In
un'intervista su L'Unità, Vendola rilancia il centro sinistra sbarrando
di fatto la strada ad ogni ipotesi di riunificazione a sinistra
proposta da Paolo Ferrero segretario del partito della Rifondazione
Comunista. Centrale la questione del Governo, del tutto assente la
questione europea, e il colpo di stato finanziario che stiamo subendo.
Per Vendola il ruolo della BCE, le politiche di austerity imposte dal
SIX PACK, e tutto il resto del corollario sono cose che non contano
evidentemente. Portare ancora acqua al mulino di un PD in crisi di
legittimità dopo il pieno appoggio al Governo Monti vuol dire essere
d'ostacolo allo sviluppo di una sinistra di opposizione di cui in questo
paese oggi c'è estremo bisogno.
Auguri Niki, ieri sera uno dei tuoi amici sindaci del centro sinistra ha privatizzato l'ATAF. Si Chiama Matteo Renzi.
Ecco a voi l'intervista.
Auguri Niki, ieri sera uno dei tuoi amici sindaci del centro sinistra ha privatizzato l'ATAF. Si Chiama Matteo Renzi.
Ecco a voi l'intervista.
Il
leader di Sel: «La foto di Vasto non esiste più. E ora temo per il
Pd». Il governo affronti con la patrimoniale il tema della
redistribuzione della ricchezza.
La
foto di Vasto oramai è strappata, ma Bersani non faccia morire
sull’altare del governo Monti quel «nuovo centrosinistra» che non solo
era dato vincente da tutti i sondaggi, ma aveva ridato speranza a
milioni di italiani. Il leader di Sel e presidente della Puglia Nichi
Vendola appare preoccupato e mette in guardia il Pd dal pericolo di
considerare il governo dei tecnici non come strumento d’emergenza, ma
come propedeutico per nuove alleanze.
Presidente, la manovra Monti è legge. Servirà?
«È sbagliata socialmente e probabilmente inutile dal punto di vista del contenimento del debito pubblico perché non è in grado neppure di evocare il tema dirimente della crescita. Viceversa spinge il paese dentro la voragine recessiva».
Il premier dice che ora comincia la fase due?
«La logica dei due tempi non ha mai funzionato. Sono ancora in attesa di vedere la fase uno, quella che aggredisce alle radice le ragioni della crisi, che pone il tema della ridistribuzione della ricchezza. Dov’ è l’ossigeno che può consentirci di tornare a respirare a pieni polmoni se milioni famiglie subiranno contemporaneamente gli effetti del sadismo sociale di Tremonti e le conseguenze di questa manovra sbagliata?»
Lei che cosa proporrebbe?
«Chiederei di ripartire dalla reintroduzione di una patrimoniale pesante per affrontare i nodi di fondo di questa crisi che è figlia della più grande rapina che il lavoro subordinato ha subito col trasferimento della ricchezza dalle tasche dei lavoratori ai portafogli dei fondi di investimento e delle banche. E poi li inviterei a non dire più la parola crescita senza metterci l’aggettivo sostenibile e a imitare Germania e Inghilterra per fare un protocollo di intesa con la Svizzera per la tassazione dei capitali depositati nelle banche elvetiche. E infine a toccare anche le spese militari. Un sommergibile può contare di più della vita delle persone?»
Sarà riformato anche il mercato del lavoro. Sull’articolo 18, anche grazie ai paletti di Bersani come lei ha riconosciuto, il governo ha fatto marcia indietro. Ma l’articolo 18 è un tabù?
«Sì, perché è il simbolo di un secolo di lotte operaie che da pietra di scarto ha fatto diventare il lavoro pietra angolare della democrazia come testimonia il primo articolo della nostra Costituzione. A Bersani e al sindacato dico: bene questa capacità di tenere saldamente in mano la bandiera dell’articolo 18, ma attenzione perché le relazioni industriali a partire da Pomigliano conoscono un crescente stravolgimento. Ciò che ha animato il Pd e Bersani nei confronti del governo Monti è un sentimento di assoluta generosità nei confronti del Paese, ma ora corre da due pericoli».
Quali?
«Che appunto il mercato del lavoro possa essere stravolto non dalla porta principale, ma da una miriade di microscopiche controrivoluzioni. E poi dall’immagine, coltivata anche da esponenti del Pd, del governo Monti non come governo d’emergenza che gestisce questa fase eccezionale con un timbro palesemente conservatore, ma come governo con un carattere costituente che allude al sistema politico e sociale del futuro. Perché su questo terreno non esisterebbe più il centrosinistra e io sarei all’opposizione».
Con l’Idv che vota no a Monti la foto di Vasto si sta sbiadendo?
«Non c’ è più la foto di Vasto, ma a Bersani chiedo se davvero non ci interessa più definire un’orizzonte di cambiamento, un’alternativa di governo per oltrepassare il berlusconismo. Non ci interessa più quell’elettorato di Di Pietro che è un pezzo di centrosinistra e confrontarci con la rete dei sindaci che sta nascendo attorno a De Magistris? Nell’evo che ha preceduto il governo Monti non solo il centrosinistra era dato vincente nei sondaggi, ma aveva vinto a nelle sfide più importanti come Milano. Ma era il centrosinistra del cambiamento, non genuflesso che si comporta come un chierichetto nei confronti dei poteri costituiti. Voglio dedicare le mie energie a costruire quel nuovo centrosinistra, c’ è bisogno di uscire dall’ambiguità e di aprirne il cantiere. Serve all’Italia perché vedo montare un’onda nera in questo Paese di cui sono fatti evocativi la strage dei senegalesi di Firenze e la luce livida dei pogrom anti-rom di Torino».
Ferrero la invita a unirsi a Rifondazione per ricostruire la sinistra?
«Mi spiace che alla mia sinistra invochino l’unità delle sinistre radicali sul terreno dell’opposizione. Questa richiede un’alternativa di governo. Ma ha bisogno di essere alimentata. Bersani rompa questa specie di autoipnosi per cui col governo tecnico la politica vive una crisi di afasia. Anche perché capisco la situazione d’emergenza, ma non capisco come si possa sopportare il sorgere di alleanze spurie fra Pd e Pdl come a Ischia. C’ è da dare un segnale. Quella non è alta politica dettata da senso di responsabilità, ma pessima politica nata sul terreno dell’affarismo e della corruzione».
Presidente, la manovra Monti è legge. Servirà?
«È sbagliata socialmente e probabilmente inutile dal punto di vista del contenimento del debito pubblico perché non è in grado neppure di evocare il tema dirimente della crescita. Viceversa spinge il paese dentro la voragine recessiva».
Il premier dice che ora comincia la fase due?
«La logica dei due tempi non ha mai funzionato. Sono ancora in attesa di vedere la fase uno, quella che aggredisce alle radice le ragioni della crisi, che pone il tema della ridistribuzione della ricchezza. Dov’ è l’ossigeno che può consentirci di tornare a respirare a pieni polmoni se milioni famiglie subiranno contemporaneamente gli effetti del sadismo sociale di Tremonti e le conseguenze di questa manovra sbagliata?»
Lei che cosa proporrebbe?
«Chiederei di ripartire dalla reintroduzione di una patrimoniale pesante per affrontare i nodi di fondo di questa crisi che è figlia della più grande rapina che il lavoro subordinato ha subito col trasferimento della ricchezza dalle tasche dei lavoratori ai portafogli dei fondi di investimento e delle banche. E poi li inviterei a non dire più la parola crescita senza metterci l’aggettivo sostenibile e a imitare Germania e Inghilterra per fare un protocollo di intesa con la Svizzera per la tassazione dei capitali depositati nelle banche elvetiche. E infine a toccare anche le spese militari. Un sommergibile può contare di più della vita delle persone?»
Sarà riformato anche il mercato del lavoro. Sull’articolo 18, anche grazie ai paletti di Bersani come lei ha riconosciuto, il governo ha fatto marcia indietro. Ma l’articolo 18 è un tabù?
«Sì, perché è il simbolo di un secolo di lotte operaie che da pietra di scarto ha fatto diventare il lavoro pietra angolare della democrazia come testimonia il primo articolo della nostra Costituzione. A Bersani e al sindacato dico: bene questa capacità di tenere saldamente in mano la bandiera dell’articolo 18, ma attenzione perché le relazioni industriali a partire da Pomigliano conoscono un crescente stravolgimento. Ciò che ha animato il Pd e Bersani nei confronti del governo Monti è un sentimento di assoluta generosità nei confronti del Paese, ma ora corre da due pericoli».
Quali?
«Che appunto il mercato del lavoro possa essere stravolto non dalla porta principale, ma da una miriade di microscopiche controrivoluzioni. E poi dall’immagine, coltivata anche da esponenti del Pd, del governo Monti non come governo d’emergenza che gestisce questa fase eccezionale con un timbro palesemente conservatore, ma come governo con un carattere costituente che allude al sistema politico e sociale del futuro. Perché su questo terreno non esisterebbe più il centrosinistra e io sarei all’opposizione».
Con l’Idv che vota no a Monti la foto di Vasto si sta sbiadendo?
«Non c’ è più la foto di Vasto, ma a Bersani chiedo se davvero non ci interessa più definire un’orizzonte di cambiamento, un’alternativa di governo per oltrepassare il berlusconismo. Non ci interessa più quell’elettorato di Di Pietro che è un pezzo di centrosinistra e confrontarci con la rete dei sindaci che sta nascendo attorno a De Magistris? Nell’evo che ha preceduto il governo Monti non solo il centrosinistra era dato vincente nei sondaggi, ma aveva vinto a nelle sfide più importanti come Milano. Ma era il centrosinistra del cambiamento, non genuflesso che si comporta come un chierichetto nei confronti dei poteri costituiti. Voglio dedicare le mie energie a costruire quel nuovo centrosinistra, c’ è bisogno di uscire dall’ambiguità e di aprirne il cantiere. Serve all’Italia perché vedo montare un’onda nera in questo Paese di cui sono fatti evocativi la strage dei senegalesi di Firenze e la luce livida dei pogrom anti-rom di Torino».
Ferrero la invita a unirsi a Rifondazione per ricostruire la sinistra?
«Mi spiace che alla mia sinistra invochino l’unità delle sinistre radicali sul terreno dell’opposizione. Questa richiede un’alternativa di governo. Ma ha bisogno di essere alimentata. Bersani rompa questa specie di autoipnosi per cui col governo tecnico la politica vive una crisi di afasia. Anche perché capisco la situazione d’emergenza, ma non capisco come si possa sopportare il sorgere di alleanze spurie fra Pd e Pdl come a Ischia. C’ è da dare un segnale. Quella non è alta politica dettata da senso di responsabilità, ma pessima politica nata sul terreno dell’affarismo e della corruzione».
Di Vladimiro Frulletti 23 dicembre 2011 www.unità.it
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