martedì 4 ottobre 2011

L'armata Brancaleone cresce e cresce


All'inizio, verso la metà di settembre, si trattava di una quarantina di persone, per lo più studenti, semiaccampate in una piccola zona verde a sud Manhattan, e unite da uno slogan, Occupare Wall Street. Un'armata Brancaleone impegnata in una crociata dagli obbiettivi indefiniti e inafferabili, facile da sottovalutare, ridicolizzare se non addirittura ignorare completamente, in attesa che la stagione facesse il suo corso e il freddo rimandasse a casa gli sparuti dimostranti con le loro insegne
(«Hai fame? Mangiati un banchiere» ) che sembravano tratte da una di quelle meravigliose commedie sociali Warnerbros degli anni trenta.
Due settimane dopo, non solo i bankbusters rifiutano di essere ignorati ma «il movimento» cresce, si moltiplica, contagia altre città americane -Boston, Chicago, Los Angeles, San Francisco, più posti improbabili come Syracuse e Columbus.- e acquista, oltre a fan (tra cui senz'altro parecchi obamisti disillusi), anche sostegno istituzionale.
I primi a non sottovalutare il potenziale epidemico della manifestazione, a dire il vero, erano stati il municipio e la polizia di New York che, da subito, hanno assunto un atteggiamento di intransigenza decisamente insolito, chiudendo del tutto l'accesso a Wall Street ai manifestanti e depistandoli in un parco lì vicino.
Hanno fatto istanteneo scalpore gli ottantacinque arresti durante una marcia di sabato 24 settembre a Union Square, ma soprattutto il video (subito diventato un cult su Youtube) in cui si vedeva un ufficiale della polizia di alto rango, Anthony Bologna, innaffiare di spray urticante quattro donne dall'apparenza totalmente pacifica - «manco fossimo degli scarafaggi», ha notato una delle signore temporaneamente accecate dal pungentissimo liquido.
In risposta all'indignazione generale dell'opinione pubblica il vice-ispettore Bologna è finito sotto inchiesta (tra l'altro era già imputato in una causa per arresti non necessari durante le manifestazioni contro la convenzione repubblicana del 2004), mentre un'ondata mediatica e di simpatia generali si riversava su Occupy Wall Street, il suo quartiere generale, presso lo Zuccotti Park (adesso ribattezzato Liberty Park) veniva visitato da star della sinistra come Cornel West, Michael Moore, Russell Simmons, Alec Baldwyn e Susan Sarandon, mentre Naomi Klein e Noam Chomsky mandavano messagi di sostegno da lontano e centinaia di americani, carta di credito alla mano, ordinavano pizza e cibi vari da consegnarsi ai dimostranti. Lettere e pacchi regalo potevano essere recapitati presso una cassella postale appositamente istituita in una sede della United Parcels Service lì vicino.
Entro lo scorso week-end, da poco più di cento, a marciare sul Brooklyn Bridge (all'insegna delle grida «Occupiamo il ponte») erano qualche migliaio - e, in risposta, sono stati più di settecento gli arresti, nonostante anche questa manfestazione fosse totalmente pacifica. La ragione addotta dai portavoce della polizia per gli arresti di massa è sempre la stessa: i dimostranti intralciano il traffico sconfinando dai marciapiedi e dalle aree pedonali in cui la manifestazione deve essere contenuta.
Ma è chiaro ormai che le autorità cittadine (in testa, il sindaco iper-miliardario Michael Bloomberg che detesta «il disordine») stanno remando in acque difficili, incapaci di gestire adeguatemente, e in modo non repressivo, una manifestazione civile che fa capo a un movimento spontaneo privo di leaders, di portavoce e persino di obiettivi concreti, ma che in virtù del suo valore smbolico sta raccogliendo sotto il suo ombrello sostenitori di tutte le età, razze e ceti sociali.
Si chiama proprio «il 99%» il sito a cui occupywallst.com rimanda per auto-descriversi. L'identikit è molto semplice: «Siamo il 99% . Ci stanno buttando fuori di casa. Siamo costretti a scegliere se mangiare o pagare l'affitto. Ci è negata un'adeguata assistenza sanitaria. Siamo vittime dell'inquinamento. Lavoriamo ore infinite per una paga minuscola e zero diritti. Se non siamo addirittura disoccupati. Non ci è dato nulla mentre l'altro un percento ha tutto». Ovvio, una stragrande maggioranza di americani può più o meno identificarsi con un profilo simile. Non a caso, a partire dalla scorsa settimana, le sedi newyorkesi di parecchi sindacati (tra cui quello potentissimo degli autotrasportatori e la federazione degli insegnanti) hanno dichiarato la loro soldarietà con Occupy Wall Street e indicono inizative comuni (per esempio in appogio a dispute sindacali in corso contro la casa d'aste Shoteby's o la compagnia dei telefoni Verizon). Al loro fianco anche gruppi di attivisti storici, come la Coaliton for the Homeless e più recenti, come MoveOn.org che ha adottato in pieno la crociata dei bankbusters e la sta nazionalizzando attraverso il suo foltissimo indirizzario e-mail.
Da Washington, lunedì, durante un convegno indetto da gruppo liberal Campaign for America's Future, il direttore dell'organizzazione Robert Borosage incitava i presenti a costruire il futuro partendo proprio dalle manifestazioni di New York: «Hanno stabilito un esempio per tutti, di disciplina, di non violenza.. Dall'occhio del ciclone...». Un marcia contro K Street (la strada dei lobbisti ) è già prevista per giovedì nella capitale Usa. Alle soglie di una campagna elettorale che si annuncia difficilissima, scollata dal presidente che ha eletto con tanto entuisiasmo tre anni fa, la sinistra Usa cerca la possibilità di un suo corrispettivo dell'ondata populista del Tea Party. Chissà che i suoi semi non siano proprio a Zuccotti Park.


di Giulia d'Agnolo Vallan
su il manifesto

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