Per nascondere il suo fallimento, il presidente del consiglio
sposa la dottrina Picierno. La studiosa dei consumi voluttuari,
aveva scoperto, con teoremi ad elevata sofisticazione matematica
che, con 80 euro, una famiglia naviga nel lusso per almeno 15 giorni.
E, ben prima di Renzi, aveva gettato fango sulla Cgil. Ora, il
segretario di un partito coinvolto fino al collo con i guai di mafia
capitale, con le primarie liguri che narrano di un tariffario per
recarsi ai gazebo, con iscrizioni false e con il Pd della capitale
sotto commissario, accusa i sindacati di avere più tessere
che idee.
Si tratta di colpi di fumo per coprire
il disastro del governo. Dopo la chiacchiera, vengono i fatti
a confutare la favola bella della comunicazione che raccontava di
miracoli a colpi di tweet. Le cifre smontano l’effetto
narcotizzante dei media e parlano di un sottosviluppo
permanente per il sud. Di intere generazioni perdute. Di lavoro che
non c’è. Di grandi città del silenzio e di giunte del malaffare.
Il fiasco colossale del governo non
può essere occultato con il ronzio della narrazione che promette
nuovi fantastici tagli di tasse. La corte dei conti ha appena svelato
che il trucco di Renzi è semplice: il governo taglia le imposte per
farsi bello e poi i comuni sono costretti a spremere la capacità
fiscale dei territori. In tre anni la tassazione locale è cresciuta
del 22 per cento.
Stretto nella morsa del disastro
annunciato, Renzi cerca di sopravvivere inventando nemici, utili per
conservare il sostegno dei poteri influenti. A suggerire al
premier cattivi pensieri non è certo la minoranza Pd.
Con i suoi piccoli graffi, la minoranza è molto utile al gioco del partito della nazione. Proprio i suoi colpi sparati a salve, confermano che nel Pd ci può stare di tutto. Il Pd è governo e opposizione al tempo stesso.
E proprio questo balletto ostacola la costruzione di un’alternativa politica, che è un bene per il sistema.
La trasparenza del conflitto governo-opposizione viene ostacolata dai distinguo infiniti della minoranza, che con affondi privi di conseguenze aggrava il malessere del quadro politico.
Con i suoi piccoli graffi, la minoranza è molto utile al gioco del partito della nazione. Proprio i suoi colpi sparati a salve, confermano che nel Pd ci può stare di tutto. Il Pd è governo e opposizione al tempo stesso.
E proprio questo balletto ostacola la costruzione di un’alternativa politica, che è un bene per il sistema.
La trasparenza del conflitto governo-opposizione viene ostacolata dai distinguo infiniti della minoranza, che con affondi privi di conseguenze aggrava il malessere del quadro politico.
Se Renzi è un male assoluto con le sue
politiche costituzionali, con le sue scelte sulla scuola, il
lavoro, la sanità, l’informazione, la giustizia, accennare ogni volta
a un dissenso riassorbibile significa aiutarlo a coprire l’intero
spazio politico. Il partito della nazione non è uno spettro
indefinito, è quella pratica informe che esiste già e che vede sotto
lo stesso tetto convivere idee in apparenza inconciliabili.
Per cogliere il destino di Renzi non
è nel conflitto interno al suo partito che occorre guardare. Un
leader che ha conquistato lo scettro grazie al soccorso di potenze
esterne, può essere disarcionato solo dallo sgretolamento delle
centrali economico-mediatiche che l’hanno foraggiato. Per tenere il
nulla osta di quel mondo Renzi aggredisce il sindacato. Cosa si
muove nei piani alti del potere? Si nota Squinzi che esulta per i tagli
alla sanità pubblica e che quindi brinda per il lucro che si prospetta
per le imprese private di assicurazione. E però qualche timido
segnale di insofferenza si coglie.
Sul Corriere della Sera il giurista
Sabino Cassese paragona il guascone Renzi a un attore comico
francese, Jacques Tati. Più che il cineasta d’oltralpe, che
recuperava il cinema muto di Keaton e non sprigionava un tratto
verbale ossessivo, è l’atmosfera di una certa Toscana minore che
riecheggia in Renzi. Il premier è un misto tra la comicità pop,
senza acuti e nessi creativi pungenti, di Panariello e il gusto
infinito per il gioco, per il rischio, per l’azzardo di Pupo.
Ma, a parte le ricadute estetiche
dell’accostamento del presidente del consiglio a un comico, il
problema che Cassese segnala potrebbe spingere una parte delle élite
a tentare di sostituire l’esuberanza del comunicatore con la
sobrietà di uno statista.
La riproposizione di un pendolo antico tra il tecnico e il comico non pare però avere molte chance. E poi Renzi è di sicuro un comico, come indica Cassese, ma con un programma che è simile a quello dei tecnici. Per questo è da escludere una sua rimozione ordinata dalle cancellerie europee e ratificata dai vertici delle istituzioni italiane.
La riproposizione di un pendolo antico tra il tecnico e il comico non pare però avere molte chance. E poi Renzi è di sicuro un comico, come indica Cassese, ma con un programma che è simile a quello dei tecnici. Per questo è da escludere una sua rimozione ordinata dalle cancellerie europee e ratificata dai vertici delle istituzioni italiane.
Un capitalismo italiano ancora più
debole, con i suoi beni scarsi messi in vendita, accresce gli
appetiti di appropriazione coltivati dai mercati
internazionali. A certe aree speculative e imprese corsare, un
sistema economico in affanno stuzzica mire espansive, perché il
declino consente di controllare i residui pezzi pregiati del made
in Italy con un tariffario di acquisizione molto a buon mercato.
La deposizione di Renzi, in questo scenario, non pare propedeutica al ritorno in cattedra di personalità delle aree tecniche, di spezzoni responsabili delle istituzioni. Lo spegnimento del renzismo può coincidere solo con l’autodissoluzione di una maggioranza imbelle dinanzi alla crisi che si approfondisce e spaventa la coalizione sociale di supporto.
La deposizione di Renzi, in questo scenario, non pare propedeutica al ritorno in cattedra di personalità delle aree tecniche, di spezzoni responsabili delle istituzioni. Lo spegnimento del renzismo può coincidere solo con l’autodissoluzione di una maggioranza imbelle dinanzi alla crisi che si approfondisce e spaventa la coalizione sociale di supporto.
Per questo Renzi attacca il sindacato
che gli ricorda i dati impietosi sulla disoccupazione di lungo
termine. Costruisce un nemico e spera che i signori dei media, del
denaro, della finanza sappiano distinguere i loro complici nelle
istituzioni, ed essere loro grati. All’impresa del resto il governo ha
tagliato di ben 10 punti le tasse sui profitti, e inoltre ha
destinato ad essa decontribuzioni ghiotte in caso di assunzione
a tempo indeterminato (almeno triennale).
E però Renzi non si sente tranquillo
giocando a biliardino. Avverte che il disagio sociale potrebbe
costruire dal basso delle alternative politiche imprevedibili,
capaci anche di espugnare le fortezze edificate per lui da media
e capitale.
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