Continuano gli appuntamenti sul territorio di Umbria Terra Sociale
la rete di movimenti, cittadini e associazioni per promuovere forme di gestione sociale dell'agricoltura.
Da un laboratorio pubblico autoconvocato di progettazione partecipata, la costrizione di un nuovo modello agricolo e di un nuovo welfare per l'Umbria.
Sulla terra non si produce solo cibo, ma si protegge e si rielabora il paesaggio, si cura il suolo, si alimenta la biodiversità, si combattono i cambiamento climatici. Al tempo stesso si conserva la salubrità dell’aria e dell’acqua, si organizzano nuove modalità di turismo leggero e di fruizione del tempo libero, si riscoprano saperi di cultura enogastronomica e saperi manuali in via di estinzione, si riattivano forme cooperative di lavoro e di condivisione, ci si prende cura delle disabilità, si sperimentano forme innovative di apprendimento, si costruisce lavoro e nuove economie solidali per affrontare la crisi.
Sono questi i temi di cui la Rete Umbria Terra Sociale, un laboratorio pubblico di progettazione partecipata costituito da associazioni come Legambiente, Slow Food e Commercio Equo, Gruppi di acquisto solidale e biologici, piccoli agricoltori e contadini del Movimento Genuino Clandestino e cittadini, sta discutendo in appuntamenti che si stanno tenendo su tutto il territorio regionale.
Dopo quello a Panta Rei, il Centro di Centro di esperienze per l’educazione allo sviluppo sostenibile che si trova sulle colline di Passignano sul Trasimeno e quello che si è tenuto ad Umbertide presso il Parco Ranieri, la rete ha fatto tappa qualche giorno fa a Spoleto presso la Biblioteca Montagne di Libri gestita da Legambiente Spoleto.
“La nostra riflessione – spiega Sanni Mezzasoma, direttore di Panta Rei – parte dalla costatazione che la crisi non produce solo disoccupazione, impoverimento delle fasce deboli e tagli allo stato sociale, ma anche mancanza di percorsi reali di reinserimento professionale e formazione di chi ha perso il lavoro. Molte proprietà pubbliche sono abbandonate, inutilmente esterne ai processi di produzione, sono terreni agricoli, boschi, casali. Crediamo che queste cose debbano essere messe insieme, invece di privatizzare ulteriormente le campagne producendo latifondi attraverso la svendita a privati, le terre demaniali possono essere messe a disposizione per il reinserimento dei sottooccupati e per finalità sociale. Un patrimonio pubblico che sia di pubblica utilità. Si tratta di mettere insieme mondo agricolo, ambientalismo, sociale e per certi versi anche turismo e cultura. In prima battuta queste terre dovrebbero andare a disoccupati che si mettono insieme per coltivare terre demaniali spesso incolte e che sviluppino progetti di utilità sociale, utilizzando i casali sfitti, conservando e manutenendo un patrimonio a rischio d'abbandono, riqualificandolo e garantendo quel presidio indispensabile a contenere catastrofi naturali (altro effetto della crisi è il taglio di fondi per la manutenzione del territorio) e a rimettere a reddito le terre incolte e abbandonate.”
“Poi occorre anche affrontare il tema della semplificazione amministrativa e sanitaria per le piccole produzioni agricole – continua Sanni Mezzasoma – Le piccole imprese agricole sono il cuore dell'agricoltura italiana di qualità e anche in Umbria ci sono tanti piccoli e piccolissimi produttori e trasformatori che riforniscono soprattutto mercati e gruppi di acquisto. La difficoltà di accesso al credito e gli alti costi della terra, delle attrezzature e delle colture precludono spesso la possibilità di avviare un'azienda agricola o d'ingrandirla, rendendo difficile tutte le fasi produttive, quasi impossibile la trasformazione dei beni e la loro commercializzazione. Se da una parte le norme legittimamente tengono conto di esigenze sanitarie, dall’altro non hanno elasticità applicativa, come prevedono le direttive europee”.
I dati dell'Umbria sono allarmanti per quanto riguarda la perdita di posti di lavoro, ma anche perdita di servizi sociali e sanitari. Quello che una volta era il modello di "sviluppo" e di welfare dell'Umbria si è fermato, e in questo momento non ci sono i presupposti per una sua ripartenza. Emblematico anche quello che sta succedendo in agricoltura: una popolazione di imprenditori agricoli sempre più anziana, un numero sempre minore di imprese agricole e una difficoltà di accesso alla terra.
“L'agricoltura oggi in questa situazione di profonda crisi economica e sociale – interviene Alessandra Paciotto, presidente di Legambiente Umbria - può essere il più importante alleato per le attuali sfide ambientali e sociali e per lo sviluppo dell’economia verde. C'è bisogno di una nuova agricoltura ‘multifunzionale’ capace di garantisce cibo buono e salute, tutela delle risorse naturali e della varietà genetica, tutela dei saperi, ospitalità, bellezza del paesaggio ma anche di costruire una nuova economia solidale, in grado di erogare e mantenere servizi sociali, educativi e formativi anche nelle aree rurali marginali. Un'agricoltura basata sul rispetto delle regole, dei diritti del lavoro, capace di accogliere la presenza sul nostro territorio di lavoratori stranieri come un’opportunità di civiltà e di crescita, rigettando qualunque infiltrazione dell’illegalità e delle forme di sfruttamento schiavistico”.
“Il disegno di legge presentato dal Consigliere Dottorini, Disposizioni per favorire l’accesso dei giovani all’agricoltura e contenere il consumo di suoli agricoli - conclude Alessandra Paciotto – è sicuramente utile per accelerare il dibattito sul tema dell'accesso alla terra e sull'uso delle terre demaniali, ma sarebbe un grave errore non cogliere le opportunità di rispondere ai bisogni diffusi di giovani, lavoratori, cittadini e piccole aziende agricole, contribuendo a costruire un nuovo welfare e un nuovo modello agricolo per l'Umbria”.
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