di Paolo Ferrero, segretario PRC
su Liberazione del 29/10/2011
L'approvazione della gestione
pubblica del ciclo integrato dell'acqua a Napoli, votata pochi giorni fa
quasi all'unanimità dal Consiglio comunale partenopeo, con
l'istituzione dell'Abc (Azienda Bene comune Napoli) è un fatto politico
di valore nazionale. È stato premiato l'impegno del movimento
ambientalista che ha portato alla vittoria referendaria dello scorso
giugno. Il provvedimento sottolinea inoltre il valore politico della
svolta operata a Napoli con la vittoria di De Magistris e della
coalizione che l'ha sostenuto. Si è decisa infatti la costituzione di
un'azienda speciale integralmente pubblica che attua la
ripubblicizzazione dell'intero ciclo, seguendo l'esperienza virtuosa di
Parigi, con un soggetto pubblico che garantirà tra l'altro il diritto al
minimo vitale di acqua - pari a 50 litri al giorno - per i cittadini in
condizione di disagio sociale e la presenza di due esponenti del
movimento ambientalista nel consiglio d'amministrazione. Il percorso per
la totale ripubblicizzazione del ciclo integrato a Napoli ha visto la
battaglia del Prc sin dal 2004.
All'epoca, sulla base della normativa vigente, per due volte l'Ato (Ambito territoriale ottimale) tentò di mettere a gara il servizio gestito dalla Arin (Azienda Risorse Idriche napoletane) Spa, e su iniziativa dei movimenti e di Rifondazione in giunta e nel consiglio, si riuscì a convincere il sindaco Jervolino a fermare la gara. Successivamente, nel 2009, si aprì una battaglia che puntava a realizzare un'azienda integralmente pubblica come ente di diritto pubblico. Tuttavia l'inconcludenza dell'amministrazione precedente non portò a nulla, al punto che nel settembre 2010 il rappresentante Prc nel consiglio dell'Arin si dimise per l'impossibilità di realizzare quanto concordato.
La delibera approvata negli scorsi giorni rappresenta dunque una grande innovazione giuridica e politica, perché, come si legge nello statuto, l'Abc è un ente di diritto pubblico, un'azienda speciale, che gestisce interamente il ciclo: dalla captazione alla depurazione, fino alla distribuzione, sciogliendo di fatto aziende preesistenti come l'Arin Spa e il consorzio della depurazione. È la prima volta in Italia che si attua pienamente lo spirito del referendum, in quanto l'abrogazione del famigerato articolo 23 bis del Decreto Ronchi rende possibile l'attuazione dell'azienda speciale proprio come ente di diritto pubblico. Questo è un punto fondamentale perché vuol dire che la battaglia fatta con il referendum - a cui il governo non vuol dare alcun seguito - può essere ripresa dai territori, dalle amministrazioni locali. Inoltre, nello statuto dell'Abc vi è il principio della democrazia partecipativa che prevede spazi per i movimenti per l'acqua pubblica sia nella fase di indirizzo (ovvero nel comitato di sorveglianza) che, come già spiegato, nella fase di gestione (con due membri nel Cda) e il principio della gratuità del minimo vitale quotidiano per i soggetti svantaggiati, come previsto dalla normativa europea.
La delibera di Napoli deve quindi essere solo un primo passo da estendere in tutta Italia. Occorre quindi rilanciare - a partire dalla manifestazione del 26 novembre prossimo - la battaglia per l'acqua pubblica, con una semplice parola d'ordine: fare come Napoli, che ha dimostrato che l'acqua pubblica non solo è necessaria ma è possibile. Utilizziamo l'esempio di Napoli per fare un passo in avanti e rompere quella sensazione di impotenza che rischia di anestetizzare la realtà sociale.
All'epoca, sulla base della normativa vigente, per due volte l'Ato (Ambito territoriale ottimale) tentò di mettere a gara il servizio gestito dalla Arin (Azienda Risorse Idriche napoletane) Spa, e su iniziativa dei movimenti e di Rifondazione in giunta e nel consiglio, si riuscì a convincere il sindaco Jervolino a fermare la gara. Successivamente, nel 2009, si aprì una battaglia che puntava a realizzare un'azienda integralmente pubblica come ente di diritto pubblico. Tuttavia l'inconcludenza dell'amministrazione precedente non portò a nulla, al punto che nel settembre 2010 il rappresentante Prc nel consiglio dell'Arin si dimise per l'impossibilità di realizzare quanto concordato.
La delibera approvata negli scorsi giorni rappresenta dunque una grande innovazione giuridica e politica, perché, come si legge nello statuto, l'Abc è un ente di diritto pubblico, un'azienda speciale, che gestisce interamente il ciclo: dalla captazione alla depurazione, fino alla distribuzione, sciogliendo di fatto aziende preesistenti come l'Arin Spa e il consorzio della depurazione. È la prima volta in Italia che si attua pienamente lo spirito del referendum, in quanto l'abrogazione del famigerato articolo 23 bis del Decreto Ronchi rende possibile l'attuazione dell'azienda speciale proprio come ente di diritto pubblico. Questo è un punto fondamentale perché vuol dire che la battaglia fatta con il referendum - a cui il governo non vuol dare alcun seguito - può essere ripresa dai territori, dalle amministrazioni locali. Inoltre, nello statuto dell'Abc vi è il principio della democrazia partecipativa che prevede spazi per i movimenti per l'acqua pubblica sia nella fase di indirizzo (ovvero nel comitato di sorveglianza) che, come già spiegato, nella fase di gestione (con due membri nel Cda) e il principio della gratuità del minimo vitale quotidiano per i soggetti svantaggiati, come previsto dalla normativa europea.
La delibera di Napoli deve quindi essere solo un primo passo da estendere in tutta Italia. Occorre quindi rilanciare - a partire dalla manifestazione del 26 novembre prossimo - la battaglia per l'acqua pubblica, con una semplice parola d'ordine: fare come Napoli, che ha dimostrato che l'acqua pubblica non solo è necessaria ma è possibile. Utilizziamo l'esempio di Napoli per fare un passo in avanti e rompere quella sensazione di impotenza che rischia di anestetizzare la realtà sociale.
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