venerdì 18 febbraio 2011

Come volevasi dimostrare: Nichi rottama il vendolismo

Non fraintendetemi, a Nichi Vendola, al quale mi permisi di inviare una severa «Lettera aperta», va la mia più sincera solidarietà per la porcheria compiuta da Sallusti che su Il Giornale di ieri ha sbattuto in prima pagina una vecchia foto del Presidente pugliese in un campo di nudisti. Un atto miserabile che non qualifica soltanto il repellente direttore al soldo del "Puttaniere di Arcore", ma l’intera turpe vicenda politica italiana. Se la “Prima” cadde su tangenti e mazzette, la “Seconda” va letteralmente a puttane.
L’ennesima mossa del Giornale di famiglia non sembri una mera volgare vendetta. In questo atto c’è la cifra della strategia del Puttaniere: trascinare nel fango, con sé medesimo, tutto il carrozzone politico e istituzionale. Berlusconi non toglierà il disturbo, non andrà in esilio come Craxi. Ha deciso che resisterà fino alla fine e sceglie non solo il campo di battaglia, ma avverte che sarà una lotta senza esclusione di colpi, con tanto di armi di distruzione di massa. Uno scontro in cui non ci saranno prigionieri.
Siamo davanti ad uno di quei casi in cui la lotta in seno alla classe dominante, tra frazioni opposte del capitalismo, pur non essendo antagonistica, rischia di diventare durissima, cruenta, con esiti imprevedibili.
Questa premessa era necessaria per giustificare il titolo. Se Sallusti ha mostrato il corpo di Vendola come madre natura l’ha fatto, La Repubblica del 16 febbraio ha fatto di peggio, ha messo a nudo il corpo politico del vendolismo, lasciando scoprire, in una botta sola, di che inquietante sostanza esso sia fatto.
Colpisce l’analogia tra l’istantanea del Vendola giovane e l’intervista da egli concessa a La repubblica. Se nella prima egli esibisce il suo corpo nudo ad uno scatto amico, nella seconda ostenta senza pudore alcuno la sua idea che occorra «una coalizione d’emergenza» che comprenda, oltre al Pd, Casini, Fini, e i rottami della destra, e che a capo debba esservi Rosy Bindi.
Il manifesto di ieri esprime stupore e stizza per quella che chiama, con eufemismo, “mossa del cavallo” di Vendola, e non si esime dal criticare la sua proposta come… d’alemiana. Conoscendo un poco come vadano le cose dalla parti de il manifesto, si capisce che si è data voce ai malumori di quell’area vasta di sinistrati che negli ultimi mesi aveva considerato Vendola il proprio ultimo Messia.
Un’area che si era esaltata con americanate del tipo «Obama bianco», «Primarie sempre» e altre amenità. Gente che adesso si scopre essere stata infinocchiata, abbindolata, tradita; che aveva creduto non solo al feticcio vendoliano sulle «primarie» —questo mezzo d’importazione scambiato per fine in sé, come massima tecnologia democratica—; che aveva creduto che Vendola facesse sul serio quando contrastava, chiedendo elezioni anticipate, la tendenza del Pd all’inciucio con Casini e Fini.
A nessuno infatti è sfuggito che con la sua intervista, in poche righe, Vendola ha rottamato il vendolismo. Egli ha infatti, in un colpo solo, cancellato la sua opposizione alle “larghe intese”, ritirato la richiesta di elezioni anticipate ed infine, candidando Rosy Bindi alla guida del grande inciucio, seppellito le «primarie».
Ad essere sinceri non ci viene alcun sentimento di pietà verso gli infinocchiati. Più che altro ci pare inutile. Come è inutile spiegare la musica ai sordi e i colori ai ciechi. Vendola non è infatti l’ultimo arrivato della politica italiana. Ha sfidato il PD e, non senza sfrontata presunzione, si è candidato a premier di un centro-sinistra che più padronale non si può, dopo aver voluto l’operazione Arcobaleno che ha affossato la sinistra. Dopo aver deliberatamente spaccato e quindi distrutto ciò che restava del Prc. Dopo essere stato, ed è ancora, Presidente presidenzialista di una Regione come la Puglia, ammorbata dalla corruzione, infiltrata di concussori e ladruncoli ed egli stesso patrocinatore di affari loschi, non solo con la Marcegaglia. Solo degli stolti potevano aver scambiato Vendola per il Messia della nuova sinistra. Solo dei disperati potevano scambiare la sua retorica forbita per una linea politica, per quanto neanche lontanamente antagonistica, sinceramente democratica.
Adesso essi scoprono che Vendola bluffava, che era un demagogo, che è un uomo senza principi, che non diceva la verità. Essi sono orfani per l’ultima volta.
Moreno Pasquinelli,

http://sollevazione.blogspot.com

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