Mentre Berlusconi e Mrchionne modificano la Costituzione reale del paese, mentre Tremonti prepara una manovra tutta tagli e sacrifici per le masse popolari, il principale partito di opposizione è intento ad un "grande dibattito" politico sul termine "compagno".
Ma può un partito che si definisce democratico bandire la parola compagni? Se siamo arrivati ad uno scontro politico all'interno del Pd per questo futile motivo significa che siamo alla frutta, che non esistono più temi per alimentare un dibattito che colga l'essenza politica della situazione e dei problemi che dobbiamo affrontare, che tanto per indicarne alcuni si chiamano Pomigliano, manovra economica e legge bavaglio.
E non le sue sfaccettature superficiali, anche se quest'ultime rispecchiano un percorso storico degno di rispetto. I giovanissimi del Pd, molti dei quali rampanti e a caccia di poltrone, hanno scritto a Pierluigi Bersani dopo la manifestazione che si è tenuta sabato scorso, ribadendo con estrema criticità che non si riconoscono nella parola "compagni", ma anche nelle feste dell'Unità, forse ormai passate fuori moda. Ma non solo. Minacciano addirittura di andarsene. Incredibile ma vero quanto peso possano avere le parole al di fuori dei concetti che esprimevano in passato. Insomma la parola "compagni" infastidisce, intimorisce e imbarazza. Eppure nessuno è obbligato ad usarla, magari solo a riconoscerla per quello che ha rappresentato nel movimento storico della sinistra, dal quale volente o nolente nasce anche il Partito Democratico. D'altra parte a cosa serve bandire le parole, visto che queste si annullano o si rafforzano oppure se ne creano improvvisamente delle nuove nella stessa misura in cui si evolve la società. Perché sindacare sulle parole invece che sui concetti politici?
Non fu lo stesso Walter Veltroni a dichiarare che "Si poteva stare nel Pci senza essere comunisti". Ci provarono anche all'interno dei Ds a criticare questo modo di chiamarsi tra militanti, ma alla fine vinse il buon senso. Ognuno per sentirsi a casa propria deve essere libero di esprimersi, altrimenti perché chiamarsi Partito Democratico. La parola compagni, termine diffuso durante la rivoluzione francese, oggi significa, amico, collega, o anche alleato. E se un militante lo usa ancora perché vietarlo, perché distruggere una parola che racchiude una storia che ancora oggi esprime un significato. La usano anche i radicali, nella quale molti si riconoscono. E' indubbio che sotto a questa critica c'è ben altro, non è solo l'espressione di un dissenso formale, bensì l'attacco preciso ad una linea che sta spostando il Partito Democratico un po' più a sinistra. Quel che basta per far scatenare la paura di ammettere quanto ci sia ancora bisogno di sinistra.
E non le sue sfaccettature superficiali, anche se quest'ultime rispecchiano un percorso storico degno di rispetto. I giovanissimi del Pd, molti dei quali rampanti e a caccia di poltrone, hanno scritto a Pierluigi Bersani dopo la manifestazione che si è tenuta sabato scorso, ribadendo con estrema criticità che non si riconoscono nella parola "compagni", ma anche nelle feste dell'Unità, forse ormai passate fuori moda. Ma non solo. Minacciano addirittura di andarsene. Incredibile ma vero quanto peso possano avere le parole al di fuori dei concetti che esprimevano in passato. Insomma la parola "compagni" infastidisce, intimorisce e imbarazza. Eppure nessuno è obbligato ad usarla, magari solo a riconoscerla per quello che ha rappresentato nel movimento storico della sinistra, dal quale volente o nolente nasce anche il Partito Democratico. D'altra parte a cosa serve bandire le parole, visto che queste si annullano o si rafforzano oppure se ne creano improvvisamente delle nuove nella stessa misura in cui si evolve la società. Perché sindacare sulle parole invece che sui concetti politici?
Non fu lo stesso Walter Veltroni a dichiarare che "Si poteva stare nel Pci senza essere comunisti". Ci provarono anche all'interno dei Ds a criticare questo modo di chiamarsi tra militanti, ma alla fine vinse il buon senso. Ognuno per sentirsi a casa propria deve essere libero di esprimersi, altrimenti perché chiamarsi Partito Democratico. La parola compagni, termine diffuso durante la rivoluzione francese, oggi significa, amico, collega, o anche alleato. E se un militante lo usa ancora perché vietarlo, perché distruggere una parola che racchiude una storia che ancora oggi esprime un significato. La usano anche i radicali, nella quale molti si riconoscono. E' indubbio che sotto a questa critica c'è ben altro, non è solo l'espressione di un dissenso formale, bensì l'attacco preciso ad una linea che sta spostando il Partito Democratico un po' più a sinistra. Quel che basta per far scatenare la paura di ammettere quanto ci sia ancora bisogno di sinistra.
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