Italia, Paese bello, ma disgraziato. Almeno tre disgrazie “politiche”
ci sono toccate in sorte. La prima, e indubbiamente peggiore, una
destra eversiva, razzista e mafiosa, madrina dell’evasione fiscale e dei
predatori di ogni genere, e che oggi con il suo nume tutelare Berlusconi riscopre apertamente le affinità e le simpatie con Mussolini.
La seconda, un centrosinistra smidollato e decerebrato, incapace di fare gli interessi anche solo della sua base elettorale, pronto ad accorrere a “salvare la patria” ingoiando qualsiasi ricetta sia propinata, incline in taluni casi alla corruzione e a gioire comunque dei privilegi della casta.
La terza, una sinistra “aristocratica”, che ha perso anch’essa i legami con il popolo e non trova nulla di meglio da fare che arricciare il nasino di fronte al “populismo”.
Per quanto riguarda questo concetto, ha ragione da vendere Marco d’Eramo (ne il Manifesto di oggi), ricordando il grande esempio di Roosevelt, un presidente statunitense che fu tacciato all’epoca di populismo per aver adottato misure favorevoli alle grandi masse e contrastato quella che all’epoca era la dittatura dei monopoli industriali. Populisti di questo genere sono oggi in America Latina presidenti combattenti come Chavez, Dilma, Cristina, Morales, Correa, anche loro meritano l’infame appellativo perché mettono gli interessi del popolo di fronte a quelli del capitale finanziario.
Tempi cupi ci aspettano . Tempi di recessione agevolata dalle politiche dissennate dell’Unione europea ad egemonia tedesca. La Confindustria prevede la perdita di ottocentomila posti di lavoro. Si può determinare un clima difficile, di cui gli episodi di razzismo avvenuti a Torino e a Firenze potrebbero costituire solo gli antipasti. Come scrive Marco Pagani, in un pregevole saggio sulla crisi greca che ospitiamo nel libro “Finanza, crisi e diritto”, in corso di pubblicazione presso Aracne, “Quando un popolo umiliato, sommerso da debiti che non sono sentiti né come giusti né come propri, viene privato delle possibilità di rialzarsi e della propria sovranità le reazioni possono essere pericolose”.
Scelte coraggiose di stampo “populista” seguendo l’esempio di Roosevelt e dei leader sudamericani rappresentano oggi l’unica speranza per l’Europa e per il nostro Paese in particolare. Occorre augurarsi che si costituisca al più presto, attorno a figure come Luigi De Magistris, Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero, un fronte di sinistra all’altezza delle sfide incombenti. Che Vendola abbandoni machiavelliche ipotesi di elezione alle primarie e si allei anch’esso a questo fronte. Che il Partito democratico si liberi della sua casta e che personaggi come D’Alema, Veltroni, Letta junior, Renzi, etc. vadano finalmente a rimpolpare il Terzo Polo seguendo l’antesignano Rutelli, sprigionando le molte energie sane che questo Partito tuttora racchiude. E soprattutto che si sviluppi un forte movimento di massa sulle questioni concrete: lavoro, casa, acqua, ambiente, precariato, reddito, pace, ecc., e che tale movimento sia in grado di “dare la linea” alle rappresentanze politiche. Per costruire l’unico bipolarismo che vale la pena di fare: quello fra il 99% degli sfruttati e l’1% degli sfruttatori.
I prossimi mesi saranno decisivi. Da una crisi come questa si esce a destra o a sinistra. La via d’uscita di destra però è illusoria e porta solo a miseria, dittature, guerre e razzismo. Quindi bisogna essere di sinistra se si vuole bene al nostro Paese e all’umanità. Ma esserlo sul serio e fino in fondo.
La seconda, un centrosinistra smidollato e decerebrato, incapace di fare gli interessi anche solo della sua base elettorale, pronto ad accorrere a “salvare la patria” ingoiando qualsiasi ricetta sia propinata, incline in taluni casi alla corruzione e a gioire comunque dei privilegi della casta.
La terza, una sinistra “aristocratica”, che ha perso anch’essa i legami con il popolo e non trova nulla di meglio da fare che arricciare il nasino di fronte al “populismo”.
Per quanto riguarda questo concetto, ha ragione da vendere Marco d’Eramo (ne il Manifesto di oggi), ricordando il grande esempio di Roosevelt, un presidente statunitense che fu tacciato all’epoca di populismo per aver adottato misure favorevoli alle grandi masse e contrastato quella che all’epoca era la dittatura dei monopoli industriali. Populisti di questo genere sono oggi in America Latina presidenti combattenti come Chavez, Dilma, Cristina, Morales, Correa, anche loro meritano l’infame appellativo perché mettono gli interessi del popolo di fronte a quelli del capitale finanziario.
Tempi cupi ci aspettano . Tempi di recessione agevolata dalle politiche dissennate dell’Unione europea ad egemonia tedesca. La Confindustria prevede la perdita di ottocentomila posti di lavoro. Si può determinare un clima difficile, di cui gli episodi di razzismo avvenuti a Torino e a Firenze potrebbero costituire solo gli antipasti. Come scrive Marco Pagani, in un pregevole saggio sulla crisi greca che ospitiamo nel libro “Finanza, crisi e diritto”, in corso di pubblicazione presso Aracne, “Quando un popolo umiliato, sommerso da debiti che non sono sentiti né come giusti né come propri, viene privato delle possibilità di rialzarsi e della propria sovranità le reazioni possono essere pericolose”.
Scelte coraggiose di stampo “populista” seguendo l’esempio di Roosevelt e dei leader sudamericani rappresentano oggi l’unica speranza per l’Europa e per il nostro Paese in particolare. Occorre augurarsi che si costituisca al più presto, attorno a figure come Luigi De Magistris, Antonio Di Pietro, Paolo Ferrero, un fronte di sinistra all’altezza delle sfide incombenti. Che Vendola abbandoni machiavelliche ipotesi di elezione alle primarie e si allei anch’esso a questo fronte. Che il Partito democratico si liberi della sua casta e che personaggi come D’Alema, Veltroni, Letta junior, Renzi, etc. vadano finalmente a rimpolpare il Terzo Polo seguendo l’antesignano Rutelli, sprigionando le molte energie sane che questo Partito tuttora racchiude. E soprattutto che si sviluppi un forte movimento di massa sulle questioni concrete: lavoro, casa, acqua, ambiente, precariato, reddito, pace, ecc., e che tale movimento sia in grado di “dare la linea” alle rappresentanze politiche. Per costruire l’unico bipolarismo che vale la pena di fare: quello fra il 99% degli sfruttati e l’1% degli sfruttatori.
I prossimi mesi saranno decisivi. Da una crisi come questa si esce a destra o a sinistra. La via d’uscita di destra però è illusoria e porta solo a miseria, dittature, guerre e razzismo. Quindi bisogna essere di sinistra se si vuole bene al nostro Paese e all’umanità. Ma esserlo sul serio e fino in fondo.
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