sabato 8 agosto 2015

La "sinistra di governo", una via senza sbocco di Fausto Bertinotti

Il vuoto dram­ma­tico lasciato dalle sini­stre in Europa sug­ge­ri­sce di guar­dare ad ogni ten­ta­tivo di rico­struirne una con atten­zione e cura. In Ita­lia in par­ti­co­lare un atteg­gia­mento diverso sarebbe inge­ne­roso e del resto non si vede chi se lo potrebbe per­met­tere. La trama di temi che, accom­pa­gnando il nuovo ten­ta­tivo che si annun­cia, Norma Ran­geri ha indi­cato, costi­tui­sce un campo di ricerca assai impe­gna­tivo e in ogni caso ine­lu­di­bile. Ma, come si sa, il dub­bio accom­pa­gna ogni fede profonda.
Il grande navi­ga­tore ha sin­te­tiz­zato la sua impresa con il famoso «buscar el levante por el poniente». Ma s’è trat­tato di un’impresa così ecce­zio­nale da non essere ripetuta.
Se l’obiettivo della rico­stru­zione di un sog­getto poli­tico della sini­stra capace di essere pro­ta­go­ni­sta della vita del Paese venisse per­se­guito per que­sta via, dubito che rag­giun­ge­rebbe la meta.
La poli­tica isti­tu­zio­nale non è mai stata così scre­di­tata. Mai è stato così grande lo iato tra il popolo e le isti­tu­zioni, tra il popolo e i par­titi. Mai così deva­stato è stato il campo della sini­stra poli­tica. Dopo il fal­li­mento del comu­ni­smo nelle società postri­vo­lu­zio­na­rie e dopo la scon­fitta sto­rica del movi­mento ope­raio in Occi­dente, una rivo­lu­zione capi­ta­li­stica ha instau­rato in Europa un nuovo ordine sulle mace­rie del com­pro­messo demo­cra­tico con­qui­stato dalla lotta di classe in seguito alla vit­to­ria con­tro il nazifascismo.
Il capi­ta­li­smo finan­zia­rio glo­bale ha ricon­qui­stato una voca­zione tota­li­ta­ria e rivela ogni giorno la sua incom­pa­ti­bi­lità con la demo­cra­zia, con i diritti dei lavo­ra­tori e della per­sona, fino a pro­porsi l’ambizione della crea­zione di una nuova antro­po­lo­gia: l’uomo della con­cor­renza e della com­pe­ti­ti­vità. Emerge qui subito una domanda capi­tale: la sog­get­ti­vità poli­tica di cui c’è biso­gno deve porsi il pro­blema della libe­ra­zione del lavoro e della per­sona con­tro il nuovo capi­tale, riac­chiap­pando il filo per­duto dei «vinti giu­sti» del Nove­cento? E se sì, come?
Sento tutta l’immensità del pro­blema, ma penso che senza por­selo non ci sia né sal­vezza né resur­re­zione per la sini­stra in Europa.
 
L’Europa in cui viviamo ha tra­dito tutte le sue pro­messe. Oggi l’Europa reale è oli­gar­chica e fon­data sulla disu­gua­glianza. Le poli­ti­che di auste­rità non sono il frutto sol­tanto di una mio­pia delle classe diri­genti, bensì sono la loro riforma strut­tu­rale per­ma­nente. La costru­zione euro­pea è espo­sta all’instabilità e alla crisi, che sono pro­vo­cate sia da fat­tori esterni (gli scon­vol­gi­menti geo­po­li­tici nel mondo, i germi della terza guerra mon­diale) che da fat­tori interni (le con­trad­di­zioni sociali, quelle tra le diverse aree eco­no­mi­che e l’incertezza sulla sorte del dol­laro), ma anche da fat­tori che potremmo chia­mare «esterni-interni» (l’epocale pro­blema dell’immigrazione).
L’instabilità è costan­te­mente bloc­cata dal sistema politico-istituzionale pro­dotto dalla costi­tu­zione mate­riale affer­ma­tasi in que­sto ultimo quarto di secolo. In essa la demo­cra­zia e la sovra­nità popo­lare sono state sosti­tuite da un sistema fun­zio­na­li­stico che nega l’esistenza di ogni alter­na­tiva alle scelte del governo e che legge il con­flitto sociale come una patologia.
Le isti­tu­zioni, i par­titi, le rap­pre­sen­tanze sociali sono sus­sunti a que­sto sistema in cui la sta­tua­lità è pro­dut­trice dell’ideologia domi­nante e il con­certo dei suoi governi è il luogo della deci­sione politica.
La rina­scita di una forza di sini­stra deve allora essere pen­sata in que­sto qua­dro tutt’affatto nuovo, non potendo più darsi il com­pito di tra­ghet­tare al di qua della linea di con­fine ciò che resi­ste del lungo dopo­guerra e che è ormai quasi niente. Il che vuol dire, secondo me, cam­biare pro­prio il para­digma dell’agire poli­tico.
Ieri, per i rivo­lu­zio­nari come per i rifor­mi­sti, que­sto para­digma era ispi­rato dalla rifor­ma­bi­lità del sistema, arri­vando finan­che a pen­sare una pos­si­bile fuoriuscita.
Oggi, al con­tra­rio, deve essere illu­mi­nato dalla con­sa­pe­vo­lezza dell’irriformabilità del sistema dal suo interno.
Ma allora il tema della sog­get­ti­vità cri­tica, della forza neces­sa­ria per con­qui­stare il sod­di­sfa­ci­mento di biso­gni e desi­deri, diventa quello della rot­tura e del pro­dursi dell’evento.
C’è del resto ormai un’intera let­te­ra­tura poli­tica che è cre­sciuta su que­sti temi e che costi­tui­sce un’utile base per lo svi­luppo di que­sta ricerca. Il tema è la con­qui­sta delle demo­cra­zia, della costru­zione di quella che un tempo si è chia­mata «la demo­cra­zia piena». Se le cose stanno così, una via senza sbocco è quella della «sini­stra di governo». Quando è imma­turo, il tema del governo per la sini­stra diventa tossico.
Oggi in tutta Europa si vota per sce­gliere il governo, non più per sce­glierne le poli­ti­che che per l’essenziale sono pre-ordinate e garan­tite dall’oligarchia dominante.
Di fronte all’impossibilità che si deter­mina di gover­nare con il con­senso le poli­ti­che di auste­rità, il sistema vi sup­pli­sce con l’adozione di sistemi elet­to­rali che con­sen­tono di gover­nare anche in mino­ranza. I par­titi, quando pure si pre­sen­tino diversi in cam­pa­gna elet­to­rale, una volta andati al governo si omo­lo­gano sul fronte della gover­na­bi­lità. Cla­mo­roso il caso di Hol­lande in Fran­cia. Se si dà un’eccezione (come accade con la Gre­cia, dove nasce, vive e vince una nuova forza poli­tica di sini­stra radi­cale e mag­gio­ri­ta­ria, men­tre crolla il sistema pre­ce­dente fon­dato sull’alternanza), allora sarà il vin­colo esterno, cioè l’Europa reale, a impe­dirle l’uscita dal modello eco­no­mico, sociale e isti­tu­zio­nale dominante.
Di nuovo si ritorna alla que­stione cru­ciale, che è quella dei rap­porti sociali, dei rap­porti di forza tra le classi, dei rap­porti tra i popoli e le classi diri­genti in tutta la realtà euro­pea. La scom­parsa della con­tesa poli­tica tra destra e sini­stra (per ina­bis­sa­mento della sini­stra), ha pola­riz­zato il con­flitto tra il basso e l’alto della società.
La cinica rivin­cita delle élite, il rove­scia­mento del con­flitto di classe e la muta­zione gene­tica dei par­titi della sini­stra l’hanno pro­mossa e ali­men­tata. Ora è impos­si­bile sal­tare il pro­blema. Ciò che viene chia­mato «popu­li­smo» in Europa dà luogo a for­ma­zioni poli­ti­che dai pro­fili molto dif­fe­renti tra di loro, ed è una realtà di massa. L’attraversamento di que­sto feno­meno è diven­tato un banco di prova ine­lu­di­bile, nella costru­zione di una nuova sog­get­ti­vità di sini­stra che si ponga l’obiettivo della massa cri­tica e dell’efficacia del suo agire, ma que­sto richiede un pro­getto poli­tico e una prassi sociale ade­guati alla nuova situazione.
Le espe­rienze di Syriza e di Pome­dos sono ciò che vive della nuova gene­ra­zione della sini­stra in Europa, e ci dicono chia­ra­mente che essa non può più nascere né per scis­sione né per ricom­po­si­zione delle forze di sini­stra del ciclo pre­ce­dente. Al con­tra­rio, la rina­scita della sini­stra è ora susci­tata da un evento, da una rot­tura (il lungo ciclo di lotte sociali in Gre­cia o l’irruzione degli indi­gna­dos in Spagna).
Al levante è assai più pros­sima la pro­ble­ma­tica oriz­zon­tale della poli­ti­ciz­za­zione e della socia­liz­za­zione del con­flitto — a cui allude ad esem­pio la coa­li­zione sociale — che quella ver­ti­cale della costru­zione del nuovo par­tito. La strada è cer­ta­mente assai dif­fi­cile, data la scom­po­si­zione dei sog­getti sociali, la loro fran­tu­ma­zione e spesso la soli­tu­dine dei con­flitti, ma è l’unica promettente.
Nel nuovo ciclo sociale e poli­tico la piazza, le espe­rienze di auto­go­verno, il rina­scere del con­flitto sociale, se pure in luo­ghi diversi e mai uni­fi­cati, le azioni dirette, le cam­pa­gne refe­ren­da­rie sono ciò che resta fuori dal nuovo ordine oppres­sivo, come restano fuori anti­che cul­ture, quando sono inve­stite da una testi­mo­nianza forte come quella di Papa Fran­ce­sco nel mondo cattolico.
Alain Badiou ha scritto, per indi­care la rot­tura neces­sa­ria, dell’ «evento che genera l’esistenza degli ine­si­stenti». La sto­ria del movi­mento ope­raio, occu­pando l’intera scena della poli­tica, l’aveva reso non neces­sa­rio. Ma ora, dopo la sua scon­fitta, il levante torna a riaf­fac­ciarsi da lì. E lì allora dovrebbe col­lo­carsi il lavoro poli­tico per la rina­scita della sinistra.

Fonte: il manifesto

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