Nessun esponente della sinistra di classe italiana siede più nel Parlamento nazionale e nel Parlamento europeo. E’ dalla fine dell’Ottocento, quando fu eletto il primo deputato socialista nel parlamento, fatto salvo il periodo fascista, che questo non accadeva. Il lavoro è privo di rappresentanza politica anche sul piano squisitamente istituzionale.
Le forze presenti nel Parlamento all’opposizione del governo Berlusconi sostengono l’equidistanza tra capitale e lavoro come tratto costitutivo (PD), oppure si caratterizzano per un populismo demagogico che affida alla “legalità” la risoluzione dei conflitti fra impresa e lavoro (IDV).
Vi è il fondato rischio che l’Italia approdi definitivamente ad una “americanizzazione” del quadro politico e sociale, dove interessi sociali e rappresentanza politica si riferiscano a frazioni della borghesia e dei gruppi industriali ed editoriali, in concorrenza si, ma esclusivamente all’interno del medesimo riferimento sociale e culturale. Il mercato, la libera concorrenza, la proprietà privata, l’equiparazione tra lavoratore ed imprenditore: il dominio del capitalismo e la sua sacralità.
Lo stesso sistema istituzionale, attraverso una legge elettorale maggioritaria con premio di maggioranza, e l’accentramento negli esecutivi della residua dialettica politica, a scapito delle assemblee rappresentative, si organizza coerentemente con l’esclusione del lavoro come soggettività politica autonoma.
L’iniziativa di Marchionne - antidemocratico, illiberale e autoritario, così definito dalla segretaria generale della CGIL Susanna Camusso - sul piano sociale è complementare a quella di Berlusconi sul piano politico-istituzionale. La firma di CISL e UIL li trasforma, oggettivamente, in sindacati aziendalisti che propagandano la posizione della FIAT.
L’esclusione della Fiom-CGIL dalle fabbriche del gruppo FIAT, voluta da Marchionne ed appoggiata e difesa da CISL e UIL, rappresenta un ritorno agli anni Cinquanta, quelli della cacciata dei comunisti dalle aziende e dei reparti confino. La costituita Federazione della Sinistra, momento fondamentale di aggregazione della sinistra anticapitalista, deve assumere in pieno la gravità storica di questo passaggio. Una sinistra anticapitalista che non rinunci ad una teoria generale della transizione al socialismo e ad una idea di modello alternativo di società, pena l’essere subordinata alla cultura borghese e condannata a confliggere all’interno del recinto della società capitalista. Prc, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro-Solidarietà, consapevoli della necessità di dar vita ad un nuovo soggetto politico, hanno dato prova di umiltà, nel riconoscere che ciascun soggetto era singolarmente inadeguato alle necessità, e di grande generosità, affidando alla Federazione della Sinistra il compito di invertire la tendenza alla divisione ed alla frammentazione che tanto danno ha arrecato alla sinistra e soprattutto alla classe operaia. A questa unità non c’è alternativa, pena una miseranda lotta fratricida fra quel poco che resta delle tradizioni della sinistra di classe. Nella Federazione vivono i momenti più alti della storia del movimento operaio italiano, la tradizione comunista (proveniente dal PCI e dalla nuova sinistra) e quella socialista (con particolare riferimento alle capacità di analisi del capitalismo italiano “maturo” degli anni ’60 e ’70), l’antifascismo e le grandi lotte dei movimenti per la pace ed i diritti civili.
La Federazione della Sinistra riafferma, finalmente, la centralità del lavoro. La sinistra italiana si è infatti progressivamente trasformata da soggetto rappresentativo di forti interessi di classe e portatore di un progetto di società alternativa, in un’area politico culturale definita da valori: una forza d’opinione non radicata nella classe. Gli operai - e più complessivamente il lavoro dipendente privato e pubblico-, venuti meno i partiti politici di massa, sono privi di potere politico. Si crea così uno squilibrio fra le classi sociali che mina la stessa Costituzione repubblicana.
A opporsi in prima linea, nei luoghi di lavoro, è rimasta solo la CGIL come grande organizzazione di massa. Appare evidente come l’unica grande forza di contrasto alla distruzione dei diritti dei lavoratori, allo loro frantumazione, al razzismo e a tutela della democrazia come sintesi non solo di libertà e diritti politici ma anche di diritti materiali sia proprio la CGIL. Ma senza una forza politica che rappresenti e organizzi il lavoro la stessa tenuta della CGIL è messa a dura prova. La stessa CGIL, in assenza di una prospettiva di trasformazione generale della società e di un adeguato partito che rappresenti gli interessi di classe, è da troppo tempo sulla difensiva. I sindacati infatti, anche quando si muovono al meglio delle loro potenzialità, in assenza di un partito dei lavoratori di ispirazione socialista e comunista, sono destinati a muoversi su un piano di subordinazione e di resistenza. La presenza dei partiti di massa nei luoghi di lavoro alimentava infatti la diffusione tra i lavoratori di una cultura e di una progettualità che vivificavano l’azione dei sindacati.
Questa è la precondizione per una ripresa dell’offensiva da parte della CGIL. Questa è per noi l’importanza strategica della Federazione della Sinistra, che va fatta vivere senza remore e titubanze come soggetto politico unitario ed autonomo. Per noi che abbiamo dato vita all’associazione Lavoro-Solidarietà, sindacalisti e delegati della CGIL che ritengono fondamentale mettere la propria faccia direttamente anche sul piano dell’iniziativa politica, la Federazione merita tutto il nostro impegno e la nostra passione. Allargare l’adesione alla proposta politica e ideologica di Lavoro-Solidarietà a tutti quanti e tutte quante ne condividano il profilo è il nostro impegno per l’oggi.
1. Per la difesa della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, organizzata sui partiti di massa e sulla libera espressione del conflitto di classe, fondata sul lavoro.
2. Per il ripristino di una legge elettorale proporzionale senza sbarramento che ridia centralità del Parlamento e renda possibile la rappresentazione nella sfera istituzionale di forze politiche fondate sul lavoro.
3. Per un sistema di rappresentanza delle forze sindacali basato sul consenso ottenuto nelle votazione nelle RSU - da estendere obbligatoriamente a tutto il mondo del lavoro - e dalle adesioni certificate, in modo che nessuna minoranza possa sottoscrivere contratti validi per tutti i lavoratori, stabilendo altresì la possibilità che in caso di disaccordo da parte di forze sindacali rappresentative possa essere indetto, anche a fronte della firma di organizzazioni sindacali rappresentative dalla maggioranza dei lavoratori, un referendum sull’intesa eventualmente sottoscritta.
4. Per una politica industriale che impedisca la marginalità dell’Italia all’interno della divisione internazionale del lavoro, nella consapevolezza che la borghesia nazionale è totalmente incapace di svolgere questo ruolo, affidando i propri guadagni alla rendita e a forme di monopoli privati figli della svendita del patrimonio e delle competenze del pubblico.
5. Per l’intervento diretto dello Stato nei settori industriali strategici, ripubblicizzando altresì tutte le attività che rivestono un interesse collettivo prioritario, come le imprese a rete (energia, trasporti, acqua, rifiuti, telecomunicazioni) ed i beni comuni.
6. Per la riconquista di un sistema contrattuale di regole certe ed universali per tutti i lavoratori, che riunifichi il mondo del lavoro e che operi un recupero salariale reale, anche attraverso una distribuzione di una quota della crescita di produttività, tale da portare, in un tempo ragionevole, il monte salari globale al 50% del reddito nazionale, a fronte della quota attuale del 40%. Non c’è difesa della Costituzione possibile se non difendendo il ruolo politico del lavoro, e quindi il suo potere, a fronte del potere dell’impresa. Questione democratica e questione sociale per noi si tengono reciprocamente.
7. Per una proposta elettorale che metta in campo uno schieramento ampio, di alleanza democratica, a fronte della presenza di una destra eversiva come quella rappresentata dall’attuale maggioranza di Governo.
8. Per una proposta elettorale che contenga altresì elementi programmatici qualificanti sul piano sociale, come l’abolizione di tutte le normative che precarizzano il lavoro, distruggono l’Università e la scuola pubblica, aboliscono “di fatto” il diritto del lavoro sostituito dalla norma sull’arbitrato.
9. Per una politica industriale che una volta individuati i settori manifatturieri sui quali puntare utilizzi anche l’intervento diretto dello Stato nella proprietà, come accade in molti paesi europei.
10. Per una tassazione delle rendite e dei grandi patrimoni in modo da finanziare sia l’estensione e la riforma degli ammortizzatori sociali che politiche di sviluppo e infrastrutturali che indichino una via alta dello sviluppo, da accompagnare con maggiori investimenti in istruzione e ricerca.
11. Per la creazione di una cultura di governo di sinistra, per dire non solo cosa non bisogna fare, ma cosa si deve e si può fare e soprattutto cosa faremmo se riuscissimo ad ottenere i consensi necessari a governare. Per cosa dovremmo essere votati e soprattutto quale dovrebbe essere la tangibile utilità sociale per i soggetti che vogliamo rappresentare. Organizzare anzi, non solo rappresentare.
12. Per aprire da subito una offensiva politica nei confronti di Sinistra Ecologia e Libertà, per costruire una piattaforma programmatica comune in modo da riempire di contenuti più avanzati l’alleanza democratica.
13. Per la riunificazione, all’interno della Federazione, di tutti i comunisti e le comuniste, che vada oltre il necessario superamento della divisione del Prc e del Pdci, due partiti che nel nome si dicono comunisti e nel simbolo hanno la falce e martello. Processo che non sia esclusivamente organizzativistico, ma si confronti sull’analisi del capitalismo attuale e sulla storia del movimento comunista internazione, in modo da indicare quale prospettiva possa assumere l’indicazione del Socialismo del XXI° secolo.
Stare nella Federazione con le posizioni di Lavoro Solidarietà significa quindi rafforzare gli elementi di classe del progetto, rafforzare una visione maggioritaria della nostra iniziativa politica e del nostro radicamento sociale, comprendere la centralità della CGIL nello scontro sociale attuale, valorizzandone le iniziative, ponendosi come interlocutore privilegiato all’interno delle varie forze politiche.
Per una forza di classe che organizzi la classe, facendo particolare attenzione alla forza lavoro precaria ed a quella immigrata - operai, 8 milioni e 149 mila secondo la rilevazione Istat del 2008, larga parte del lavoro dipendente pubblico privato d’altro genere, 7 milioni 301 mila sempre Istat 2008, giovani lavoratori atipici, gran parte del falso lavoro autonomo, migranti, disoccupati, gran parte dei pensionati: pur rappresentando la maggioranza della popolazione e ciò che dovrebbe costituire il blocco sociale della sinistra sono ad oggi divisi ed egemonizzati da 250 mila imprenditori privati e dalla parte abbiente di 3-4 milioni di lavoratori autonomi -, che faccia del marxismo il proprio strumento di analisi, che valorizzi il pensiero di Antonio Gramsci, che non sia né settaria né minoritaria – quando necessario magari estremista - , che sfidi la SEL sul terreno dell’unità della sinistra ed il Pd sul piano dell’alleanza democratica contro la destra eversiva. Una forza che riprenda il ripudio della guerra come risoluzione delle controversie internazionali, così come sancito nella Carta Costituzionale, ma soprattutto così come vive ed è sempre vissuto all’interno del movimento dei lavoratori, riprendendo anche una battaglia antimilitarista. Che stia sempre dalla parte della ragione: quella dei lavoratori e delle lavoratrici, della loro dignità, dei loro diritti e del loro potere organizzato.
Questo è il tempo della semina.
Firenze, dicembre 2010
Le forze presenti nel Parlamento all’opposizione del governo Berlusconi sostengono l’equidistanza tra capitale e lavoro come tratto costitutivo (PD), oppure si caratterizzano per un populismo demagogico che affida alla “legalità” la risoluzione dei conflitti fra impresa e lavoro (IDV).
Vi è il fondato rischio che l’Italia approdi definitivamente ad una “americanizzazione” del quadro politico e sociale, dove interessi sociali e rappresentanza politica si riferiscano a frazioni della borghesia e dei gruppi industriali ed editoriali, in concorrenza si, ma esclusivamente all’interno del medesimo riferimento sociale e culturale. Il mercato, la libera concorrenza, la proprietà privata, l’equiparazione tra lavoratore ed imprenditore: il dominio del capitalismo e la sua sacralità.
Lo stesso sistema istituzionale, attraverso una legge elettorale maggioritaria con premio di maggioranza, e l’accentramento negli esecutivi della residua dialettica politica, a scapito delle assemblee rappresentative, si organizza coerentemente con l’esclusione del lavoro come soggettività politica autonoma.
L’iniziativa di Marchionne - antidemocratico, illiberale e autoritario, così definito dalla segretaria generale della CGIL Susanna Camusso - sul piano sociale è complementare a quella di Berlusconi sul piano politico-istituzionale. La firma di CISL e UIL li trasforma, oggettivamente, in sindacati aziendalisti che propagandano la posizione della FIAT.
L’esclusione della Fiom-CGIL dalle fabbriche del gruppo FIAT, voluta da Marchionne ed appoggiata e difesa da CISL e UIL, rappresenta un ritorno agli anni Cinquanta, quelli della cacciata dei comunisti dalle aziende e dei reparti confino. La costituita Federazione della Sinistra, momento fondamentale di aggregazione della sinistra anticapitalista, deve assumere in pieno la gravità storica di questo passaggio. Una sinistra anticapitalista che non rinunci ad una teoria generale della transizione al socialismo e ad una idea di modello alternativo di società, pena l’essere subordinata alla cultura borghese e condannata a confliggere all’interno del recinto della società capitalista. Prc, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro-Solidarietà, consapevoli della necessità di dar vita ad un nuovo soggetto politico, hanno dato prova di umiltà, nel riconoscere che ciascun soggetto era singolarmente inadeguato alle necessità, e di grande generosità, affidando alla Federazione della Sinistra il compito di invertire la tendenza alla divisione ed alla frammentazione che tanto danno ha arrecato alla sinistra e soprattutto alla classe operaia. A questa unità non c’è alternativa, pena una miseranda lotta fratricida fra quel poco che resta delle tradizioni della sinistra di classe. Nella Federazione vivono i momenti più alti della storia del movimento operaio italiano, la tradizione comunista (proveniente dal PCI e dalla nuova sinistra) e quella socialista (con particolare riferimento alle capacità di analisi del capitalismo italiano “maturo” degli anni ’60 e ’70), l’antifascismo e le grandi lotte dei movimenti per la pace ed i diritti civili.
La Federazione della Sinistra riafferma, finalmente, la centralità del lavoro. La sinistra italiana si è infatti progressivamente trasformata da soggetto rappresentativo di forti interessi di classe e portatore di un progetto di società alternativa, in un’area politico culturale definita da valori: una forza d’opinione non radicata nella classe. Gli operai - e più complessivamente il lavoro dipendente privato e pubblico-, venuti meno i partiti politici di massa, sono privi di potere politico. Si crea così uno squilibrio fra le classi sociali che mina la stessa Costituzione repubblicana.
A opporsi in prima linea, nei luoghi di lavoro, è rimasta solo la CGIL come grande organizzazione di massa. Appare evidente come l’unica grande forza di contrasto alla distruzione dei diritti dei lavoratori, allo loro frantumazione, al razzismo e a tutela della democrazia come sintesi non solo di libertà e diritti politici ma anche di diritti materiali sia proprio la CGIL. Ma senza una forza politica che rappresenti e organizzi il lavoro la stessa tenuta della CGIL è messa a dura prova. La stessa CGIL, in assenza di una prospettiva di trasformazione generale della società e di un adeguato partito che rappresenti gli interessi di classe, è da troppo tempo sulla difensiva. I sindacati infatti, anche quando si muovono al meglio delle loro potenzialità, in assenza di un partito dei lavoratori di ispirazione socialista e comunista, sono destinati a muoversi su un piano di subordinazione e di resistenza. La presenza dei partiti di massa nei luoghi di lavoro alimentava infatti la diffusione tra i lavoratori di una cultura e di una progettualità che vivificavano l’azione dei sindacati.
Questa è la precondizione per una ripresa dell’offensiva da parte della CGIL. Questa è per noi l’importanza strategica della Federazione della Sinistra, che va fatta vivere senza remore e titubanze come soggetto politico unitario ed autonomo. Per noi che abbiamo dato vita all’associazione Lavoro-Solidarietà, sindacalisti e delegati della CGIL che ritengono fondamentale mettere la propria faccia direttamente anche sul piano dell’iniziativa politica, la Federazione merita tutto il nostro impegno e la nostra passione. Allargare l’adesione alla proposta politica e ideologica di Lavoro-Solidarietà a tutti quanti e tutte quante ne condividano il profilo è il nostro impegno per l’oggi.
1. Per la difesa della Costituzione repubblicana, nata dalla Resistenza antifascista, organizzata sui partiti di massa e sulla libera espressione del conflitto di classe, fondata sul lavoro.
2. Per il ripristino di una legge elettorale proporzionale senza sbarramento che ridia centralità del Parlamento e renda possibile la rappresentazione nella sfera istituzionale di forze politiche fondate sul lavoro.
3. Per un sistema di rappresentanza delle forze sindacali basato sul consenso ottenuto nelle votazione nelle RSU - da estendere obbligatoriamente a tutto il mondo del lavoro - e dalle adesioni certificate, in modo che nessuna minoranza possa sottoscrivere contratti validi per tutti i lavoratori, stabilendo altresì la possibilità che in caso di disaccordo da parte di forze sindacali rappresentative possa essere indetto, anche a fronte della firma di organizzazioni sindacali rappresentative dalla maggioranza dei lavoratori, un referendum sull’intesa eventualmente sottoscritta.
4. Per una politica industriale che impedisca la marginalità dell’Italia all’interno della divisione internazionale del lavoro, nella consapevolezza che la borghesia nazionale è totalmente incapace di svolgere questo ruolo, affidando i propri guadagni alla rendita e a forme di monopoli privati figli della svendita del patrimonio e delle competenze del pubblico.
5. Per l’intervento diretto dello Stato nei settori industriali strategici, ripubblicizzando altresì tutte le attività che rivestono un interesse collettivo prioritario, come le imprese a rete (energia, trasporti, acqua, rifiuti, telecomunicazioni) ed i beni comuni.
6. Per la riconquista di un sistema contrattuale di regole certe ed universali per tutti i lavoratori, che riunifichi il mondo del lavoro e che operi un recupero salariale reale, anche attraverso una distribuzione di una quota della crescita di produttività, tale da portare, in un tempo ragionevole, il monte salari globale al 50% del reddito nazionale, a fronte della quota attuale del 40%. Non c’è difesa della Costituzione possibile se non difendendo il ruolo politico del lavoro, e quindi il suo potere, a fronte del potere dell’impresa. Questione democratica e questione sociale per noi si tengono reciprocamente.
7. Per una proposta elettorale che metta in campo uno schieramento ampio, di alleanza democratica, a fronte della presenza di una destra eversiva come quella rappresentata dall’attuale maggioranza di Governo.
8. Per una proposta elettorale che contenga altresì elementi programmatici qualificanti sul piano sociale, come l’abolizione di tutte le normative che precarizzano il lavoro, distruggono l’Università e la scuola pubblica, aboliscono “di fatto” il diritto del lavoro sostituito dalla norma sull’arbitrato.
9. Per una politica industriale che una volta individuati i settori manifatturieri sui quali puntare utilizzi anche l’intervento diretto dello Stato nella proprietà, come accade in molti paesi europei.
10. Per una tassazione delle rendite e dei grandi patrimoni in modo da finanziare sia l’estensione e la riforma degli ammortizzatori sociali che politiche di sviluppo e infrastrutturali che indichino una via alta dello sviluppo, da accompagnare con maggiori investimenti in istruzione e ricerca.
11. Per la creazione di una cultura di governo di sinistra, per dire non solo cosa non bisogna fare, ma cosa si deve e si può fare e soprattutto cosa faremmo se riuscissimo ad ottenere i consensi necessari a governare. Per cosa dovremmo essere votati e soprattutto quale dovrebbe essere la tangibile utilità sociale per i soggetti che vogliamo rappresentare. Organizzare anzi, non solo rappresentare.
12. Per aprire da subito una offensiva politica nei confronti di Sinistra Ecologia e Libertà, per costruire una piattaforma programmatica comune in modo da riempire di contenuti più avanzati l’alleanza democratica.
13. Per la riunificazione, all’interno della Federazione, di tutti i comunisti e le comuniste, che vada oltre il necessario superamento della divisione del Prc e del Pdci, due partiti che nel nome si dicono comunisti e nel simbolo hanno la falce e martello. Processo che non sia esclusivamente organizzativistico, ma si confronti sull’analisi del capitalismo attuale e sulla storia del movimento comunista internazione, in modo da indicare quale prospettiva possa assumere l’indicazione del Socialismo del XXI° secolo.
Stare nella Federazione con le posizioni di Lavoro Solidarietà significa quindi rafforzare gli elementi di classe del progetto, rafforzare una visione maggioritaria della nostra iniziativa politica e del nostro radicamento sociale, comprendere la centralità della CGIL nello scontro sociale attuale, valorizzandone le iniziative, ponendosi come interlocutore privilegiato all’interno delle varie forze politiche.
Per una forza di classe che organizzi la classe, facendo particolare attenzione alla forza lavoro precaria ed a quella immigrata - operai, 8 milioni e 149 mila secondo la rilevazione Istat del 2008, larga parte del lavoro dipendente pubblico privato d’altro genere, 7 milioni 301 mila sempre Istat 2008, giovani lavoratori atipici, gran parte del falso lavoro autonomo, migranti, disoccupati, gran parte dei pensionati: pur rappresentando la maggioranza della popolazione e ciò che dovrebbe costituire il blocco sociale della sinistra sono ad oggi divisi ed egemonizzati da 250 mila imprenditori privati e dalla parte abbiente di 3-4 milioni di lavoratori autonomi -, che faccia del marxismo il proprio strumento di analisi, che valorizzi il pensiero di Antonio Gramsci, che non sia né settaria né minoritaria – quando necessario magari estremista - , che sfidi la SEL sul terreno dell’unità della sinistra ed il Pd sul piano dell’alleanza democratica contro la destra eversiva. Una forza che riprenda il ripudio della guerra come risoluzione delle controversie internazionali, così come sancito nella Carta Costituzionale, ma soprattutto così come vive ed è sempre vissuto all’interno del movimento dei lavoratori, riprendendo anche una battaglia antimilitarista. Che stia sempre dalla parte della ragione: quella dei lavoratori e delle lavoratrici, della loro dignità, dei loro diritti e del loro potere organizzato.
Questo è il tempo della semina.
Firenze, dicembre 2010
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