Non ricordo se era serenamente dipartito o era stato democraticamente “pensionato”. Certo non c’era stato nulla di violento. È da un pezzo che non sogno più la rivoluzione.
Il nuovo ordine non rifletteva un mutamento radicale. È da un pezzo che non sogno più il socialismo.
Era, l’Italia in cui vivevo, un Paese Normale. I due rami del Parlamento promulgavano discutevano e poi votavano leggi che riguardavano la vita dei cittadini: salari e ammortizzatori sociali, criteri di tassazione progressiva, servizi, beni comuni, difesa dell’ambiente, diritti civili, misure per aiutare i cittadini a superare gli effetti della crisi economica mondiale, regolarizzazione dei lavoratori immigrati.
Destinazione del “tesoretto”, recuperato con la lotta contro crimine organizzato e evasione fiscale, alla cultura, alla scuola e alla ricerca.
Snellimento dei tempi della giustizia nel rispetto del lavoro della Magistratura. Sostegno alle nuove tecniche investigative, allo scopo di ripulire il Paese dalla corruzione ereditata da chi c’era prima.
Ho sognato che a governare l’Italia era stata chiamata una dozzina di professionisti competenti e onesti (mica Che Guevara. È da un pezzo che non sogno più Che Guevara). Chi li criticava era tenuto in grande considerazione, perché le critiche aiutano a migliorare.
Ho sognato che giornali e telegiornali informavano con obbiettività, che i giornalisti non erano schierati da una parte nè dall’altra,che i politici la televisione la guardavano come tutti, non la occupavano come un feudo.
Ho sognato che al Governo nessuno aveva paura delle intercettazioni, ad avere paura erano i criminali. E i criminali nessuno si sarebbe mai sognato di mandarli al Governo.
Mi sono svegliata pensando: che sogno modesto!
Lidia Ravera, L'Unità
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