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La cessazione dell’applicazione della legge n. 250, prevista all’articolo 29 del recente decreto, avrà riflessi gravissimi sul pluralismo dell’informazione e sulla stessa democrazia, considerato che causerà la fine delle pubblicazioni per l’intero settore della stampa di partito, cooperativa e di idee, notoriamente penalizzato da forti disparità nell’accesso al mercato pubblicitario.
Le saranno altrettanto note le conseguenze occupazionali dell’entrata in vigore dell’articolo 29 del decreto e il contraccolpo economico per l’erario, in relazione agli oneri assistenziali che lo Stato dovrebbe accollarsi in seguito alla chiusura di molte decine di testate e la conseguenza perdita di molte centinaia di posti di lavoro, per un volume di spesa persino superiore a quello che sarebbe necessario per reintegrare il Fondo per l’editoria.
Quanto alla necessità, altresì prevista dall’articolo 29 del decreto, di stabilire diversi, più severi e oggettivamente verificabili criteri di accesso ai contributi, le ribadiamo che un rigoroso riordino del settore e il disboscamento della giungla delle sovvenzioni è una rivendicazione che noi per primi abbiamo più volte avanzato, sempre inascoltati.
Se però i tempi di questo auspicabile intervento di riordino dovessero risultare lunghi, e si procedesse nel frattempo con i tagli di risorse previsti, la riforma arriverebbe a situazione ormai compromessa, quando i giornali in questione avranno gioco forza cessato di esistere.
Nel rivolgerle la richiesta di un incontro urgentissimo, le anticipiamo l’invito a un intervento che scongiuri l’apertura di una grave crisi occupazionale ed eviti in extremis un vulnus irreversibile alla libertà di stampa..
Con i migliori saluti
Norma Rangeri – il Manifesto,
Claudio Sardo – l’Unità,
Stefano Menichini – Europa,
Marco Tarquinio – Avvenire,
Leonardo Boriani
– la Padania,
Dino Greco – Liberazione,
Marcello De Angelis – Secolo
d’Italia,
Emanuele Macaluso – Il Riformista,
Francesco Zanotti –
Presidente Fisc
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