giovedì 20 ottobre 2011

Il caso IKEA: due indagati

Blitz della procura alle Opere pie.

Polizia e guardia di finanza prendono i fascicoli della permuta dei terreni e del bonus della Sea. Visita anche in Comune: sono stati acquisiti gli atti di Ikea.


Si sono fiondati in via Campo di Marte, sede delle Opere pie riunite, e hanno acquisito diversi fascicoli. Polizia giudiziaria e guardia di finanza insieme, inviate dalla procura - sotto il coordinamento del pubblico ministero Claudio Cicchella - riaccendono i riflettori sulla vicenda Ikea-Opere pie. Fari puntati sulla permuta del terreno dove sorgerà l'Ikea, a San Martino in Campo, con le vigne di Montefalco. E ancora: il bonus di 1,5 milioni che la Sea di Claudio Umbrico, la ditta di costruzioni marscianese che ha "sviluppato" il progetto insieme al colosso svedese, si era impegnata ad onorare alle Opere pie qualora la variante al piano regolatore fosse stata approvata a Palazzo dei Priori entro il 31 dicembre 2010. Non solo: nelle mani degli inquirenti anche la proroga, di qualche mese, relativa alla erogazione del "premio" sopra citato. Gli uomini in divisa avrebbero anche fatto visita nella sede del Comune, in piazza IV Novembre, per attingere agli atti consiliari della variante Ikea e a quelli dei contatti fra l'amministrazione e la multinazionale del mobile. L'inchiesta aperta dalla procura si inserisce su un filone avviato nel 2009 a seguito di un esposto di Italia Nostra sull'insediamento già ventilato in un terreno a destinazione d'uso agricolo. L'obiettivo dell'indagine in questione è vederci chiaro sui documenti che hanno visto erogare la somma di un milione e mezzo di euro anche se sul contratto di permuta c'era una data ben precisa. Nella clausola di vendita dei terreni da parte delle Opere pie al soggetto privato il termine ultimo per incassare il bonus (a favore dell'ex Ipab) era individuato nel 2010. Cioè: se entro in 31 dicembre di quell' anno il terreno fosse diventato edificabile - e a favore di una grande superficie commerciale - le Opere pie avrebbero incassato un milione e mezzo di euro. É tutto scritto nel contratto - pubblico - stipulato nel 2007 per la permuta del grande appezzamento di San Martino in Campo. Così non è stato. È spuntata, secondo poi, una proroga che ha permesso l'esborso della somma, con le Opere pie che hanno così evitato di chiudere i battenti visti i bilanci in rosso. C'è da valutare anche l'operazione della permuta, per capire se si è trattata di un'operazione di mercato o dietro si nascondono altre ombre. Trenta gli ettari di terreno in ballo, tutti "vitati" a sangiovese, sagrantino e merlot, anche se gli "impianti" delle vigne risalgono agli ultimi cinque anni. Secondo alcuni esperti cioè non sarebbero ancora pienamente produttivi. Poco appetibili: tanto che le aste per la vendita sono andate tutte deserte e si è dovuto suddividere in lotti l'appezzamento per piazzarlo sul mercato. Proprio di svendite "al ribasso" è l'accusa che viene paventata nel teorema accusatorio per questa e altre operazioni di alienazione di quello che in origine doveva essere un istituto di beneficenza. In tutto questo il Comune è parte attiva: il sindaco nomina presidente e consiglio delle Opere pie; molte delle alienazioni, negli anni, si sono incrociate con aziende e partecipate collegate all'amministrazione di Palazzo dei Priori. Non da ultimo con l'edificazione Ikea ultimata l'ente incasserebbe dai permessi a costruire e oneri di urbanizzazione circa 6 milioni di euro

Alessandro Antonin, Il Corriere dell'Umbria 

Due indagati per i terreni Ikea

Di Urbano Barelli, Presidente di Italia Nostra di Perugia

PERUGIA - Fin dall’inizio l’arrivo dell’Ikea in Umbria ha suscitato forti perplessità e contrarietà.
Non solo da parte delle associazioni ambientaliste Italia Nostra e Legambiente che hanno sottolineato in particolare come il piano regolatore di Perugia classifica i terreni di S.Martino in Campo come inedificabili in quanto terreni agricoli di pregio, ma anche da Sviluppumbria, Federmobili, Confcommercio, Confesercenti, Rifondazione comunista.
Il direttore di Sviluppumbria, Vinicio Bottacchiari, ha dichiarato che non c’è da gioire per l’arrivo in Umbria dell’Ikea perché quello del consumo standardizzato non è lo sviluppo adatto per la nostra regione e che la creazione di posti di lavoro è a somma 0, visto che accanto alla crescita di grandi superfici distributive si assiste all’essiccamento delle piccole realtà. Noi dobbiamo mirare ad altro – ha aggiunto Bottacchiari – alla filiera corta, alla realizzazione di sbocchi commerciali per i prodotti umbri.
La Federmobili di Perugia ha dichiarato che l’arrivo di Ikea potrebbe avere un effetto devastante per le strutture che già operano in Umbria, mentre la Confesercenti che ha dichiarato che “se qualcuno pensa di fare e disfare a proprio piacimento e sulle spalle delle piccole e medie imprese dell’Umbria, dovrà assumersene tutte le responsabilità sapendo sin d’ora che la Confesercenti non rimarrà a guardare”.
Sulla vicenda è intervenuto ripetutamente il segretario regionale di Rifondazione comunista, Stefano Vinti, dicendo che gli incassi della megastruttura non saranno reinvestiti in ambito locale, ma saranno trasferiti alla sede nazionale, con soldi che se ne vanno dall’Umbria in un periodo sicuramente non favorevole all’economia delle famiglie: “mentre la crisi attanaglia i piccoli commercianti che non riescono ad arrivare alla fine del mese – ha dichiarato Vinti - si sceglie un modello di sviluppo incomprensibile per le esigenze del territorio”. Inoltre, ha aggiunto Vinti, la legge sul commercio non consente l’insediamento Ikea e “se per ogni grande impianto commerciale che si presenti in Umbria dobbiamo cambiare le leggi, cosa le facciamo a fare queste leggi; dobbiamo pensare che la politica si possa asservire ai poteri economici?”
Il problema di fondo che Italia Nostra ha voluto sollevare è proprio questo: a cosa serve dichiarare che la programmazione è un principio fondamentale della regione e degli altri enti locali, a cosa servono i piani del commercio, i piani regolatori e gli altri piani se alla richiesta di un potente privato tutto si modifica e si piega alle sue esigenze? Dov’è il principio di legalità e di certezza del diritto? Che fine fa il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge se un privato potente ottiene tutto quello che chiede, mentre il semplice cittadino senza santi in paradiso si vede ripetere che quello che chiede non si può fare?
I due esposti presentati da Italia Nostra sulla vicenda Ikea mirano a ristabilire il principio di legalità sostanziale nella gestione della cosa pubblica e si confida nel lavoro dei magistrati per ridare il giusto valore sia ai principi di programmazione e pianificazione dell’uso del territorio sia ai principi di certezza del diritto e di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge.

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