Scivoliamo su un piano inclinato e ci illudiamo di star fermi. Non è così. Berlusconi è sempre Berlusconi ma qualcosa accade. Il 14 dicembre ha dato avvio a un ulteriore imbarbarimento del Paese. Voci nel deserto, non ci stanchiamo di dirlo: la democrazia italiana corre gravissimi rischi.
Il golpe di Marchionne non riguarda solo la Fiat, prelude all’azzeramento dei diritti di tutto il lavoro dipendente. Oggi nel privato, domani nel pubblico. La Cisl si illude di vincere perché la logica partecipativa diventa teoria ufficiale delle relazioni industriali. Domani pagherà anch’essa la distruzione della contrattazione alla quale sta dando sciaguratamente man forte.
Il ministro Sacconi (architetto, con Tremonti, dello smantellamento della Costituzione e dello Stato sociale) critica la resistenza «ideologica» della Fiom nel nome del pragmatismo, maschera ideologica degli interessi padronali. Quasi nessuno esce dal coro degli opportunisti.
Nemmeno nel Pd che – per dirla con l’on. Bersani – «traccheggia» (e di fatto avalla), come se l’unità (traballante) di un partito valesse ciò che rimane dei diritti dei lavoratori. Anche costoro si illudono: che ne sarà della loro base sociale quando gli ultimi presidi della forza organizzata del lavoro saranno stati spazzati via?
Intanto infuria la guerra contro la stampa libera. Con la scusa dei conti pubblici una cinquantina di testate vengono strozzate. Tra loro Liberazione, il manifesto, forse l’Unità, nata giusto ottant’anni fa per iniziativa di Gramsci sull’onda della speranza di un’imminente liberazione delle masse proletarie. Non ha nulla da dire al riguardo il presidente della Repubblica, garante di una Costituzione che annovera la libertà di stampa tra i cardini dello Stato democratico?
Infine, mentre si avvicina il giorno del giudizio sul «legittimo impedimento», le cronache riferiscono dell’ennesimo attacco di Berlusconi alle «toghe comuniste».
Berlusconi non conosce scrupoli né remore. Lo ripetiamo: pur di salvarsi da una condanna penale che porrebbe fine alla sua avventura, non esiterebbe a precipitare il Paese in uno scontro totale. Ci aspettano giorni cruciali, come a suo tempo all’indomani del delitto Matteotti. Allora il regime fu a un passo dal crollo, Mussolini resistette e il Paese si avviò verso la catastrofe. La situazione attuale è diversa ma non meno rischiosa, soprattutto per l’assenza di un’opposizione che sappia trasmettere all’opinione pubblica la coscienza del pericolo.
Nel dibattito finale sulla Gemini la senatrice Finocchiaro, capogruppo del Pd, reagì alla gazzarra del Pdl e, rivolta al presidente Schifani, protestò l’inaccettabilità di espressioni di scherno indegne – disse – di un’«opposizione responsabile». Responsabile nei confronti di chi, senatrice Finocchiaro?
Alberto Burgio, Liberazione
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