Non v'è dubbio, viviamo tempi difficili, che vedono, da un lato, sempre più diffusi ed estesi segnali di crisi del modello economico e sociale imperante, di un liberismo globalizzato che si mostra incapace di governare le contraddizioni economiche e sociali da lui stesso alimentate ed esponenzialmente accresciute: gli accadimenti drammatici che in questi giorni stanno interessando i paesi ed i popoli della sponda africana del Mediterraneo si iscrivono a pieno titolo in questo quadro generale di crisi di un modello economico che esaspera ed esalta le diseguaglianze ma che, nel suo essere globalizzato, le rende esplicite, percepibili come tali e quindi governabili solo con la forza (la pratica della guerra fino alla guerra preventiva).
Dall'altro un'assordante mancanza di un'alternativa, di una proposta, per dirla con un vecchio slogan, che indichi un “altro mondo possibile” , dove quel possibile va letto come praticabile hic et nunc. Al momento a Nord come a Sud del mondo, ad Est come ad Ovest, le uniche alternative in campo e che raccolgono consensi crescenti, sono il populismo ed il fondamentalismo, due opzioni opposte ma in grado di rispondere a domande emotive e suscitare passioni.
Dall'altro un'assordante mancanza di un'alternativa, di una proposta, per dirla con un vecchio slogan, che indichi un “altro mondo possibile” , dove quel possibile va letto come praticabile hic et nunc. Al momento a Nord come a Sud del mondo, ad Est come ad Ovest, le uniche alternative in campo e che raccolgono consensi crescenti, sono il populismo ed il fondamentalismo, due opzioni opposte ma in grado di rispondere a domande emotive e suscitare passioni.
Se guardiamo all'Occidente le forze politiche conservatrici e quelle socialiste nella loro progressiva convergenza verso il centro hanno finito per assomigliarsi sempre di più, fino a confondersi sul piano programmatico. In questo progressivo spostamento al centro (qualcuno ricorderà frasi del tipo “è al centro che si vince”) ha finito per espellere dalla politica, dalla rappresentanza gli strati popolari, quelli che oggi più duramente di altri pagano la crisi. Da qui la disaffezione al voto o il rivolgersi al populismo di una destra xenofoba, in tutte le sue varianti dal Fronte Nazionale di Le Pen alla Lega di Bossi.
Per la Sinistra che, a ragione, si definisce di alternativa si tratta di ricostruire un progetto di alternativa, rielaborando le ragioni del socialismo del secolo passato. Il progetto di Federazione della Sinistra, ed in questo è il suo vero tratto distintivo, si iscrive in questo orizzonte e a questo orizzonte è necessario tenerlo ancorato e da questa prospettiva lanciare la sfida alle altre componenti dello schieramento progressista nel nostro paese. In questo sta la diversità e l'originalità della proposta della Federazione. In questo sta, usando un termine antico, la diversità della Federazione. Poi viene tutto il resto.
Per la Sinistra che, a ragione, si definisce di alternativa si tratta di ricostruire un progetto di alternativa, rielaborando le ragioni del socialismo del secolo passato. Il progetto di Federazione della Sinistra, ed in questo è il suo vero tratto distintivo, si iscrive in questo orizzonte e a questo orizzonte è necessario tenerlo ancorato e da questa prospettiva lanciare la sfida alle altre componenti dello schieramento progressista nel nostro paese. In questo sta la diversità e l'originalità della proposta della Federazione. In questo sta, usando un termine antico, la diversità della Federazione. Poi viene tutto il resto.
Ma attenzione non siamo più nei tempi del vecchio PCI quando, mi si passi la banalizzazione, era concesso un certo livello di non coerenza tra il sol dell'avvenire e la pratica politica quotidiana: oggi è richiesto, di più, siamo giudicati, da quello che riteniamo essere il nostro elettorato di riferimento, proprio sulla base della coerenza tra orizzonte e pratica politica.
Se questo è l'impianto strategico allora con altrettanta chiarezza va detto che, per lo meno per quanto riguarda l'Umbria, lo scarto tra la prospettiva di lungo termine, l'orizzonte cui prima si accennava, e l'agire quotidiano dei vari spezzoni della Federazione (perché qui in Umbria la Federazione come soggetto politico unitario fino ad oggi non è mai esistita) è stato assai grande:troppo grande Il problema non è, nel piccolo dell'Umbria, se stiamo o non stiamo sui mass media, ma come ci stiamo e per cosa. Da un'ipotetica rassegna massmediologica umbra dell'ultimo anno e mezzo, l'immagine della Federazione non ne esce un granché bene e, conseguentemente, la sua capacità di attrazione sta scendendo rapidamente sotto lo zero (e i sondaggi lo testimoniano ampiamente). In altre parole non si percepisce la novità della proposta politica, mentre al contrario ne escono accentuati gli aspetti non certo esaltanti di una politica tutta di palazzo, di scontri interni, di assetti organizzativi.
Giovedì sera a Ponte San Giovanni il segretario PRC Paolo Ferrero ha tracciato una sorta di road map di iniziative e mobilitazioni che dovrebbero vedere nei prossimi mesi la Federazione come soggetto promotore e protagonista (e non semplice gregario come fino ad oggi): la gran parte delle proposte, dei temi rispetto ai quali organizzare la mobilitazione sociale sono esattamente quelli a suo tempo indicati nella proposta di Piano regionale straordinario del lavoro, inopinatamente lasciato cadere. Il segretario del PDCI umbro, Giuseppe Mascio, ha solennemente dichiarato la volontà della sua forza politica di lavorare per la costruzione della Federazione.
Bene, se la Federazione non vuole all'attenzione dei mass media solo per questioni di scontri interni e di assetti (come è stato fino ad adesso, oscurando quel poco di positivo che pur è stato fatto) convochi una assemblea regionale sul Lavoro e da qui si vada ad iniziative di mobilitazione nei territori, per far sapere agli umbri che la Federazione esiste, è un soggetto politico in campo che propone una sua prospettiva di alternativa a questo modello di non sviluppo, che fa sue fino in fondo le ragioni del lavoro e che partendo da questo specifico punto di osservazione è in grado di avanzare proposte concrete.
Franco Calistri, Socialismo 2000
Se questo è l'impianto strategico allora con altrettanta chiarezza va detto che, per lo meno per quanto riguarda l'Umbria, lo scarto tra la prospettiva di lungo termine, l'orizzonte cui prima si accennava, e l'agire quotidiano dei vari spezzoni della Federazione (perché qui in Umbria la Federazione come soggetto politico unitario fino ad oggi non è mai esistita) è stato assai grande:troppo grande Il problema non è, nel piccolo dell'Umbria, se stiamo o non stiamo sui mass media, ma come ci stiamo e per cosa. Da un'ipotetica rassegna massmediologica umbra dell'ultimo anno e mezzo, l'immagine della Federazione non ne esce un granché bene e, conseguentemente, la sua capacità di attrazione sta scendendo rapidamente sotto lo zero (e i sondaggi lo testimoniano ampiamente). In altre parole non si percepisce la novità della proposta politica, mentre al contrario ne escono accentuati gli aspetti non certo esaltanti di una politica tutta di palazzo, di scontri interni, di assetti organizzativi.
Giovedì sera a Ponte San Giovanni il segretario PRC Paolo Ferrero ha tracciato una sorta di road map di iniziative e mobilitazioni che dovrebbero vedere nei prossimi mesi la Federazione come soggetto promotore e protagonista (e non semplice gregario come fino ad oggi): la gran parte delle proposte, dei temi rispetto ai quali organizzare la mobilitazione sociale sono esattamente quelli a suo tempo indicati nella proposta di Piano regionale straordinario del lavoro, inopinatamente lasciato cadere. Il segretario del PDCI umbro, Giuseppe Mascio, ha solennemente dichiarato la volontà della sua forza politica di lavorare per la costruzione della Federazione.
Bene, se la Federazione non vuole all'attenzione dei mass media solo per questioni di scontri interni e di assetti (come è stato fino ad adesso, oscurando quel poco di positivo che pur è stato fatto) convochi una assemblea regionale sul Lavoro e da qui si vada ad iniziative di mobilitazione nei territori, per far sapere agli umbri che la Federazione esiste, è un soggetto politico in campo che propone una sua prospettiva di alternativa a questo modello di non sviluppo, che fa sue fino in fondo le ragioni del lavoro e che partendo da questo specifico punto di osservazione è in grado di avanzare proposte concrete.
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