Partiamo
da un numero: 1000 miliardi di euro, una cifra stratosferica, quasi 4
volte il debito pubblico greco. Mille miliardi è la somma che il
Consiglio d'Europa ha deciso di impegnare per la salvezza del sistema
finanziario europeo. Non c'è da stupirsi che ieri le borse abbiano fatto
baldoria con guadagni clamorosi in una fase della congiuntura mondiale
che non spinge di certo all'ottimismo.
Il sistema è salvo, scrivono i
commentatori. Ma quale sistema? Ieri il manifesto ha pubblicato con
grande rilievo una notizia di fonte Credit Suisse, una della banche più
accreditate del sistema finanziario: nell'ultimo anno meno dell'1% della
popolazione mondiale ha «arraffato» il 39% della ricchezza globale,
quasi il 4% in più in appena dodici mesi. Se non bastasse, l'Ufficio del
bilancio del Congresso Usa ci ha fatto sapere che negli ultimi 28 anni
il reddito dell'1% della popolazione più ricca è salito, in termini
reali, del 275%, mentre quello del 20% della popolazione più povera di
appena il 18%. Insomma , la forbice della distribuzione dei redditi si
sta allargando.
Questi numeri (uniti ai 1000 miliardi) sono la conferma che il bailout, cioè la ciambella di salvataggio ha funzionato a senso unico salvando (quasi banale ripeterlo) chi la crisi del 2008 aveva provocato. Anzi, rendendolo più ricco. Ma c'è un altro aspetto niente affatto secondario: questi numeri smentiscono la vulgata che indicano nella globalizzazione la soluzione di ogni problema. Al contrario è «questa» globalizzazione che ha portato al trionfo della finanza e allo schiacciamento dei diritti delle persone. Ieri Gianni Rinaldini ha scritto che «in questi anni c'è stato un quotidiano smantellamento di ciò che conferisce al lavoro umano una condizione diversa da una merce». La lettera spedita da Berlusconi al Consiglio d'Europa ne è la conferma.
Con una premessa: in quella lettera poteva esserci scritto qualsiasi cosa: i 27 avrebbero dato in ogni caso la loro benedizione (perché cane non morde cane e quei 27 capi di stato e di governo dovevano salvare se stessi) anche in presenza di impegni evanescenti, coerenti unicamente con la peggiore ideologia liberista. Tipo quella, tanto cara a Sacconi, che solo diminuendo i diritti del lavoro con la libertà di licenziamento, si potrà garantire una maggiore occupazione.
Nella lettera spedita a inizio agosto da Trichet e Draghi a Berlusconi era scritto: «Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento». La replica del governo italiano non si è fatta attendere: «Entro il maggio 2012 l'esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenza di efficienza dell'impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici». Attenzione, per motivi economici anche oggi i licenziamenti, anche di massa, si possono attuare. Basta seguire le regole che prevedono prima la Cig e poi la mobilità. I motivi economici evocati nella lettera sono altri. Significa potersi liberare di un lavorare anziano che guadagna molto di più dei giovani che potrebbero essere assunti al suo posto. Il lavoratore è sempre più «merce» e come tale viene trattato: se viene giudicata troppo cara non lo si compra più e la si allontana dalla produzione e dalla vita.
Nella lettera d'intenti di Berlusconi c'è anche molto altro. A volte grottesco. Tipo: «Il governo trasformerà le aree di crisi in aree di sviluppo». Lo vadano a dire ai lavoratori di Termini Imerese per i quali non è ancora stata trovata una soluzione credibile, non di sviluppo, ma più banalmente di conservazione del lavoro esistente. Una delle promesse che ha raccolto maggiore attenzione è stata quella del pensionamento per tutti a «almeno» 67 anni nel 2026. Ma non si tratta di una novità: con l'anticipo delle norma sulla «speranza di vita» i 67 anni erano già una certezza.
Quello che è certo, invece, è che per i dipendenti pubblici arriveranno tempi «cupi». Su questo punto Brunetta (uno dei «grandi» estensori della lettera) si è scatenato: mobilità obbligatoria; cassa integrazione; superamento delle dotazioni organiche. Tradotto: la Pubblica amministrazione sarà ridotta all'osso per cedere le sue attività (come sta già accadendo con la complicità di direttori generali di nomina governativa) ai privati.
Questa lettera ai potenti piace perché protegge le elite dominanti e disprezza la vita del 99% (o giù di lì) della popolazione. La sola speranza è che rimangano impegni presi sulla carta perché Berlusconi e i suoi ascari non hanno la forza per realizzarli. Speranza è anche che il futuro governo sappia fare di meglio. Ma più di un dubbio è autorizzato considerati i ripetuti applausi ricevuti dalle richieste delle autorità europee all'Italia. Anche dalle forze di opposizione, anche dai richiami rivolti agli opposti schieramenti politici dal presidente della repubblica. Berlusconi potrebbe essere sostituito con un governo tecnico che porti a compimento il massacro.
Questi numeri (uniti ai 1000 miliardi) sono la conferma che il bailout, cioè la ciambella di salvataggio ha funzionato a senso unico salvando (quasi banale ripeterlo) chi la crisi del 2008 aveva provocato. Anzi, rendendolo più ricco. Ma c'è un altro aspetto niente affatto secondario: questi numeri smentiscono la vulgata che indicano nella globalizzazione la soluzione di ogni problema. Al contrario è «questa» globalizzazione che ha portato al trionfo della finanza e allo schiacciamento dei diritti delle persone. Ieri Gianni Rinaldini ha scritto che «in questi anni c'è stato un quotidiano smantellamento di ciò che conferisce al lavoro umano una condizione diversa da una merce». La lettera spedita da Berlusconi al Consiglio d'Europa ne è la conferma.
Con una premessa: in quella lettera poteva esserci scritto qualsiasi cosa: i 27 avrebbero dato in ogni caso la loro benedizione (perché cane non morde cane e quei 27 capi di stato e di governo dovevano salvare se stessi) anche in presenza di impegni evanescenti, coerenti unicamente con la peggiore ideologia liberista. Tipo quella, tanto cara a Sacconi, che solo diminuendo i diritti del lavoro con la libertà di licenziamento, si potrà garantire una maggiore occupazione.
Nella lettera spedita a inizio agosto da Trichet e Draghi a Berlusconi era scritto: «Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento». La replica del governo italiano non si è fatta attendere: «Entro il maggio 2012 l'esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenza di efficienza dell'impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici». Attenzione, per motivi economici anche oggi i licenziamenti, anche di massa, si possono attuare. Basta seguire le regole che prevedono prima la Cig e poi la mobilità. I motivi economici evocati nella lettera sono altri. Significa potersi liberare di un lavorare anziano che guadagna molto di più dei giovani che potrebbero essere assunti al suo posto. Il lavoratore è sempre più «merce» e come tale viene trattato: se viene giudicata troppo cara non lo si compra più e la si allontana dalla produzione e dalla vita.
Nella lettera d'intenti di Berlusconi c'è anche molto altro. A volte grottesco. Tipo: «Il governo trasformerà le aree di crisi in aree di sviluppo». Lo vadano a dire ai lavoratori di Termini Imerese per i quali non è ancora stata trovata una soluzione credibile, non di sviluppo, ma più banalmente di conservazione del lavoro esistente. Una delle promesse che ha raccolto maggiore attenzione è stata quella del pensionamento per tutti a «almeno» 67 anni nel 2026. Ma non si tratta di una novità: con l'anticipo delle norma sulla «speranza di vita» i 67 anni erano già una certezza.
Quello che è certo, invece, è che per i dipendenti pubblici arriveranno tempi «cupi». Su questo punto Brunetta (uno dei «grandi» estensori della lettera) si è scatenato: mobilità obbligatoria; cassa integrazione; superamento delle dotazioni organiche. Tradotto: la Pubblica amministrazione sarà ridotta all'osso per cedere le sue attività (come sta già accadendo con la complicità di direttori generali di nomina governativa) ai privati.
Questa lettera ai potenti piace perché protegge le elite dominanti e disprezza la vita del 99% (o giù di lì) della popolazione. La sola speranza è che rimangano impegni presi sulla carta perché Berlusconi e i suoi ascari non hanno la forza per realizzarli. Speranza è anche che il futuro governo sappia fare di meglio. Ma più di un dubbio è autorizzato considerati i ripetuti applausi ricevuti dalle richieste delle autorità europee all'Italia. Anche dalle forze di opposizione, anche dai richiami rivolti agli opposti schieramenti politici dal presidente della repubblica. Berlusconi potrebbe essere sostituito con un governo tecnico che porti a compimento il massacro.
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