Trovo molto interessante l’articolo di Marco Bersani di Attac Disobbedire alla Troika nei comuni? la cui analisi è largamente condivisibile ma certamente da articolare.
Così come interessante è il punto di vista di Francesco Piobbichi Disobbedire alla Troika nei comuni. Io ci sto.
I contenuti esposti ci interrogano su due punti fondamentali pensando
anche alle tante elezioni locali che caratterizzeranno l’anno 2014.
1) Il destino degli enti locali nella condizione data
2) Il che fare per invertire la tendenza
1) Sul primo punto, l’analisi di Bersani è completa, specie dove che
indica gli enti locali come i prossimi bersagli della speculazione in
cerca di “nuovi e facili asset su cui investire”. Ragionamento coerente
anche sulla parte relativa alla vera ragione della “furbesca campagna
contro la casta” e relativa riduzione della rappresentanza nelle
istituzioni locali. Questultimo punto meriterebbe un approfondimento
perchè vi è stato nell’ultimo decennio uno “sfondamento culturale”
sopratutto nell’area di sinistra, che un certo “lessico” di
pseudo-sinistra continua irresponsabilemente ad alimentare. Secondo
l’analisi di Bersani dunque, il destino degli enti locali stante la
condizione, è ragionevolmente dato: dovranno a torto o a ragione
privatizzare se vorranno mantenere un minimo di sostegno sociale e di
servizi alla cittadinanza.E’ un destino a cui ribellarci.
Il processo di spogliazione è certamente in corso e forte sono le
spinte a “ridurre il danno”, facendo quadrare i conti con svendite più o
meno mascherate. Ma queste “svendite” trovano oggi degli impedimenti
paradossali indotti dallo stesso mercato: non esiste la liquidità
monetaria necessaria e quindi soggetti economici interessati affinche si
avvi un processo generalizzato. Parzialmente diversa è la situazione
nelle grandi aree metroplitane dove gli appettiti sono superiori e anche
i soggetti economici, ma anche qui si assiste al problema dei problemi
“non c’è la liquidità”. In generale per far fronte a questo
“paradossale” inconveniente interverrà probabilmente la “Cassa Depositi e
Prestiti” operando con le dovute strutture finanziarie, ma certamente
principalmente su quello che è veramente interessante sotto il profilo
speculativo: le commodity che generano denaro cash come acqua, gas, luce
e rifiuti.
Quindi cosa possono fare i sindaci e le maggioranze che decideranno
di non accettare la logica del ricatto? Potranno rifutarsi, disobbedire,
non apllicare il patto di stabilità? Se non vogliamo qui dare una
risposta facile e quindi propogandistica ad un tema difficile dobbiamo
provare a fare una riflessione ulteriore.
Partiamo da una domanda? Siamo così certi che basta una proposta di
disobbedienza e quindi di “salviamo il soldato Raian Ente Locale”? Per
innescare un processo di alternativa? Io penso che questo sia tutto
sommato il portato del “pensiero debole” dominante nell’ultimo
ventennio, che non fa per nulla i conti con uno scenario che la crisi
economica ha determinato: ciò che cera prima non si potrà ricostruire
come prima. Questo vale per tutto, società , economia e anche
inevitabilmente per le strutture statuali di cui gli Enti Locali sono
una parte.
Non penso sia più immaginabile lo scenario dei “mille comuni”, con
società proprie, con strutture autonome, con i mille e una lobby locale,
con strutture farraginose e decotte, con poteri localissimi della
reddita che condizionano lo sviluppo, con PGT irrispettosi dei comuni
limitrofi.
Pensiamo per esempio sia possibile nell’era della digitalizzazione
spinta, immaginarci 10, 100, 1000 strutture amministrative, 10, 100,
1000 centri di servizio per lo più parassitari, che non possono più
erogare servizi decorosi ai cittadini? Pensiamo per altro sia possibile
che comuni distanti 1 km possano avere la loro società dei rifiuti e dei
trasporti? Non penso che su questo “ritorno al futuro” possa reggersi
una proposta di sinistra che punti a rompere il modelo di sviluppo
imposto. Non è quindi la difesa in sè che interessa la sinistra di
classe. E’ una condizione ma neanche la più importante, perchè a noi
deve interessare lo “scardinare” l’esistente, non difenderlo a
“prescindere”, perchè che lo si voglia o nò, ciò che c’è oggi è già
“morto”.
Penso invece che una proposta che si basi su una proposta nuova di
“Comune Solidale e partecipato” debba guardare sopratutto al futuro.
Avere il coraggio di immaginare “solidarietà” tra territori, con patti e
integrazione di servizi sovracomunali, con banda digitale gratuita che
sostituisca il vecchio e logoro sistema di erogazione amministrativa dei
servizi, con strutture di servizi sovra comunali in grado di erogare
maggiore e non minore servizio.
In sostanza il “Comune solidale” per essere riconosciuto dai propri
cittadini dovrà avere un tasso di innovazione e cambiamento
straordinario. Quindi per “rompere la gabbia del debito” a cui i comuni
sono legati, oltre alla disobbedienza (sempre praticabile) c’è anche
quella del “Comune solidale” che propone unità, integrazione,
ottimizzazione delle risorse, riduzione degli sprechi, con i 10, 100,
1000 comuni vicini. Questa è la vera sfida e la richiesta da fare ai
sindaci che vogliono l’alternativa.
2) Che fare per invertire la tendenza? La proposta della sinistra che
vuole rompere gli schemi del modello di sviluppo imposto, del debito
imposto, non può limitarsi al NO alla Troika e alla “disobbedienza”. La
sinistra di classe che dobbiamo avere la forza di costruire a partire
dagli Enti Locali, è una sinistra che propone un nuovo modello di
sviluppo solidale alternativo all’esistente, non utopico ma
immeditamente spendibile, un modello efficiente e non parassitario e
quindi “riconosciuto” dalle larghe masse. Si tratta di uscire dalla
gabbia per cui per esempio, la mia diversità dal PD locale è che lui
vuole privatizzare e io no, o che lui vuole costruire e io no, io voglio
più verde lui no. Un terreno sovrastrutturale importante ma debole. Su
questo terreno la sinistra di classe perde e diventa minoritaria perchè
il cinico realismo del popolo (ancora più cinico con la crisi e con la
mancanza di alcuna coscienza), produce il corto circuito mentale
conservatore “meglio così finchè và”. Oppure come molte esperienze
locali hanno insegnato si è utili e ricercati nello scenario del
sociale, ma rifiutati e respinti nel momento della politica e delle
elezioni. Il motivo di tutto è semplice e drammatico nel contempo.
Semplice perchè a livello di massa è conosciuto un solo “modello di vita
possibile” e non ne è conosciuto altro, drammatico perchè così facendo
ci si condanna automaticamente alla giustificazione di tutto in nome
della salvezza del sistema. La Grecia insegna.
E’ giunto il momento che la sinistra di classe, solidale e
alternativa, si candidi al governo del territorio con un suo modello di
sviluppo, con una sua proposta di organizzazione funzionale dei servizi,
con una sua proposta di futuro possibile, con una sua innovativa
proposta di anti parassitismo. E’ questo il momento della svolta della
sinistra di classe, che rompendo gli schemi rompe anche la vecchia
concezione delle alleanze, che non possono più essere concepite come
dato a sè, ma solo funzionali tatticamente all’avanzamento della “tua
proposta” di cambiamento e di rivoluzione civile.
Dobbiamo sforzarci di creare questo nuovo modello di sviluppo e su
questo tessere le mille alleanze sociali, culturali e personali, che
solo la sinistra sa costruire. Tessere un solidarismo di competenze ed
energie in grado di immaginare un’altro mondo possibile, che come diceva
il vecchio Gramsci inevitabilmente è una parte del vecchio che muore e
del nuovo che nasce. Quindi ritornando agli stimoli dell’analisi di
Bersani, possiamo disobbedire alla Troika? Si, ma praticandolo
costruendo una nuova soggettività politica che crea l’alternativa oggi
qui e subito e che non si limita a contestare l’esistente.
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