Nel giorno del referendum sull'ultimatum di Marchionne ai lavoratori della Fiat e della sentenza della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento, il PD si spacca ed accelera la sua crisi verso il disfacimento.
L'anomalia della politica italiana si aggrava: il maggiore partito di opposizione non riesce a darsi una linea diversa e di reale alternativa al blocco di centrodestra ma anzi si contorce in se stesso. Se il centrodestra dovesse avere altre crisi dopo quella che ha portato alla secessione del gruppo di Fini, il PD non sarebbe in grado di offrire al Paese un progetto, un governo.
La crisi deriva dall'allontanamento delle forze fondatrici del PD dalle radici che un tempo diedero vita all'esperimento dell'Ulivo che fu impregnato di un progressismo moderato che aveva una sua dignità ed era capace di essere un ethos per un elettorato civile e democratico.
La deriva del PD verso la sua decomposizione, la sua insignificanza politica si è sviluppata dalla vittoria del centrosinistra che diede vita al Governo Prodi. Questi era incalzato da destra dal partito guidato da Veltroni e faceva a gara a chi la sparava più a destra tra partito e governo. Questa tensione di destra mise in grandissima difficoltà la sinistra radicale che per paura di essere accusata di mettere in crisi il governo (cosa che è poi comunque avvenuta) si è disintegrata accettando tutte le scelte di destra del governo in politica estera accettando le guerre coloniali e sostenendole in politica sociale subendo gli accordi del 23 luglio 2007 tra Prodi e le Confederazioni Sindacali che rovinavano il sistema pensionistico, trasformavano il lavoro in precariato, universalizzavano le privatizzazioni presentandole come panacea di efficientismo e produttività.
Oggi il PD non ha più niente che ricordi i grandi movimenti politici dei quali è l'epigono infelice. E' stato contaminato dalla lue del pensiero liberista e non riesce più a vedere al centro della sua politica nè l'uomo della Rerum Novarum nè del Manifesto dei Comunisti; vede solo l'Impresa ed è ossessionato da "riforme" che la destra ha imposto alle Oligarchie della politica, riforme che hanno snaturato il senso stesso della parola per diventare opere di restauro dell'ancien regime in una visione che è non solo precostituzionale ma, per certi versi, anche prerisorgimentale. Il federalismo di Bossi non è certamente quello di Cattaneo e applicato alla realtà dei venti staterelli che sono diventati le regioni italiane sarà causa di una sicura crisi fiscale e finanziaria non potendo la gente sopportarne il peso. Le riforme della scuola e delle università degradano la qualità della istruzione pubblica ed impediscono l'accesso agli studi superiori dei figli dei lavoratori e di parte del ceto medio. La Sanità è diventata e sarà sempre di più una fonte di arricchimento dell'industria privata della salute e continuerà a fare arricchire gente come Angelucci. Ma queste "riforme" sono tutte indiscusse nel PD che le ha fatto proprie anche se a volte ha dovuto nascondere la manina per non sconcertare troppo il suo elettorato.
Insomma il PD è una sorta di clone, di doppione del Partito di Berlusconi. La sua politica suicida è quella di non tenere in nessun conto gli interessi di venti milioni di lavoratori italiani ma di agognare a conquistare l'elettorato della destra ed i cosidetti "poteri forti". Non ha un programma socialista o di solidarismo cattolico. Gli strati più profondi del suo elettorato ne sono ogni giorno traumatizzati e vivono la contraddizione tra ciò che erano, ciò che sono diventati ed una politica in cui non si riconoscono e che li sconcerta. Per quanto tempo i "fidelizzati" del PD potranno continuare a votarlo turandosi il naso?
Ora la rottura avviene da una brusca accelerazione impressa dal gruppo che fa capo a Veltroni, un personaggio responsabile insieme a D'Alema ed a Craxi delle maggiori disgrazie della sinistra italiana. Veltroni vorrebbe subito una scelta a favore di Casini e contro tutta la sinistra a cominciare da Vendola. Vorrebbe un "pronunciamiento" a favore di Marchionne e del suo modello di fabbrica. Assieme a Chiamparino, Fassino, Ichino, Letta, Fioroni appoggia spudoratamente ed a scatola chiusa il progetto Fiat e la sua estensione a tutta la classe lavoratrice italiana. Si inventa improbabili teorie sulla obsolescenza del contratto nazionale di lavoro. Fassino si spinge fino a dire, con faccia dura e livida, che l'organizzazione del lavoro non fa parte dei diritti e che appartiene soltanto al padrone stabilire come e quanto devi lavorare. Non penso di esagerare se dico che lo smottamento a destra di Veltroni arriva financo a comprendere una partecipazione al governo con Berlusconi.
Bersani tenta disperatamente di salvare il partito con cedimenti continui alle ingiunzioni sempre più perentorie della destra. Ma è difficile salvare ciò che si è perduto per sempre della propria identità. Il PD ha perso definitivamente se stesso quando è diventato apostata della sinistra e del socialismo. La sua natura di ibrido, di ircocervo lo ha destinato sin dalla nascita alle scissioni di Oligarchi. Scissioni che avvengono tra Oligarchi e dentro i Palazzi e non sono certamente quelle che hanno fatto la storia della sinistra italiana.
Il PD è morto nel momento stesso in cui Veltroni ed altri hanno imbarcato Colannino, Calearo, Merloni ed altri esponenti o servitori del padronato italiano. Il suo disastro si ingigantisce e diventa epocale quando offre una CGIL docile alle voglie della Confindustria a garanzia della sua defintiva conversione all'Occidente.
Si è creato un vuoto terribile che può essere colmato soltanto dalla ricostituzione di un forte partito comunista. Oggi il comunismo è diventato una necessità imposta dalla storia. Venti anni dopo la caduta del Muro di Berlino, il progetto capitalista di pauperizzazione del ceto medio e dei lavoratori di tutto il mondo, ne ripropongono la superiorità, la grandezza e ne fanno l'unica possibilità dell'umanità.
Pietro Ancona
Pietro Ancona
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