E adesso? E adesso che Sergio Marchionne ignorando bellamente le scadenze elettorali e i giochi politici italiani ha fatto sapere ciò che da tempo si propone di fare: assorbire la Fiat nella Chrysler?
Quello che ha fatto trapelare come voluta indiscrezione l’amministratore delegato della Fiat lo si sapeva da tempo. La Fiat è stata progressivamente assorbita dalla azienda americana, anzi è il mezzo con il quale Marchionne è andato al vertice di quell’azienda. Il piano di produzione per Pomigliano e soprattutto quello per Mirafiori erano già un progetto che destinava gli stabilimenti italiani a un ruolo di decentramento produttivo della Chrysler. L’atteggiamento coloniale di Marchionne sugli operai è una pura conseguenza di questa scelta industriale.
Era già chiaro dalle carte che si andava in questa direzione, tutti l’avevano capito, ma, tranne la Fiom, tutti hanno fatto finta di niente. E le complicità sindacali e politiche, di destra e di sinistra, hanno permesso di vendere la Fiat alla Chrysler senza muovere un dito. Ora il sindaco di Torino e gli esponenti del Pd si mostrano preoccupati, ridicolo, troppo tardi, dovevano farlo quando Marchionne imponeva agli operai di Mirafiori di rinunciare al contratto e alla libertà pur di lavorare.
E adesso? E adesso che il nuovo accordo separato sul pubblico impiego svillaneggia la Cgil? Solo pochi giorni fa il direttivo della federazione aveva varato una proposta sulla rappresentanza e la democrazia sindacale che doveva servire a ricostruire l’unità con Cisl e Uil. La risposta è stata questo accordo separato condito da insulti e prese in giro. La trattativa è stata fatta da Cisl Uil e governo e l’accordo pure, alla Cgil è stato solo riservato il compito di sottoscrivere ciò che gli altri avevano già deciso.
E adesso? E adesso che ancora una volta Berlusconi riesce a reggere la baracca scandalosa del suo governo puntellandola con l’attacco alla Costituzione e ai diritti sociali? Ancora una volta il presidente del consiglio riesce a sfuggire agli scandali rilanciando la sua politica liberista, il federalismo, la cancellazione dei diritti del lavoro e di quelli sociali.
Su questo piano trova sempre consenso, una volta la Cisl un’altra la Confindustria, un’altra ancora la finanza, e soprattutto non trova mai una vera opposizione. Si può seriamente essere credibili in questo ruolo, quando si propone, come ha fatto il segretario del Pd, di approvare il federalismo se va via Berlusconi? Si può davvero pensare di scalzare il presidente del consiglio se ci si vuole alleare con chi ne ha approvato sostanzialmente la politica o addirittura con chi, come Tremonti e Bossi, quella politica sostiene e rilancia?
Questo è lo stato confusionale in cui versa l’opposizione, ma la Cgil, purtroppo, non sta meglio. Nell’ultima assemblea dei delegati della Fiom, tenutasi a Cervia, il segretario confederale Scudiere è stato duramente contestato dalla sala. Ma ha avuto il pregio di dire la verità. La Cgil non vuol fare lo sciopero generale perché spera ancora di ricostruire l’unità con Cisl e Uil e, udite udite, di sottoscrivere un “patto per la crescita” con la Confindustria. Con quella stessa Confindustria che si è affrettata a sostenere l’analoga proposta lanciata da Berlusconi. Se si vuol capire perché la Cgil prende schiaffi nelle piazze e ai tavoli di trattativa e rischia di essere marginale ovunque, si deve assegnare la giusta responsabilità a questa scelta.
La Cgil è in uno stato di passività perché insegue una politica che non esiste più. Perché il gruppo dirigente ignora una realtà ove la crisi e la svolta autoritaria di Marchionne hanno in pochi mesi cambiato tutte le regole del gioco. Il gruppo dirigente della Cgil, come il partito democratico, gioca una partita che non esiste più e non riesce a capire qual è la partita che è davvero in campo. Che è quella che vede lo scontro con l’aggressione liberista e autoritaria al lavoro, allo stato sociale, alla democrazia.
Milioni di persone, attorno alla Fiom, hanno capito che questo è il conflitto vero e da tempo chiedono alla Cgil di fare il proprio dovere. Rinviare ancora lo sciopero generale adesso non sarebbe solo indice di confusione e incapacità, ma un vero e proprio atto di ignavia politica da contrastare con tutte le forze.
Giorgio Cremaschi, Liberazione
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