venerdì 30 dicembre 2011

LIBERAZIONE, ALCUNE PAROLE FUORI DAL CORO


Sono stato nel 1992 tra i sei giornalisti professionisti che costituivano la prima redazione di Liberazione. Le parole amare e crude che sto scrivendo le ho dette, inascoltato ed in rigorosa minoranza, da tre anni in ogni sede di partito in cui sono stato coinvolto . Per il legame fortissimo che mi lega a quella esperienza non le ho mai dette a cuor leggero e sempre nel rispetto di chi Liberazione la faceva uscire ogni giorno. Chi ha ucciso Liberazione? Ho una risposta diversa da quelle che circolano, l’una contro l’altra, in questi ultimi amari giorni di vita del nostro giornale. Non ho dubbi su chi l’ha uccisa : gli elettori. All’indomani della sonora sconfitta della Sinistra Arcobaleno (di nuovo un rimosso??) gli elettori avevano bocciato non solo un progetto politico ma anche il suo braccio comunicativo : l’unico quotidiano che sosteneva quella strana avventura politica. Per me non c’erano dubbi : una forza extraparlamentare non può permettersi un quotidiano politico che raggiunge a mala pena cinquemila lettori spolpando le residue risorse economiche del partito. Era capitato anche al Quotidiano dei Lavoratori che uscì solo per tre giorni dopo il mancato raggiungimento del quorum di DP ( che si presentava nel cartello di Nuova Sinistra Unita). Proponevo di chiudere Liberazione quotidiano cartaceo e di trasformarlo in settimanale e in quotidiano on line con tanto di radio e tv via web. In quella rovinosa sconfitta potevamo inventarsi forme nuove di comunicazione in grado di aumentare la superficie di contatto delle nostre idee con un maggior numero di persone. Suggerivo di guardare a cosa succedeva in Europa nella comunicazione alternativa e di sinistra e facevo notare che ormai nella tradizione classica del partito/ quotidiano nel vecchio continente rimaneva solo l’Humanitè (tra l’altro bruscamente ridimensionato nella sua parte cartacea e potenziato invece nella parte on line). Ma la rifondazione dei nostri modi di comunicare evidentemente, ma aggiungo io incredibilmente, non era all’ordine del giorno. Prima si è usata Liberazione, quella di Sansonetti, contro il progetto politico scelto democraticamente dagli iscritti ed iscritte di non sciogliere Rifondazione Comunista. Poi mi si è spiegato che se non facevamo uscire il giornale ci rimettevamo economicamente (ma intanto vendevamo le sedi di partito e nelle direzioni nazionali eravamo costretti a votare diversi salvataggi economici del giornale). Poi Berlusconi prima , Monti dopo non avendo in alcun modo a cuore la libertà d’informazione hanno falcidiato fino ai minimi termini il fondo sull’editoria sulle quale fondavamo le residue speranze di far vivere un quotidiano di otto pagine che chiudeva in redazione alle 19.30 raggiungendo solo una parte dell’edicole del Paese. Il segretario Paolo Ferrero ha spiegato molto bene quello che il partito ha fatto per far sopravvivere Liberazione come quotidiano e a questa parte di storia non ho niente da aggiungere.
Rimane il mio cruccio che in tutta questa vicenda non si sia mai posto sul serio il problema di quale comunicazione avevamo bisogno, se l’impresa che con Doddoli iniziammo ormai quasi venti anni fa aveva ancora un senso , nel mondo di internet, di facebook, di twuitter. Per intenderci una esperienza come www.controlacrisi.org ha una platea di lettori molto superiore a quella di Liberazione, eppure il partito ci ha investito poco o niente.
Pur ritenendomi un comunista libertario, alla disciplina di partito e alle decisioni collegialmente assunte mi sono sempre attenuto. Il partito decideva che Liberazione quotidiano doveva vivere e come un soldatino ho obbedito partecipando alle cene di sottoscrizione, alle campagne di autofinanziamento, avendo l’onore di scriverci ogni volta che mi è stato chiesto. Ho solidarizzato con i lavoratori e sostenuto ogni iniziativa che ne limitasse il disagio.
Non posso però non insorgere davanti ai maldestri tentativi di questi giorni di addossare sul partito le responsabilità della chiusura di Liberazione. Mi incazzo letteralmente quando leggo che qualcuno, strumentalmente, mette in contraddizione il Prc che solidarizza con i lavoratori delle aziende in lotta con la decisione di chiudere, a causa dei tagli di Monti, l’esperienza del quotidiano cartaceo.
Allora è utile ricordare le cose che sono scritte all’inizio di questo articolo : a decretare la morte di Liberazione quotidiano cartaceo sono stati gli elettori che ci hanno severamente punito il 14 e 15 aprile 2008. Di fronte a quella catastrofe politica l’idea di rimanere uguali a se stessi è stato un grave errore. Come per il Prc anche per Liberazione è arrivato il tempo di ripensare se stessi e diventare maggiormente utili socialmente. C’è un grande patrimonio di saperi, esperienze e inchieste da non disperdere e che meritano di arrivare ad un pubblico più vasto e non solo di nicchia. Ragioniamo di una Liberazione settimanale , più aderente anche ai bisogni militanti del partito e di un quotidiano on line al quale affiancare radio e tv via web. Liberazione può e deve vivere . Innoviamoci e impegniamoci insieme per questo obiettivo.
 
di Alfio Nicotra, www.controlacrici.org

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