di Ramon Mantovani
su Liberazione del 21/10/2011
Bisogna ringraziare Liberazione
per il Forum del 9 ottobre con Greco, Landini, Bertinotti e Ferrero. E
per aver ospitato il dibattito che ne è scaturito. C'è bisogno di
discutere seriamente invece che di "mosse", slogan e sondaggi. Io penso
che la fase attuale si caratterizzi per due aspetti preminenti. Il primo
è che c'è una dittatura del mercato e del capitale finanziario che ha
costruito un "recinto" nel campo della politica tale per cui chi vi si
oppone è reso impotente, espulso dalle istituzioni od omologato nei
fatti ogni volta che si misura con la funzione di governo. Bertinotti
descrive bene il "recinto". Ma questa situazione non è affatto il
prodotto oggettivo della ristrutturazione capitalistica. È il prodotto,
invece, di precise scelte politiche attuate da governi, spesso guidati
da forze di "sinistra". Oltre ad esistere due sinistre, una antagonista e
un'altra interna al sistema (non una divisa dal "recinto"), esse si
distinguono ideologicamente in modo inequivocabile. Una è
anticapitalista e l'altra è neoliberista e perfino apologetica del
capitalismo. Quest'ultima, qualsiasi siano stati i suoi trascorsi,
socialdemocratici o comunisti, è stata protagonista insieme e spesso più
della destra delle decisioni "deregolatrici" in favore del capitale
finanziario, delle banche, dell'estrema liberalizzazione dei mercati
delle merci, delle privatizzazioni, della guerra come funzione
permanente di governo del mondo e di una costruzione europea fondata
sulla primazia del mercato e del bilancio. Se la politica (ufficiale,
istituzionale) negli stati nazionali è recintata dalle compatibilità del
sistema, è necessaria una potenza capace di rompere il recinto. Solo
con l'autonomia culturale ed organizzativa dal sistema egemone è
possibile qualificare e produrre una "rivolta" capace di rompere il
"recinto". E non esiste altra sinistra unibile che non sia quella che ha
scelto soggettivamente di essere fuori dal recinto. Ma esso non è
presidiato solo da contenuti economico-sociali di stampo neoliberistico.
Lo è anche da contenuti politici ben precisi. Se il fine della politica
recintata è la "governabilità" del sistema e la sua forma è il
bipartitismo o il bipolarismo (fa lo stesso), non può esistere nessuna
sinistra unibile che non si proponga altri fini e altre forme per la
politica. Perché è la crisi della democrazia e della stessa politica ad
essere il secondo aspetto preminente della fase. Il movimento degli
"indignados" in Spagna grida « No nos representan!» ma, al tempo stesso,
pretende una legge elettorale proporzionale pura e la costruzione di
nuove forme di democrazia diretta dal basso. Ha capito una cosa che in
Italia, anche nel movimento, è totalmente sottovalutata. Le istanze
sociali, e le stesse "domande" dei movimenti (di cui ha parlato Burgio)
poste alle forze politiche, e capaci di intervenire nelle contraddizioni
interne alle stesse e fra queste e la loro base elettorale, per quanto
blandite prima delle elezioni sono destinate ad essere misurate secondo
le compatibilità del sistema, e quindi derubricate, nel momento della
verità. Quello del governo. È questa realtà a generare, nei movimenti
sociali e perfino nelle singole persone, una tremenda estraneità nei
confronti della politica ufficiale. Estraneità che si traduce in
rifiuto, astensionismo o anche nell'accettazione, più o meno
consapevole, della logica secondo la quale si vota il meno peggio o
addirittura il leader salvifico (Obama per esempio). Così i contenuti
diventano variabili dipendenti dai giochi e dagli equilibri del palazzo
bipolare, la "cultura di governo" si trasforma in moderazione e
pragmatismo fine a se stessi e i contenuti, alla fine, vengono bollati
come utopie e/o estremismi. Come se abolire la legge trenta o ritirare
le truppe dall'Afghanistan, per fare solo due esempi, non fossero
possibili atti di governo, bensì proposte provocatorie destinate a
destabilizzare il governo in carica. È un circolo vizioso ben congegnato
che bisogna rompere. La scelta tattica di non autoisolarsi accettando
di ridurre i contenuti a mere petizioni di principio testimoniali, e di
partecipare ad uno schieramento contro la destra, senza entrare nel
governo, mi convince pienamente. In altre parole, ritengo fondamentale
giocare la partita su tutti i terreni possibili, adottando tutte le
tattiche necessarie, senza paura di nulla, ma senza abbandonarsi a
suggestioni e senza imboccare scorciatoie che portano in vicoli ciechi.
Perciò considero la mitica "rivolta" e/o il big bang della sinistra di
Bertinotti come pure e pericolose suggestioni. Perciò considero
gravemente contraddittorio che Landini, mentre propone giustamente una
dura battaglia sulla democrazia, dimentichi che è il bipolarismo ad
espellere dalla politica istituzionale e dal governo gli interessi di
classe dei lavoratori.
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