Il titolo non inganni. Siamo sempre e ostinatamente contrari alla guerra. Quella alla Libia come quella in Afghanistan. Ma visto che in questi anni l’imperialismo e le agenzie informative al suo servizio, quelle che fabbricano mostri alla bisogna (sia ben inteso, riconoscere il ruolo di queste agenzie nella campagna mediatica per giustificare le guerre non significa fare dei loro obiettivi dei santi) si sono ben esercitate nell’affiancare aggettivi che aiutassero ad addolcire l’amaro boccone alle opinioni pubbliche occidentali, ne proponiamo uno noi: la guerra “utile”. Utile per i pescecani che si azzanneranno per spartirsi le ricchezze della Libia; utile per i signori della guerra che in Afghanistan hanno fatto fortune sulla pelle dei civili vittime dei bombardamenti Nato o degli attentati; utile all’industria militare statunitense e mondiale, con i profitti che salgono e le commesse in armamenti che crescono in tutto il mondo.
In Afghanistan, fino ad oggi, gli Stati Uniti hanno speso oltre 190 miliardi di dollari. E i costi aumentano. L’Italia, che con il governo Berlusconi ha aumentato la sua presenza, circa 700 milioni di euro all’anno. Utile per i narcotrafficanti di tutto il globo e per chi ne amministra le finanze. Utile a pochi quindi, disastrosa per molti. Per le popolazioni civili, che rimarranno per anni contaminate dall’uranio impoverito delle bombe. Per quei paesi che non vedranno mai la ricostruzione, ma la spoliazione delle loro risorse e la distruzione delle loro società.
Sulla Libia siamo stati fra i pochi che sin dall’inizio si sono opposti senza esitazione a qualsiasi intervento armato, denunciando tutta la strumentalità dell’ipocrita e illegittima risoluzione 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu con la quale Francia, Usa, Gb e Italia al seguito, hanno potuto dare inizio ai bombardamenti su Tripoli. Lo scrivemmo allora, ed oggi tutto ciò è di una evidenza cristallina. La guerra in Libia non ha nulla a che fare con i diritti umani o la protezione dei civili.
La guerra in Libia è un’operazione neocoloniale finalizzata alla rapina delle risorse energetiche, finanziarie e naturali di quel paese.
Tutti i tentativi che in questi mesi sono stati tentati di evitare o di porre fine alla guerra civile e di produrre un’ipotesi di uscita negoziale dallo stallo militare di cui sono vittime in primis i civili, sono stati boicottati o ignorati. Ultimo in ordine di tempo quello dell’Unione africana attraverso il Presidente Sudafricano Zuma.
La vicenda afgana è altrettanto evidente. Quando 10 anni fa ci opponevano all’intervento armato e alla guerra, sostenuta allora sull’onda emotiva della tragedia dell’11 Settembre, venivamo accusati, noi e il movimento pacifista, di voler lasciare l’Afghanistan ai talebani, se non addirittura, i più facinorosi fra i guerrafondai, arrivavano ad accusarci di essere sostenitori del terrorismo. Bin Laden, che doveva essere preso in quel paese, come sappiamo, invece che in Afghanistan è stato ucciso in Pakistan, decennale alleato dell’imperialismo Usa.
Pochi giorni fa inoltre è stato rivelato dall’ex capo della Cia e Ministro della difesa di Bush anche di Obama,Robert Gates, che gli Stati Uniti hanno iniziato colloqui con i Talebani. Ovvero si torna al punto di partenza. E come si spiegano allora dieci anni di guerra? Le migliaia di vittime? E i diritti delle donne? Quelli valgono solo quando servono. In Arabia saudita, il regime più retrivo e reazionario del mondo, un sistema feudale e barbaro, le donne non possono neanche guidare. Ma per gli Stati Uniti sono, insieme ad Israele, l’alleato chiave nella regione. E quindi lì non esistono diritti umani da far valere, ne democrazie da esportare. Lo stesso valeva d’altronde per i talebani stessi, creatura inventata e foraggiata dagli Usa negli anni 80 e 90, riconosciuta e sostenuta nei primi anni al potere, e poi, quando questa si è rivolta contro, sono diventati il nemico perfetto, con cui di nuovo ora trattare. Tra vecchi amici un accordo alla fine crediamo si troverà.Tutta la retorica al servizio di un decennio di guerre umanitarie, democratiche, libertarie, preventive, alcune continuate ed altre addirittura iniziate da improbabili premi Nobel per la pace, si disvela per quella che è. Propaganda al servizio degli interessi economici e politici delle potenze imperialiste.
Per questo crediamo che sia venuto il tempo per tutti di fare i conti con la realtà. Lo è soprattutto per chi in nome della fedeltà atlantica ha sostenuto il coinvolgimento italiano in queste guerre. Sbagliate tanto quanto quella all’Iraq. Chiediamo a tutte le forze della Sinistra di dirlo insieme. Ritiriamo le truppe dall’Afghanistan. Fermiamo la guerra alla Libia. Impegniamoci affinché l’Italia non sia più la portaerei della Nato nel Mediterraneo, evitando in futuro di partecipare a nuove e sciagurate guerre, per quanto umanitarie, democratiche, o non so in quale altro modo verranno presentate. Se non ora, quando?
Fabio Amato, Liberazione
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