sabato 5 giugno 2010

Se pagano anche i ricchi sarà vera equità

Equità è la parola più invocata nel dibattito sulla Manovra, non solo dall’opposizionema anche all’interno del Pdl. Tremonti parla addirittura di Finanziaria etica, mentre i vescovi italiani, l’Istat e la Banca d’Italia di insopportabile dramma dei giovani. Tutti invocano una equità che nella Manovra non c’è, pochi dicono come finanziarla. Certo non spetta all’opposizione dire dove “prendere i soldi” specie dopo che Berlusconi ripete come un Robot che “non mette le mani nelle tasche degli italiani”. Come se tenere fermi per anni gli stipendi milioni di statali, licenziare centinaia di migliaia di precari, tagliare i servizi di Comuni e Regioni, negare una pensione di invalidità ad un giovane tetraplegico con i 4 arti debilitati, che non supera la percentuale di invalidità innalzata all’85%, non significasse “mettere le mani nelle tasche degli italiani”. Tabellini e Provasoli sul Sole 24 ore hanno provato a dare un contributo con proposte concrete: “Un monitoraggio pubblico dei patrimoni per verificarne la compatibilità coi redditi dichiarati”, “ una tassazione differenziata dei redditi immobiliari basata sui valori figurativi anziché su quelli dichiarati, con l’incentivo ad una migliore utilizzazione economica del bene compatibile col sostegno alla prima casa”, “una tassazione uniforme dei redditi immobiliari e finanziari con aliquota unica al 20%”. Non si tratta di tassare i patrimoni dei super ricchi, come pure altri, tra cui la Cgil, hanno proposto, dopo che l’Università di Parma ha calcolato che “per le 640mila famiglie con patrimonio finanziario superiore ai 500mila euro la ricchezza è cresciuta molto anche nel 2009, malgrado la crisi”. Se si considera che la ricchezza immobiliare e finanziaria delle famiglie è di 8.284 miliardi, 6 volte il Pil, che l’Italia è seconda solo al Giappone tra i paesi del G20 per ricchezza privata e che il50% della ricchezza è posseduta dal 10% delle famiglie, 2,4 milioni, si può capire come sia importante monitorare i patrimoni a fini di lotta all’evasione, anche per recuperare ben più degli 8 miliardi previsti dalla Manovra. Poiché l’Italia è un paese per vecchi, con milioni di famiglie in difficoltà, in declino economico prolungato da insopportabile debito pubblico, al di là di provvedimenti-simbolici (riduzione costi della politica, abolizione Enti inutili) pur necessari e di una lotta seria all’evasione fiscale, non sarebbe scandaloso chiamare anche i patrimoni, almeno quelli delle famiglie più ricche, a contribuire con imposta “una tantum”, magari rimborsabile in tempi migliori. La proposta non suonerebbe un ritorno alla “lotta di classe” . Nell’ipotesi di una imposta una tantum dello 0,3% del patrimonio del 10% delle famiglie più ricche si potrebbero ricavare quasi 10 miliardi, con un contributo medio di 4000 euro per famiglia, che non impoverirebbe nessuno.
La «tariffa etnica» Una discriminazione anche tra assicurati
Nel nostro Paese in cui l’uguaglianza tra le persone viene affermata come principio fondamentale della Costituzione, l’elenco di tutte le diseguaglianze di fatto viene aggiornato di continuo, nell’indifferenza quasi generale. L’ultima notizia riguarda alcune compagnie assicurative che chiedono un premio maggiorato ai cittadini stranieri, per la loro sola condizione di stranieri. Se sei uno straniero che vivi e lavori regolarmente in Italia e vuoi diligentemente sottoscrivere un contratto di assicurazione per la tua macchina dovrai pagare un premio più caro di quello applicato agli italiani. Ovviamente non si tratta di stranieri privi del permesso di soggiorno che, per ovvie ragioni, non potrebbero sottoscrivere in Italia nessuna polizza, ma di persone regolarmente residenti in Italia, che lavorano e che dispongono di un’automobile. La diseguaglianza, però, non è uguale per tutti gli stranieri. Anche tra loro viene fatta una distinzione, anzi una discriminazione. Se sei uno svizzero o uno statunitense, infatti, dovrai pagare la cifra che pagano gli italiani, se invece sei uno straniero che proviene da uno dei paesi meno fortunati il tuo conto sarà più salato. Una sorta di “tariffa etnica”, come l’ha definita Vladimiro Polchi sulle colonne della Repubblica, che sembra contraria ai più elementari principi di convivenza e allo stesso art. 43 del Testo Unico sull’immigrazione, che considera discriminatorio “ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione… basata sulla….origine nazionale” e l’imposizione di “condizioni più svantaggiose…ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di appartenente ad una determinata …nazionalità”. Appunto.









di Nicola Cacace, la Repubblica del 05/06/2010

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