giovedì 15 dicembre 2011

D'ora in poi in edicola solo la voce dei padroni di Dino Greco, Liberazione

Missione compiuta. Il Fondo per l'editoria non sarà reintegrato delle somme scippate dal precedente governo. Le risorse ad esso dedicate valgono, al momento, il 30% di quelle - risicatissime ed erose di anno in anno - conferite a posteriori e dopo molti sudori freddi nell'anno trascorso. La sola novità, la possibilità offerta all'editoria, quella di attingere ad un contenitore, il cosiddetto "Fondo Letta", affermata in linea di principio, ma del tutto indeterminata nei tempi e nelle proporzioni, non consente alcuna certezza e alcun investimento sul futuro. E' dunque una sentenza di morte per centinaia di testate quella che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Malinconico ha decretato ieri alla Camera, per nome e per conto del governo Monti. Come una caterpillar, l'esecutivo "tecnico", affrancato dai rudimenti minimi dell'alfabeto democratico, ha deciso di cancellare il pluralismo dell'informazione. Le cifre in gioco - lo abbiamo ripetuto sino alla noia - sono semplicemente ridicole, pur in una fase di crisi acuta e di tagli, ohinoi pesanti quanto a senso unico, ed ora usati, con ipocrita cinismo, per dire che non ce n'è per nessuno, tantomeno per la libertà di stampa: un lusso che secondo i "professori" il Paese non si può permettere.
Niente di male: in edicola andranno soltanto i giornali posseduti da gruppi finanziari e imprenditoriali che già drenano tutta la pubblicità, continuando peraltro a mungere ingenti risorse pubbliche ad essi generosamente elargite. Non ci si propini la canzoncina dei costi: la fine coatta di tanti giornali comporterà prezzi elevatissimi. Si dovrà spendere per l'assistenza da erogare alle migliaia di lavoratori e lavoratrici che perderanno il posto di lavoro, in una misura paradossalmente superiore - di gran lunga superiore - a quella bastevole per rifinanziare il Fondo. E si dovranno chiudere aziende che generano lavoro, reddito, entrate fiscali e previdenziali per lo Stato, con buona pace per le stucchevoli filippiche sulla crescita che langue. Ma questo non importa nulla, assolutamente nulla, a chi è alla guida del carro. Anzi. Il governo che si accinge a varare una manovra spaventosamente ingiusta come quella su cui fra qualche giorno sarà posta la fiducia, guarda al tutto - senza un fremito - dal punto di vista di una parte sola: quella dei più forti. Capirete bene che se si riesce a colpire le pensioni da fame lasciando intatte le grandi fortune, le grandi pensioni e i grandi redditi, tutto può davvero accadere. Cosa volete mai che importi a costoro se i giornali politici, o di partito, soccombono, considerato che la politica, quella che nel parlamento sta dando un'agghiacciante dimostrazione di impotenza, ha abdicato ad ogni ruolo e ad ogni responsabilità nascondendosi dietro la foglia di fico della neutralità tecnocratica. Ne è ulteriore, sconfortante dimostrazione il fatto che alla lettera inviata sabato scorso dai direttori di Liberazione, il Manifesto, l'Unità, Europa, Avvenire, Il Secolo, la Padania al presidente del Consiglio, ma anche ai segretari dei partiti, nessuno si è preso il fastidio di rispondere. Sicché neppure l'appello di Giorgio Napolitano ad evitare una grave vulnerazione democratica ha sortito alcun effetto.
Del resto, è questo il tempo in cui la soppressione delle libertà sindacali, i pogrom razzisti, la devastazione del welfare sono diventati moneta corrente. E si fa strada l'assuefazione ad un'ormai travolgente marcia liberticida. Ora tocca alla stampa, altro segnale che dovrebbe ricordare a tutti qualcosa di tremendamente sinistro.
Per noi comunisti, poi, è un'ulteriore messa al bando. Ieri abbiamo subito l'estromissione dal Parlamento in forza di una legge antiproporzionale; oggi ci si chiude la bocca. State attenti anche voi, pavidissimi Democrats che avete sciaguratamente affidato a Mario Monti il vostro futuro. Perché la campana non suona solo per noi.

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