FASSINA (PD), MARCHIONNE NON HA CHIARITO PROGETTO (ANSA) - ROMA, 15 FEB - «L'Ad della Fiat non chiarisce i punti fondamentali del progetto 'Fabbrica Italià. La Fiat dovrebbe uscire dalle metafore e parlare chiaro». Lo dice il responsabile economia del PD Stefano Fassina. «Che cosa vuol dire 'cuorè e 'testà? quali funzioni racchiude l'uno e quali l'altra? Quali condizioni devono realizzarsi per confermare la sede legale e, soprattutto, le principali funzioni direzionali e qualificate in Italia? I lavoratori e le lavoratrici di Pomigliano e Mirafiori - sottolinea l'esponente del Pd - si sono impegnate con il voto del referendum. Non può essere scaricato sulle loro spalle il futuro dell'azienda in Italia. In tale quadro, brilla per strumentale assenza il governo: assenza di riforme per aggredire i ritardi dell'Italia; assenza di politica industriale in generale e, in particolare, politiche per l'automobile. Senza una politica economica per la crescita ed il lavoro, anche le prospettive della Fiat in Italia diventano molto più rischiose. Abbiamo bisogno di un governo al servizio del Paese anche per avere dalla Fiat le risposte che continuano a mancare».
DI MICHELE (PD), DA MARCHIONNE CHIARIMENTI IMPORTANTI (ANSA) - ROMA, 15 FEB - «Mi sembra che dall'audizione di oggi di Sergio Marchionne alla Camera siano arrivati importanti chiarimenti su piano industriale della Fiat». Lo scrive in un editoriale pubblicato questa mattina su TrecentoSessanta, Paola De Micheli, deputato e responsabile Pmi del PD, tra i fondatori dell'Associazione di Enrico Letta. «Adesso - sottolinea la parlamentare - bisogna passare dalle parole ai fatti e tradurli in pratica, trasformando le promesse di investimento in una prospettiva concreta di crescita e di speranza per i lavoratori e per il Paese. È tuttavia sul piano squisitamente politico che l'intervento mi ha colpito di più. Marchionne ha posto sul tavolo alcune sfide cruciali che investono il rapporto tra politica e azienda e che non possono essere più eluse. Cinque capitoli fondamentali su cui intervenire: le condizioni di accesso ai mercati finanziari, i fattori ambientali favorevoli all'industria manifatturiera, la governabilità degli stabilimenti, la partecipazione dei lavoratori, le politiche per la competitività. Di fatto, dalla Fiat arriva allo Stato una richiesta, pacata e argomentata, non di sostegni finanziari, ma di una politica orientata allo sviluppo. Esattamente quello di cui ha bisogno tutto il nostro sistema economico e produttivo, non solo il Lingotto. La questione delle relazioni sindacali si inserisce dentro questa cornice, ma come un tassello di un tema più complessivo che ha a che fare con il futuro dell'Italia, con il destino di milioni di piccole e medie imprese e con la vivacità dell'intera economia nazionale. Sul punto Marchionne ha ragione: l'urgenza vera è quella di riforme strutturali per tornare a crescere e garantire a tutto il sistema l'opportunità di dare il meglio si sè. Dinanzi a una sfida di questo genere stride, per contrasto, la totale assenza del governo e, ammettiamolo, la sostanziale difficoltà di tutta la politica nel concepire un nuovo paradigma di sviluppo, più moderno, competitivo, coraggioso, pervasivo sui territori. Possibile che la controparte di un colosso multinazionale come la Fiat debba essere solo il sindacato, per giunta diviso al proprio interno? Dov'è il governo? La verità è che la parola chiave può essere una sola: cambiamento. E per cambiare è indispensabile un ritorno al protagonismo della politica».(ANSA)
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