mercoledì 19 ottobre 2011

Cause e pretesti della battaglia di San Giovanni

Partiamo dalla questione più importante. Presumibilmente tra le 300.000 e le 500.000 persone hanno sfilato per le vie di Roma, in contemporanea con altre migliaia nel mondo. La manifestazione non era contro questo o quel decreto, legge e Governo. Migliaia di persone hanno semplicemente manifestato l'idea che l'intero sistema sia ingiusto. E' un diffuso ed embrionale sentimento anticapistalista quello che ha percorso le vie della capitale. Niente più e niente di meno.
Diciamo anche, per dovere di cronaca, che lo spezzone di Rifondazione Comunista era uno dei più partecipati, sebbene posto in fondo al corteo (vedi le foto). Il giorno dopo, Vendola ha rinnovato, a braccetto con Parisi, l'auspicio di arrivare a primarie del centrosinistra il prima possibile. E questo rende l'idea della distanza abissale esistente tra il movimento reale e colui che è considerato il personaggio di punta della “sinistra credibile e vincente”. Non una parola sul protagonismo di migliaia di persone che pretendono e propongono soluzioni e cambiamenti radicali, ma solo l'invito all'ennesima delega in bianco verso il leader illuminato. Non se ne abbia a male nessuno: il centrosinistra si presenta così pienamente funzionale al manganello. Perché lo si faccia con una manganellata o con una pacca sulla spalla, condita da promesse di primarie, l'effetto è comunque quello di rigettare nella passività migliaia di persone.

Le cariche della celere arrivate in Piazza San Giovanni hanno questo scopo e nessun altro: spaventare, esasperare, ridurre l'estensione della mobilitazione. Riviviamo la cronaca di quanto accaduto: praticamente all'inizio della manifestazione iniziano atti vandalici verso automobili parcheggiate lungo via Cavour. La polizia è dispiegata in tutte le vie parallele a via Cavour. Ad ogni angolo la vediamo. E decide in questo caso di non intervenire. Quando la situazione in via Cavour è tornata alla normalità, grazie all'intervento dei manifestanti stessi che disperdono gli “incappucciati”, Radio Popolare annuncia che la celere ha fatto irruzione in Piazza San Giovanni. L'irruzione avviene con le camionette a tutto gas e con il lancio di idranti. Inizia così la battaglia di San Giovanni. Il corteo tenta di respingere e riprendere la piazza. Gli scontri che ne seguono hanno una natura completamente diversa dall'azione degli incappucciati. Sono il risultato dell'autodifesa generata dall'attacco totalmente gratuito e premeditato delle forze dell'ordine. Un'autodifesa priva di ogni forma di coordinamento e per questo in balia di ogni forma di provocazione.

[Vedi alcuni filmati sulla piazza. Consigliamo particolarmente la visione del secondo, fatto dal Corriere della Sera, clicca qui per FILMATO 1 e per FILMATO 2

Ma chi sono gli “incappucciati” che danno inizio alle devastazioni? Infiltrati, giovani di estrema destra? E' possibile. E' possibile che tali forze si siano infiltrate in azioni tanto gratuite, per amplificarle. Non ci sarebbe da stupirsi. Tuttavia la natura di quanto avviene è diversa e va compresa. Un pezzo di quanto successo a Londra questa estate è arrivata a Roma. Tra gli autori delle prime devastazioni abbiamo visto ragazzi estremamente giovani.

Da dove vengono le loro azioni e perché sono sbagliate? Vengono dalla pura esasperazione, ma non solo. E' inutile nascondersi che il movimento era arrivato a questo appuntamento diviso da una discussione: come evitare di dar vita al solito corteo rituale la cui unica funzione è quella di farci fare una passaggiata per Roma, lasciarci sfogare e rimandarci a casa? Questo era il tema che rimbalzava sui pullman per andare a Roma. Ed è una domanda di per sé legittima, anzi fondamentale. Da anni siamo tenuti in una sorta di “opposizione” simulata. Non appena qualche grosso problema sociale è posto, viene convocato il corteo oceanico a Roma a cui non segue alcuna reale azione conseguente nella società.

Una parte del movimento – ci riferiamo particolarmente ai Disobbedienti - ha risposto a tale questione lasciandosi andare a promesse roboanti miste al tentativo di concordare il solito scontro simulato con le forze dell'ordine: assedieremo il parlamento, colpiremo il potere, andremo a prendere il Governo direttamente nei palazzi....Parole pesanti a cui non è seguita alcuna preparazione all'altezza. I riformisti con metodi radicali sono mille volte peggio dei riformisti da salotto. Quest'ultimi non minacciano il sistema e non ne sono minacciati. I primi invece provocano il sistema senza preparare una risposta adeguata. E' in fondo lo stesso errore che si ripete da Genova.

Un altro pezzo del movimento ha lanciato l'idea di rimanere accampati a Roma: un'idea difficilmente praticabile a lungo andare e che con l'avvicinarsi del corteo ha perso la sua attrattiva. Si parta però da questo, i ragazzi che hanno iniziato le devastazioni in via Cavour hanno dato la risposta più sbagliata possibile ad una domanda a cui però nessuno aveva saputo rispondere: come portare il livello dellopposizione sociale all'altezza dei compiti, all'altezza delle risposte che merita una crisi e una esasperazione delle dimensioni che viviamo nella società?

L'errore non risiede nel porsi tale domanda, ma nel tipo di risposta. Lasciamo stare che significato possa avere bruciare un auto, un negozio o colpire le vetrine delle Poste....ma anche per quanto riguarda l'assalto a banche e Ministero della Difesa, colpendo “i simboli” del potere si è in realtà espresso la frustrazione nel non poterne colpire la sostanza. Perchè non è lì che il potere risiede. Il movimento non ha bisogno di salvatori alla Vendola ma nemmeno di supereroi a cui delegare il salto di qualità nel livello dello scontro.

Se dal 15 ottobre esce sconfitta l'idea che sia la pura pratica di piazza a determinare il salto di qualità di un movimento, escono sconfitti anche coloro che con tale pratica di piazza giocano in maniera irresponsabile: coloro che negano la funzione di un serivizio d'ordine, democraticamente determinato dai partecipanti a una manifestazione, coloro che esaltano la spontaneità e non comprendono la necessità di raggrupparsi in spezzoni organizzati. Ese sconfitto chiunque pensi di muovere una critica radicale al sistema, senza scontarne le reazioni. Perchè una cosa deve rimanerci in mente: sin dall'inizio le forze dell'ordine hanno agito per disperdere il punto di arrivo del corteo.

Ancora una volta è lo Stato a spazzare via gli errori dei dirigenti del movimento. La discussione – interminabile, sfibrante, forse inutile – sul percorso del corteo, sull'arrivo o meno in piazza San Giovanni, sulle pratiche creative da inventarsi per guadagare visibilità, è stata conclusa dalla repressione. Le camionette della celere che facevano i caroselli per piazza San Giovanni ci dicevano questo: la piazza prima che a voi appartiene a noi e ogni spazio che voi credete vostro, vi è in verità gentilmente concesso e se volete “assediare il potere” realmente, sappiate che questo è quello che vi accadrà.

Noi usciamo da questa esperienza ancora più convinti di quanto da sempre sosteniamo. Andiamo dove il potere realmente risiede e dove la celere non può arrivare: nelle fabbriche, nelle scuole, nelle università e nei quartieri popolari. O noi siamo in grado di radicarci lì e di produrre lì il salto di qualità, o siamo solo destinati alla sconfitta. Gli operai di Fincantieri che hanno assaltato il comune di Castellamare, quelli di Pomigliano che si sono presi le manganellate per bloccare l'autostrada, non hanno bisogno che nessuno gli insegni quanto può essere dura e radicale la lotta. Non c'è bisogno di esplicitare la lotta e il livello dell'esasperazione: c'è bisogno di organizzarla e farla esplodere lì dove realmente il sistema può crollare.
Per questo oggi più che mai è necessario un partito che della lotta faccia la sua bussola e che nella lotta sappia offrire un programma radicalmente alternativo a questo sistema.

PS. Dopo aver scritto queste righe è iniziata un'operazione di polizia in grande stile su tutto il territorio italiano. Di Pietro invoca una nuova Legge Reale, per la repressione e Repubblica si permette di dettare i tempi e i metodi del movimento degli indignati creando empatia tra manifestanti e celere. Noi solidarizziamo naturalmente con tutti coloro che hanno subito perquisizioni e ci opponiamo frontalmente alle proposte di Di Pietro. Ma chiediamo a coloro che hanno dato il via alla devastazione sabato, non è tutto questo forse l'ennesima dimostrazione di quanto sia stato sbagliato quello che avete compiuto? Lo Stato non è per niente indebolito, ha solo una scusa per dedicarsi ancora più pesantemente alla repressione e alla schedatura.

Circolo PRC Campi Bisenzio

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