire a mezzo milione per un sessanta metri. “Le spese di manutenzione possono essere scaricate. Ancora: è previsto un bel taglio sui carburanti”. Niente Iva e accisa che affliggono i comuni mortali, un litro di gasolio costa la metà. Che vuol dire una fortuna per bestioni che divorano 120 mila litri. Un pieno da 130 mila euro ne costa 60 mila. Non è finita: “Niente Iva sull’acquisto del posto barca (fino a un milione di euro), agevolazioni sull’assicurazione”.E infine: “I contratti dell’equipaggio sono regolati dalla legge delle Cayman”. Per l’armatore un bel vantaggio, meno per i marinai. Secondo l’Ucina, nel 2009 i cantieri italiani hanno ricevuto 523 ordini per yacht di oltre 24 metri. “La nostra è la prima industria del mondo”, fa notare il ramo di Confindustria che si occupa di nautica. Vero, le agevolazioni fiscali sono nate proprio per sviluppare questa industria. E anche comuni e regioni hanno puntato tutto sull’industria del mare. In Liguria in pochi anni si è arrivati a 29 mila posti barca (uno ogni 47 abitanti), di cui ben 210 per i giganti di oltre 24 metri. Un’industria che garantisce migliaia di posti di lavoro nei cantieri e nell’indotto. Nessuno, però, ha quantificato il rovescio della medaglia, per esempio l’impatto del cemento sulle coste. Ma il nodo è un altro: il denaro sottratto al fisco. Secondo gli esperti della Guardia di Finanza, siamo appunto intorno al mezzo miliardo l’anno.Alfredo, un pensionato che da trent’anni tiene la barca di otto metri alla Lega Navale dell’aeroporto di Genova, storce il naso: “Va bene, la nautica va incentivata. E’ vero anche che i porticcioli adesso sembrano salotti… però a me girano le balle. Con quello che certa gente risparmia per un pieno io mi comprerei la barca nuova. Devo farmi anch’io una società alle Cayman?”, chiede. In teoria potrebbe, in pratica le bandiere dei paradisi fiscali sventolano soltanto sui ponti degli yacht oltre i 15 metri. Tutto legale. Se davvero le imbarcazioni fossero poi affittate. Invece, secondo gli investigatori, le società che realmente svolgono il noleggio sono una minoranza. A Genova la Guardia di Finanza in un anno ha sequestrato tre mega yacht. Ed è solo l’inizio, potrebbe diventare un nuovo caso giudiziario: scafi puliti.
Da il Fatto Quotidiano del 4 giugno
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