giovedì 10 giugno 2010

Documento del Comitato per la Difesa della Costituzione di Firenze

La crisi economico-finanziaria
Lo sconvolgimento economico-finanziario, presentato dalla cultura dominante come una truffa operata da managers di grandi banche che ha finito per colpire la “economia reale”, è solo la nuova manifestazione della crisi generale di un modo di produzione ciclicamente inceppato dalla saturazione di merci, alla quale si è risposto con una forzata espansione del prestito al consumo, ottenuta – qui sta il nuovo - con un’inedita rinuncia alle garanzie ( mutui subprime) che fatalmente ha portato al dissesto creditizio, coinvolgendo in pesanti perdite di valore anche i titoli del debito pubblico degli stati, mandati a picco dalle “borse” - esecutrici dell’indirizzo risultante dalle disposizioni delle Autorità monetarie mondiali ed europee e dalle valutazioni delle agenzie di rating internazionali.


La “manovra”
Gli Stati Uniti, per primi, abbandonano il “liberismo” e salvano il settore automobilistico, nonché alcune grandi banche detentrici, oltre che dei titoli del debito pubblico, dei “fondi” privati che corrispondono la pensione alla maggior parte dei lavoratori in quiescenza. Nel vecchio continente, poiché le manovre speculative sui titoli di stato coinvolgono la moneta comune minacciando la stabilità dell’Unione Europea, i suoi membri “più deboli” - la Grecia per prima, ma anche la Spagna, il Portogallo, l’Italia – vengono costretti a ridurre il proprio debito col taglio massiccio della spesa pubblica che impone al lavoro dipendente ed autonomo ed a tutti i ceti popolari un tenore di vita sensibilmente ridotto, direttamente, col blocco delle retribuzioni e delle pensioni e, indirettamente, col depotenziamento e dequalificazione dei settori pubblici dell’istruzione, della sanità e dell’assistenza sociale. Alla “oggettività” della crisi si risponde così con un politica economico-finanziaria che, rinunciando all’uso della fiscalità per colpire le evasioni, i patrimoni, le rendite finanziarie e le alte retribuzioni, mostra la propria “soggettività” di “classe”, resa ancor più evidente, in Italia, dal controcanto di Confindustria che chiede di rendere permanenti (strutturali) gli effetti antisociali della “manovra, dimenticando contraddittoriamente che la “ripresa” presuppone capacità di “consumo”.

La Costituzione
L’incostituzionalità della “manovra” va denunziata con forza perché la Carta, che ben presente aveva la crisi economica degli anni trenta e tutte sue conseguenti devastazioni – ivi compresa la catastrofe umanitaria rappresentata dalla seconda guerra mondiale –, prescrive non solo l’uso equo e progressivo della fiscalità, ma la programmazione che fronteggi la crisi ciclica indirizzando l’attività economica pubblica e privata verso lo sviluppo sociale e territoriale del paese. In tale prospettiva la Costituzione indica il governo democratico dell’economia che è l’opposto della “governabilità” liberista e monetarista che ha portato alla crisi e che oggi la sta scaricando sui lavoratori, sul ceto medio e su tutto il popolo.

Difendere e rilanciare la democrazia sociale
Davanti a questa “manovra” è urgente allora che tutte le forze democratiche si impegnino a promuovere la mobilitazione unitaria dei lavoratori dipendenti italiani e stranieri, autonomi e pensionati e degli studenti che, essendo ad un tempo gli attori e i destinatari della Costituzione, la difendono e la rilanciano lottando per il posto di lavoro, per giuste retribuzioni, per un sistema fiscale che colpisca gli alti redditi e gli evasori, per la casa, per la scuola, per la difesa della salute e per l’uso sociale dei beni comuni. E la mobilitazione per il rilancio della democrazia sociale iscritta nella Carta sia monito a chi, mentre si avvicina il quarto anniversario del referendum popolare del 2006 che ha rilegittimato la Costituzione, continua a predicare la necessità di un suo “ammodernamento” riduttivo dei poteri del Parlamento e rafforzativo dei poteri del Governo.

Nessun commento:

Posta un commento

Di la tua